Joe McGrady stava fissando un bicchiere di whisky. Il ghiaccio non aveva ancora cominciato a sciogliersi , nonostante il caldo. Era immerso in una cacofonia. I marinai ordinavano birre a dieci alla volta, ostacolandosi a vicenda per accendere le sigarette alle ragazze.
Honolulu, novembre del 1941: il detective della polizia locale Joe McGrady viene chiamato dal suo capo mentre si trova nel suo bar, per sua sfortuna prima di potersi prendere una sbornia. Viene convocato in ufficio dal suo capo: se non avesse preso quella chiamata la sua vita avrebbe preso un’altra direzione. Magari avrebbe sposato Molly, la sua fidanzata, magari avrebbe fatto carriera nella polizia dell’isola, dopo i cinque anni passati nell’esercito. E invece ..
Il corpo era appeso al soffitto a testa in giù, le caviglie aie due lati di una sbarra di ferro. Era morto, senza ombra di dubbio, squartato a metà quasi a metà e con buona parte degli intestini sparsi sul pavimento di terra battuta. McGrady si coprì il naso e bocca con il braccio e si avvicinò.
Se non avesse risposto alla telefonata non avrebbe scoperto il cadavere di un ragazzo appeso ad una sbarra, ucciso e squartato come un animale. Non avrebbe dovuto sparare ad uno degli assassini, di fronte al capanno dove il ragazzo è stato torturato e ucciso.
"Odio vedere queste cose."
Perché lei era bella. O, probabilmente, lo era stata. Era difficile esserne sicuri, adesso. Aveva capelli neri, lunghi, lisci e lucenti. Quello si vedeva subito. Era nuda e legata con i polsi dietro le ginocchia piegate. L'uomo doveva essere un amante del coltello.
Non avrebbe nemmeno scoperto un secondo corpo nello stesso capanno, quello di una ragazza giovane, pure lei uccisa dopo aver subito un brutto trattamento da parte di un assassino capace di usare bene il coltello.
"Cosa succede?" chiese McGrady.
"Succede che il suo caso è appena diventato cento volte più complesso. Crede che il suo capitano la tratti male? Aspetti di vedere cosa succede quando saranno saliti a bordo tutti gli altri."
Sicuramente non sarebbe stato invischiato in quella inchiesta per duplice omicidio che l’avrebbe portato da Honolulu fino a Hong Kong, per essere poi catturato dai giapponesi.
Già, i soldati dell’impero nipponico: perché nel mentre McGrady viene incaricato di inseguire questa ombra nera, l’assassino dei due ragazzi su cui ha pochi pochi particolari (la mole enorme, la capacità di saper usare bene il coltello, aver combattuto nella prima guerra mondiale, ma dall’altra parte), il suo paese l’America entrava nel più grande massacro della storia, la seconda guerra mondiale.
Mentre McGrady è a Hong Kong, avviene l’attacco alla base della marina di Pearl Harbour da parte della marina imperiale giapponese: il grande azzardo dei piani militari giapponesi, infliggere un grave colpo alla marina americana andando a “cacciare i cuccioli della tigre nel loro nido”.
Sebbene fossero evidenti a tutti le intenzioni del Giappone, l’invasione delle isole nel Pacifico, nessuno nello Stato Maggiore, nell’intelligence, si aspettava un attacco di tale portata, così distante, una mossa camuffata dalle rassicurazioni della diplomazia giapponese.
Non era una battuta. I segnali erano dappertutto, e non si trattava solo dei camion. Ogni giorno nuove navi scaricavano uomini e materiali. Altre navi caricavano altri uomini e materiali e partivano, superando Barber's Point dirette a occidente, verso l'orizzonte. Laggiù avevano costruito una fila di avamposti di frontiera. Forti di legno sulle pianure, con soldati di cavalleria in giubbe blu a scrutare oltre la palizzate. Nomi come Midway, Johnston Atoll. Palmyra e Wake.
Da quel momento, dalla cattura dei giapponesi sulla colonia inglese, la sua vita prende una seconda svolta: finito nelle mani dei soldati dell’impero del sol levante, si ritrova solo, senza i suoi documenti, senza alcuna protezione, con la possibilità di morire da un giorno all’altro senza un motivo valido.
Si rilassò sul sedile e guardò fuori. Cercò di immaginare come avrebbe spiegato tutto a Molly. Era come stare seduto al cinema e guardare un film. Come essere stato trasportato dentro un sogno in bianco e nero, da una corrente subcosciente. Non aveva controllo su nulla. Poteva continuare a guardare o chiudere gli occhi. Quelle erano le uniche scelte. E se avesse chiuso gli occhi le cose sarebbero successe lo stesso.
Finché,
ancora una volta, il destino impone alla sua vita una nuova svolta: i
due ragazzi morti avevano dei parenti importanti, in America e in
Giappone e all'investigatore viene data la possibilità di vivere una
nuova vita.
Isole
di sangue è un romanzo americano dove troviamo dentro tanti generi:
dal noir, nella prima parte con i morti e i segni lasciati sui loro
corpi, fino al thriller quando l’indagine diventa una caccia
all’uomo, questo uomo misterioso così sfuggente nonostante
l’enorme mole.
Ma c’è anche dentro una grande storia
d’amore dentro cui il protagonista, un investigatore che si porta
dentro le sue ferite, decide di perdersi. Come prima si era perso
nella sua indagine.
Sullo
sfondo la guerra, vista prima con gli occhi degli sconfitti, gli
inglesi e gli americani che subirono lo smacco dell’attacco
dell’esercito imperiale giapponese, all’apparenza inarrestabile.
E poi con gli occhi dei giapponesi stessi, quando le sorti della
guerra si capovolgono in favore degli alleati (come aveva
pronosticato un alto funzionario del governo a McGrady).
L’orrore
della guerra viene raccontato attraverso due sguardi, quello delle
vittime dei crimini di guerra giapponesi e quello degli abitanti di
Tokio sotto il bombardamento del 9 marzo del 1945
I bombardieri si avvicendarono per due ore e mezzo. L’incendio non era più un incendio, era una tempesta di fuoco. Non c’erano parole per descriverlo, perché nessuno aveva mai visto nulla del genere. Dei tornado di fiamme danzavano gli uni verso gli altri. Si incontravano e diventavano colonne di fuoco, alte trecento metri. Il fuoco risucchiava l’aria, consumando ogni cosa. Il vento divenne fortissimo, un ciclone. Loro guardavano. Ascoltavano il ruggito.
E
ora, finita la guerra, cosa può fare ora Joe, l’ex soldato, ex
detective, ex investigatore su un duplice delitto che ora non
interessa a nessuno?
Non può far altro che cercare di
rispettare le promesse alle tante persone che ha incontrato nella sua
avventura in queste “isole di sangue” per trovare la sua casa, la
sua vera casa.
Non aveva una mappa, ma non temeva di perdersi. Si era già perso prima di partire. La grande incognita era tornare a casa.
Isole di sangue – il titolo in inglese funziona meglio "5 december", è un grande romanzo americano dove si mescolano più generi, dal noir al thriller, all’epica della guerra da cui è difficile staccarsi.
La scheda del libro sul sito di Bompiani
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