29 agosto 2022

Anteprime Presadiretta – Guerra e fame


La guerra in Ucraina continua, intanto nel mondo scoppiano le rivolte del pane: l'energia costa troppo, il pane costa troppo. Chi sta speculando sulla fame e come risponde l'Europa dell'agricoltura?

Era stato buon profeta, purtroppo, Riccardo Iacona quando a febbraio, parlando della guerra in Ucraina, aveva lanciato l’allarme sulle conseguenze che questa avrebbe portato nel mondo. La mancanza di grano che sfama i paesi poveri del sud del mondo, le carestie che sfociano in rivolte mettendo in crisi i governi.
Con colpevole ritardo scopriamo oggi, passati sei mesi dall’aggressione di Putin, di quanto il mondo sia a rischio per questa guerra, ancora in stallo e che le sanzioni contro Mosca non sono riuscite a bloccare. Ma la guerra non è la sola causa dei rincari energetici e del grano: la puntata di Presadiretta, che ritorna stasera in prima serata, toccherà questi temi, il cibo, il ritorno all’austerità energetica, il rischio di un nuovo lockdown per le aziende che non riusciranno a far fronte ai rincari.
Ma la guerra in Ucraina è anche le morti, militari e civili, città distrutte, l’economia di un paese al collasso, il blocco del commercio. Da una parte i profitti alle stelle delle aziende del settore delle armi, del settore energetico (compresa la nostra Eni, la cui crescita è cominciata ben prima del conflitto).

Dall’altra parte l’aumento dei costi di materie prime ed energia che si sta mangiando lo stipendio degli italiani e centinaia di milioni di persone nel sud del mondo sono alla fame.
Il reportage di Presadiretta racconterà della speculazione da parte dei fondi di investimento, che non si fa scrupoli a giocare sul costo del cibo. Il mercato delle materie prime non risponde alla regola della domanda e dell’offerta, ma dal 2000 è stato liberalizzato con l’intervento di intermediari finanziari. La guerra in Ucraina – ha spiegato il conduttore Iacona ad Agorà – non è una guerra locale, che oggi è pure stata relegata lontano dalle prime pagine, è una guerra che cambierà per sempre le cose nel mondo: “le parole di Medvedev lo ricordano, è una guerra internazionale che mette a dura prova, in autunno ancora di più, l’Europa anche dal punto di vista economico.”

Siamo prigionieri delle energie fossili, da cui non possiamo staccarci per colpa della miope politica italiana ed europea (la stessa che stenta a decidere sul tetto del gas, che ha consentito le speculazioni energetiche che hanno causato l’incremento del prezzo di cinque volte): anche su questo punto Presadiretta era stata profetica, nella puntata dedicata alle energie rinnovabili, quelle che ci avrebbero garantiti una indipendenza energetica, lontano dai ricatti dei vari Putin (o Erdogan o altri ..).

Le soluzioni, a breve, non sono né il gas liquido (le cui esportazioni dall’America sono raddoppiate) e nemmeno il nucleare pulito (al momento lontano dalla realizzazione).
In Portogallo ha prodotto tutta l’energia di cui ha bisogno dalle fonti rinnovabili: dobbiamo fare scelte cruciali, che non possono limitarsi al compitino, ritardare l’accensione dei caloriferi o mettere in DAD gli studenti per l’impossibilità di scaldare le aule nelle scuole.

La guerra in Ucraina coinvolge due tra i più grandi produttori ed esportatori di cereali: il blocco dell’export dei cereali hanno causato la crisi in Sri Lanka e in altri paesi del sud del mondo colpiti anche dalla crisi climatica. L’impazzimento del clima ha messo in crisi paesi come l’India, dopo la Cina il più grande produttore di grano: il caldo anomalo ha fatto appassire le spighe del grano, nel Punjab del nord i raccolti inariditi hanno spinto al suicidio molti contadini, si stima una perdita di 10 ml di tonnellate di raccolto – spiega Devinder Sharma esperto di politiche agricole.

Ma il conflitto in corso è l’unica causa dell’aumento del costo del grano? Presadiretta ha intervista Jennifer Clapp economista e ricercatrice di Ipes Food: “l’invasione ha condizionato i mercati perché c’erano 20 ml di tonnellate di cereali nei silos ucraini e quindi i prezzi ne hanno risentito, ma ci sono grandi scorte di grano al mondo, quindi parte delle perturbazioni dei prezzi che abbiamo visto in questi mesi non dipendono dalla quantità di grano che abbiamo.”

Abbiamo livelli record di cereali a livello mondiale” prosegue sul tema l’economista Frederic Mousseau dell’Oakland Institute “le scorte di grano hanno superato le 300ml di tonnellate secondo i calcoli della FAO, nel mondo abbiamo quantità sufficienti per tutti. Quindi il blocco della navi o le tensioni con la Russia non sono la spiegazione dell’aumento dei prezzi. Il problema è che oggi abbiamo degli approfittatori che utilizzano questo conflitto per far alzare artificialmente i prezzi, comprano oggi a 50 per rivendere domani a 100. Scommettono sul grano come al casinò e questo sulle spalle delle popolazioni più povere che per colpa dei loro giochi non riusciranno a mangiare.”

Come risponde l’Europa a chi specula sulle materie prime? Il servizio si occuperà anche della politica agricola comune (la PAC): ogni anno l’Unione Europea sovvenziona l’agricoltura con 60 miliardi di euro, il problema è che la maggior parte dei fondi è distribuita in base alla superficie, più ettari possiedi più soldi ricevi, idem per il bestiame, più animali = più soldi. Alla fine questi pagamenti diretti hanno finito per sostenere soltanto la grande agro-industria orientata verso una produzione intensiva, un fenomeno particolarmente evidente nei paesi dell’est Europa, come l’Ungheria.

Presadiretta ha visitato la Talentis Agro, la più grande azienda agricola del paese con 50mila ettari di terra e 8500 vacche da latte che producono 85ml di litri di latte l’anno.
Makai Szabulbs, AD di Talentis, racconta come la scorsa annata sia stata buona, hanno guadagnato circa 15 ml di euro, di fronte ai 5 ml di euro di finanziamenti dai contributi della PAC.

L’azienda è di proprietà del miliardario Lőrinc Mészáros, l’oligarca numero 1 un Ungheria, amico di infanzia del premier Victor Horban, imprenditore nel campo dell’edilizia, del mondo petrolifero e nell’agrobusiness. Il suo non è un caso isolato: da quando, nel 2004, l’Ungheria è entrata in Europa, i fondi della PAC sono diventati la gallina dalle uova d’oro, Victor Orban ci ha costruito sopra la sua popolarità, promettendo di dare le terre statali, ex sovietiche e i sussidi europei alle piccole e medie aziende nelle campagne, stravincendo le elezioni del 2010 che l’hanno portato al potere.
Ma era una bugia, come ha spiegato a Presadiretta la giornalista Gabriella Hurn: “non sono i piccoli agricoltori a prendere la terra, ma persone con buoni agganci, avvocati, persone con legami politici, imprenditori di ogni genere che non hanno nulla a che fare con l’agricoltura.”
Caso emblematico della speculazione economica sui terreni agricoli è Kishantos, ex fattoria biologica modello, fondata nel 1998, che si estendeva su 452 ettari.

“Cinque giorni dopo la vittoria di Orban nel 2014” racconta Sàndornè Acs Eva fondatrice di Kishantos “hanno distrutto ogni pianta nei nostri campi”: i nuovi proprietari, imprenditori e grandi compagnie oggi coltivano in modo intensivo, utilizzando prodotti chimici di ogni tipo, pesticidi, fertilizzanti.

Oggi la politica agricola europea si trova ad un bivio perché deve adeguarsi al piano strategico “farm to fork”, dal campo alla tavola: riduzione del 50% dell’uso di pesticidi e del 20% di fertilizzanti, dimezzamento degli antibiotici negli allevamenti, raggiungimento del 25% di agricoltura biologica.
Ma contro questo piano si sono sollevate le proteste degli agricoltori, come nei paesi bassi, sostenuti da una parte della politica europea di centrodestra che pensa che i limiti imposti dalla strategia “farm to fork” possano danneggiare le produzioni agricole.
“Se non comprendiamo che Farm to Fork è un tentativo di salvare l’agricoltura, non di punire l’agricoltura, alla luce dei devastanti effetti della perdita della biodiversità e dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare globale allora siamo davvero fuori strada” tuona il vice presidente della commissione Timmermans.

Sul sito dell’agenzia Ansa trovate l’intervista al conduttore di Presadiretta, Riccardo Iacona, che anticipa i punti toccati da questa e dalle prossime puntate della trasmissione

La squadra di PresaDiretta, di nuovo in onda da lunedì 29 agosto su Rai3, ha lavorato per provare a capire dove stiamo andando. "Vogliamo comprendere quali sono le ricadute per l'Italia e per il resto del mondo della guerra in Ucraina - spiega Riccardo Iacona in un'intervista all'ANSA -. La prima è l'effetto devastante che ha provocato sul fronte alimentare. Siamo andati ad esempio in Libano dove letteralmente manca il pane. La crisi sta mettendo in ginocchio anche l'Italia. L'aumento dei prezzi sta incidendo su un tessuto economico fatto di salari da fame. Siamo andati nel Nord Est per capire come fanno le persone a tirare avanti e purtroppo la crisi è destinata a crescere finché durerà la guerra e Putin userà l'arma del gas. E' uno scandalo che a sei mesi dall'inizio del conflitto la guerra ancora si combatta, uno scandalo che ancora non ci sia un cessate il fuoco".

Un ciclo di 8 appuntamenti per cercare le risposte alle domande più urgenti. "Sono andato in Ucraina a fine giugno prima dell'accordo sul grano, per capire se l'aumento dei prezzi è giustificato o se ci sono elementi di speculazione - prosegue il conduttore -. Cercheremo anche di indagare su quello che fa l'Europa con le politiche agricole. In studio avremo Maurizio Martina, vicedirettore Fao, che ci darà una mano a capire il quadro". Al centro delle puntate le grandi questioni economiche, gli ostacoli sulla strada del Pnrr, le scelte energetiche e la strada verso l'indipendenza europea dal gas russo; la battaglia tra energia fossile e rinnovabile e ritorno del nucleare, mentre le conseguenze del cambiamento climatico sono sempre più allarmanti; la corsa alle armi scatenata dalla guerra in Ucraina e quella che ha blindato le frontiere d'Europa, sulla pelle dei migranti; i cyberattacchi, i banditi digitali e la questione della sicurezza nazionale. Gli inviati di PresaDiretta sono stati in Ucraina, Russia, Stati Uniti, Europa, Africa. "Siamo andati ad esempio in Algeria per capire meglio l'accordo fatto lì per aumentare forniture di gas - prosegue Iacona -. Poi in Usa che si prepara a invadere l'Europa con il suo gpl e si stappano bottiglie di champagne".

La terza puntata andrà in onda domenica 11 settembre, perché lunedì 12 c'è un appuntamento con le tribune elettorali, così come lunedì 19, nella settimana in cui PresaDiretta sarà assente. Ritorno previsto per il 26 settembre con una serata speciale, dopo il voto, voluta dal direttore dell'Approfondimento Antonio Di Bella. "Saremo noi a raccontare l'esito delle elezioni e lo faremo come sempre a modo nostro", fa sapere Iacona. Il conduttore spiega che non si occuperà direttamente della campagna elettorale, ma che i temi trattati saranno tutti al centro del dibattito fino al voto. "Forniamo un buon cibo informativo - sottolinea - per consentire agli spettatori di farsi un'idea sugli argomenti di cui si parla in campagna elettorale". Quanto alla par condicio, Iacona spiega che non si può realizzare su una singola puntata di un programma, ma su un ciclo di puntate. "Bisognerebbe dare più autonomia ai responsabili editoriali e fidarsi di più di loro - sostiene -. Poi fare le valutazioni solo dopo un periodo più lungo".

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

Nessun commento: