La guerra in Ucraina continua, intanto nel mondo scoppiano le rivolte del pane: l'energia costa troppo, il pane costa troppo. Chi sta speculando sulla fame e come risponde l'Europa dell'agricoltura?
Era
stato buon profeta, purtroppo, Riccardo Iacona quando a febbraio,
parlando della guerra in Ucraina, aveva lanciato l’allarme sulle
conseguenze che questa avrebbe portato nel mondo. La mancanza di
grano che sfama i paesi poveri del sud del mondo, le carestie che
sfociano in rivolte mettendo in crisi i governi.
Con colpevole
ritardo scopriamo oggi, passati sei mesi dall’aggressione di Putin,
di quanto il mondo sia a rischio per questa guerra, ancora in stallo
e che le sanzioni contro Mosca non sono riuscite a bloccare. Ma la
guerra non è la sola causa dei rincari energetici e del grano: la
puntata di Presadiretta, che ritorna stasera in prima serata,
toccherà questi temi, il cibo, il ritorno all’austerità
energetica, il rischio di un nuovo lockdown per le aziende che non
riusciranno a far fronte ai rincari.
Ma la guerra in Ucraina è
anche le morti, militari e civili, città distrutte, l’economia di
un paese al collasso, il blocco del commercio. Da una parte i
profitti alle stelle delle aziende del settore delle armi, del
settore energetico (compresa la nostra Eni, la cui crescita è
cominciata ben prima del conflitto).
Dall’altra
parte l’aumento dei costi di materie prime ed energia che si sta
mangiando lo stipendio degli italiani e centinaia di milioni di
persone nel sud del mondo sono alla fame.
Il reportage di
Presadiretta racconterà della speculazione da parte dei fondi di
investimento, che non si fa scrupoli a giocare sul costo del cibo. Il
mercato delle materie prime non risponde alla regola della domanda e
dell’offerta, ma dal 2000 è stato liberalizzato con l’intervento
di intermediari finanziari. La guerra in Ucraina – ha spiegato il
conduttore Iacona ad Agorà – non è una guerra locale, che oggi è
pure stata relegata lontano dalle prime pagine, è una guerra che
cambierà per sempre le cose nel mondo: “le parole di Medvedev lo
ricordano, è una guerra internazionale che mette a dura prova, in
autunno ancora di più, l’Europa anche dal punto di vista
economico.”
Siamo prigionieri delle energie fossili, da
cui non possiamo staccarci per colpa della miope politica italiana ed
europea (la stessa che stenta a decidere sul tetto del gas, che ha
consentito le speculazioni energetiche che hanno causato l’incremento
del prezzo di cinque volte): anche su questo punto Presadiretta era
stata profetica, nella puntata dedicata alle energie rinnovabili,
quelle che ci avrebbero garantiti una indipendenza energetica,
lontano dai ricatti dei vari Putin (o Erdogan o altri ..).
Le
soluzioni, a breve, non sono né il gas liquido (le cui esportazioni
dall’America sono raddoppiate) e nemmeno il nucleare pulito (al
momento lontano dalla realizzazione).
In Portogallo ha prodotto
tutta l’energia di cui ha bisogno dalle fonti rinnovabili: dobbiamo
fare scelte cruciali, che non possono limitarsi al compitino,
ritardare l’accensione dei caloriferi o mettere in DAD gli studenti
per l’impossibilità di scaldare le aule nelle scuole.
La guerra in Ucraina coinvolge due tra i più grandi produttori ed esportatori di cereali: il blocco dell’export dei cereali hanno causato la crisi in Sri Lanka e in altri paesi del sud del mondo colpiti anche dalla crisi climatica. L’impazzimento del clima ha messo in crisi paesi come l’India, dopo la Cina il più grande produttore di grano: il caldo anomalo ha fatto appassire le spighe del grano, nel Punjab del nord i raccolti inariditi hanno spinto al suicidio molti contadini, si stima una perdita di 10 ml di tonnellate di raccolto – spiega Devinder Sharma esperto di politiche agricole.
Ma il conflitto in corso è l’unica causa dell’aumento del costo del grano? Presadiretta ha intervista Jennifer Clapp economista e ricercatrice di Ipes Food: “l’invasione ha condizionato i mercati perché c’erano 20 ml di tonnellate di cereali nei silos ucraini e quindi i prezzi ne hanno risentito, ma ci sono grandi scorte di grano al mondo, quindi parte delle perturbazioni dei prezzi che abbiamo visto in questi mesi non dipendono dalla quantità di grano che abbiamo.”
“Abbiamo
livelli record di cereali a livello mondiale” prosegue sul tema
l’economista Frederic Mousseau dell’Oakland Institute “le
scorte di grano hanno superato le 300ml di tonnellate secondo i
calcoli della FAO, nel mondo abbiamo quantità sufficienti per tutti.
Quindi il blocco della navi o le tensioni con la Russia non sono la
spiegazione dell’aumento dei prezzi. Il problema è che oggi
abbiamo degli approfittatori che utilizzano questo conflitto per far
alzare artificialmente i prezzi, comprano oggi a 50 per rivendere
domani a 100. Scommettono sul grano come al casinò e questo sulle
spalle delle popolazioni più povere che per colpa dei loro giochi
non riusciranno a mangiare.”
Come
risponde l’Europa a chi specula sulle materie prime? Il servizio si
occuperà anche della politica agricola comune (la PAC): ogni anno
l’Unione Europea sovvenziona l’agricoltura con 60 miliardi di
euro, il problema è che la maggior parte dei fondi è distribuita in
base alla superficie, più ettari possiedi più soldi ricevi, idem
per il bestiame, più animali = più soldi. Alla fine questi
pagamenti diretti hanno finito per sostenere soltanto la grande
agro-industria orientata verso una produzione intensiva, un fenomeno
particolarmente evidente nei paesi dell’est Europa, come
l’Ungheria.
Presadiretta
ha visitato la Talentis Agro,
la più grande azienda agricola del paese con 50mila ettari di terra
e 8500 vacche da latte che producono 85ml di litri di latte
l’anno.
Makai Szabulbs, AD di Talentis, racconta come la
scorsa annata sia stata buona, hanno guadagnato circa 15 ml di euro,
di fronte ai 5 ml di euro di finanziamenti dai contributi della PAC.
L’azienda
è di proprietà del miliardario
Lőrinc Mészáros, l’oligarca numero 1 un Ungheria, amico di
infanzia del premier Victor Horban, imprenditore nel campo
dell’edilizia, del mondo petrolifero e nell’agrobusiness. Il
suo non è un caso isolato: da quando, nel 2004, l’Ungheria è
entrata in Europa, i fondi della PAC sono diventati la gallina dalle
uova d’oro, Victor Orban
ci ha costruito sopra la sua popolarità, promettendo di dare le
terre statali, ex sovietiche e i sussidi europei alle piccole e medie
aziende nelle campagne, stravincendo le elezioni del 2010 che l’hanno
portato al potere.
Ma
era una bugia, come ha spiegato a Presadiretta la giornalista
Gabriella Hurn: “non sono i piccoli agricoltori a prendere la
terra, ma persone con buoni agganci, avvocati, persone con legami
politici, imprenditori di ogni genere che non hanno nulla a che fare
con l’agricoltura.”
Caso
emblematico della speculazione economica sui terreni agricoli è
Kishantos,
ex fattoria biologica modello, fondata nel 1998, che si estendeva su
452 ettari.
“Cinque giorni dopo la vittoria di Orban nel 2014” racconta Sàndornè Acs Eva fondatrice di Kishantos “hanno distrutto ogni pianta nei nostri campi”: i nuovi proprietari, imprenditori e grandi compagnie oggi coltivano in modo intensivo, utilizzando prodotti chimici di ogni tipo, pesticidi, fertilizzanti.
Oggi
la politica agricola europea si trova ad un bivio perché deve
adeguarsi al piano strategico “farm
to fork”, dal campo
alla tavola: riduzione del 50% dell’uso di pesticidi e del 20% di
fertilizzanti, dimezzamento degli antibiotici negli allevamenti,
raggiungimento del 25% di agricoltura biologica.
Ma contro
questo piano si sono sollevate le proteste degli agricoltori, come
nei paesi bassi, sostenuti da una parte della politica europea di
centrodestra che pensa che i limiti imposti dalla strategia “farm
to fork” possano danneggiare le produzioni agricole.
“Se non
comprendiamo che Farm to Fork è un tentativo di salvare
l’agricoltura, non di punire l’agricoltura, alla luce dei
devastanti effetti della perdita della biodiversità e dei
cambiamenti climatici sulla produzione alimentare globale allora
siamo davvero fuori strada” tuona il vice presidente della
commissione Timmermans.
Sul sito dell’agenzia Ansa trovate l’intervista al conduttore di Presadiretta, Riccardo Iacona, che anticipa i punti toccati da questa e dalle prossime puntate della trasmissione
La squadra di PresaDiretta, di nuovo in onda da lunedì 29 agosto su Rai3, ha lavorato per provare a capire dove stiamo andando. "Vogliamo comprendere quali sono le ricadute per l'Italia e per il resto del mondo della guerra in Ucraina - spiega Riccardo Iacona in un'intervista all'ANSA -. La prima è l'effetto devastante che ha provocato sul fronte alimentare. Siamo andati ad esempio in Libano dove letteralmente manca il pane. La crisi sta mettendo in ginocchio anche l'Italia. L'aumento dei prezzi sta incidendo su un tessuto economico fatto di salari da fame. Siamo andati nel Nord Est per capire come fanno le persone a tirare avanti e purtroppo la crisi è destinata a crescere finché durerà la guerra e Putin userà l'arma del gas. E' uno scandalo che a sei mesi dall'inizio del conflitto la guerra ancora si combatta, uno scandalo che ancora non ci sia un cessate il fuoco".
Un ciclo di 8 appuntamenti per cercare le risposte alle domande più urgenti. "Sono andato in Ucraina a fine giugno prima dell'accordo sul grano, per capire se l'aumento dei prezzi è giustificato o se ci sono elementi di speculazione - prosegue il conduttore -. Cercheremo anche di indagare su quello che fa l'Europa con le politiche agricole. In studio avremo Maurizio Martina, vicedirettore Fao, che ci darà una mano a capire il quadro". Al centro delle puntate le grandi questioni economiche, gli ostacoli sulla strada del Pnrr, le scelte energetiche e la strada verso l'indipendenza europea dal gas russo; la battaglia tra energia fossile e rinnovabile e ritorno del nucleare, mentre le conseguenze del cambiamento climatico sono sempre più allarmanti; la corsa alle armi scatenata dalla guerra in Ucraina e quella che ha blindato le frontiere d'Europa, sulla pelle dei migranti; i cyberattacchi, i banditi digitali e la questione della sicurezza nazionale. Gli inviati di PresaDiretta sono stati in Ucraina, Russia, Stati Uniti, Europa, Africa. "Siamo andati ad esempio in Algeria per capire meglio l'accordo fatto lì per aumentare forniture di gas - prosegue Iacona -. Poi in Usa che si prepara a invadere l'Europa con il suo gpl e si stappano bottiglie di champagne".
La terza puntata andrà in onda domenica 11 settembre, perché lunedì 12 c'è un appuntamento con le tribune elettorali, così come lunedì 19, nella settimana in cui PresaDiretta sarà assente. Ritorno previsto per il 26 settembre con una serata speciale, dopo il voto, voluta dal direttore dell'Approfondimento Antonio Di Bella. "Saremo noi a raccontare l'esito delle elezioni e lo faremo come sempre a modo nostro", fa sapere Iacona. Il conduttore spiega che non si occuperà direttamente della campagna elettorale, ma che i temi trattati saranno tutti al centro del dibattito fino al voto. "Forniamo un buon cibo informativo - sottolinea - per consentire agli spettatori di farsi un'idea sugli argomenti di cui si parla in campagna elettorale". Quanto alla par condicio, Iacona spiega che non si può realizzare su una singola puntata di un programma, ma su un ciclo di puntate. "Bisognerebbe dare più autonomia ai responsabili editoriali e fidarsi di più di loro - sostiene -. Poi fare le valutazioni solo dopo un periodo più lungo".
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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