Perché la seconda ondata di covid, da settembre, ha colpito più della prima?
Cosa non è stato fatto, a livello sanitario, per prevenire contagi e morti, nonostante quanto abbiamo vissuto tra febbraio e aprile con la prima ondata?
Ritornano le inchieste di Presadiretta che, questa sera, si dedicheranno alla sanità in due tra le regioni che più hanno sofferto per il covid, Lombardia e Calabria.
A Milano, la città che non si ferma, il contact tracing è saltato, non siamo riusciti a fare una vera indagine epidemiologica: dopo la prima ondata le regioni (e il governo a seguire) hanno scelto di non prendere più decisioni impopolare sulla prevenzione, sul distanziamento (e sull'evitare i luoghi affollati), sul potenziamento della medicina territoriale (le Usca).
Presadiretta racconterà di come il virus sia dilagato, partendo dall'ospedale di Alzano a Bergamo, provincia dove sono morte più di 6 mila persone.
La giornalista ha intervistato l'ex direttore medico dell'ospedale, Giuseppe Marzulli, la persona che decise la chiusura dopo i primi due casi covid accertati e ad opporsi alla decisione di riapertura, venuta dalla regione: “gli ordini sono ordini, ma se sono crimini .. uno non deve obbedire”.
Ad Alzano, racconta il medico, erano convinti che sarebbe stata fatta la zona rossa, ma la zona rossa in Val Seriana non verrà mai fatta e così l'ospedale si trasforma in un Lazzaretto.
“L'oms il 4 febbraio aveva dato una indicazione specifica: usare i piani pandemici esistenti, era meglio usare un piano pandemico esistente anche non aggiornato, anche riferito all'epidemia influenzale, che non utilizzare nulla. Neanche dopo che l'Oms disse questo fu fatto nulla”.
La regione della sanità di eccellenza si è rivelata quella dove, nei vent'anni in cui il medico è stato diretto medico, nessuna esercitazione, opera di formazione o simulazione sul piano pandemico è stata fatta.
Una regione che, di fronte ai primi contagi ha inanellato una serie di errori che hanno portato poi ai focolai nelle province di Milano, Brescia e Bergamo: i malati spostati dentro le RSA, medici lasciati senza dispositivi, la non chiusura dei pronto soccorso, la zona rossa non effettuata (in concorso col governo, che pure si porta le sue colpe).
In questi giorno la decisione dell'assessore Moratti di chiamare Bertolaso per la gestione dei vaccini per il covid, dopo che la stessa regione non è stata in grado di garantire a tutti i cittadini il vaccino contro l'influenza (che quest'anno ha creato meno problemi grazie a mascherine e distanziamento).
I medici di base nel milanese, hanno ricevuto una mail da ATS in cui si diceva che non sarebbero arrivate dosi a sufficienza per tutti. Così, per la campagna di vaccinazione, hanno così dovuto decidere quali pazienti vaccinare e quali no.
La seconda ondata ha colpito duro nella provincia e nella città di Milano: è saltato il tracciamento e si sono intasati i pronto soccorsi, un'infermiera al telefono racconta di una situazione da guerra, “stanno facendo diventare Milano la Bergamo 2”. Tanti sanitari che avevano già sulle spalle il carico della prima ondata si sono contagiati: “chi doveva fare non ha fatto e la pelle ce la stiamo sempre rimettendo noi”, conclude l'infermiera.
Cosa non è stato fatto? Per esempio riempire gli organici di medici e infermieri, nemmeno nel bergamasco, nemmeno dopo quanto è successo a marzo e aprile. Non siamo riusciti a fare tamponi a tappeto, perché, racconta la giornalista Nava da dentro il laboratorio biomolecolare di Calcinate, nel presidio ospedaliero dell'ASST di Bergamo Est, mancano i tecnici: potrebbero fare 4500 tamponi al giorno, le macchine, ma non c'è personale a sufficienza e così di tamponi se ne fanno solo 280, spiega Alberto Barzanò (presidente azione internazionale distretto Rotary) alla giornalista.
“C'è una difficoltà nel reperimento delle figure professionali, cioè i tecnici di laboratorio, si fa molta fatica a trovarli, perché c'è un numero chiuso di ammissione al corso universitario. Nell'anno accademico scorso c'erano 1800 aspiranti per 800 posti, il fabbisogno nazionale è molto maggiore. Se vogliamo lavorare 24 ore su 24 abbiamo bisogno di 15-18 tecnici di laboratorio [mentre ora sono tre].”
E' il paradosso della sanità italiana: abbiamo un laboratorio tecnologico, finanziato da privati, costato mezzo milione di dollari, costretto a lavorare al 6%: “inutile produrre automobili senza guidatori con la patente, questa è un'automobile e in questo momento i guidatori mancano”.
In Calabria la sanità è commissariata da anni, oggetto di clientelismi e di infiltrazioni mafiose (che poi costringono le persone a spostarsi verso il nord per curarsi, nei centri di eccellenza, spesso privati).
“In Calabria il sistema criminale pervade ogni angolo della società e monopolizza ogni ruolo, privato o pubblico che sia. Un cittadino trova l’anti Stato molto prima dello Stato.”: così aveva commentato Riccardo Iacona l'inchiesta del novembre passato che aveva portato all'arresto dell'assessore Tallini.
In questi mesi si sono succeduti diversi commissari, uno peggio dell'altro: il primo che non sapeva che avrebbe dovuto fare il piano pandemico, un altro per cui le mascherine non servono a niente ..
Oltre a questo la morte della presidente Santelli ha consegnato la regione al suo vice, altro personaggio da commedia all'italiana.
Ma vedendo lo stato della sanità in questa regione non viene da ridere: nelle anticipazioni si parla di come la sanità territoriale sia stata abbandonata. A San Giovanni in Fiore, un paese di 16mila abitanti in provincia di Cosenza, le donne dell'associazione “Donne e dritti” si sono battute per avere un camper con cui eseguire le mammografie, arrivato il luglio scorso.
“Sono 20 anni che non si facevano mammografie, bisognava andare a Crotone, a Cosenza in posti a pagamento e questo non è giusto perché l'articolo 32 della Costituzione prevede la tutela e la garanzia della salute pubblica .. ”.
La cosa bella di questa battaglia è che ha portato in molte donne la consapevolezza che ci fosse un problema, prima ancora che non si potesse fare nulla: con gli esami fatti in questo camper si è letteralmente salvata la vita a dieci donne: “abbiamo fatto diagnosi di noduli, opacità” - racconta il responsabile delle screening dell'ASP di Cosenza - “anche perché c'era una sorta di abbandono, lei sa benissimo che l'incidenza del tumore al sud è il doppio di quella del nord, la mortalità è il doppio, noi ci facciamo una domanda e ci diamo una risposta.”
Ora il mammografo andrebbe cambiato, servirebbe un nuovo strumento digitale per questa unità mobile che serve i 156 comuni della provincia. Ogni due anni, per la fascia di età interessata allo screening, devono essere controllate 80mila donne, con un solo camper.
“Ma questo è già un lusso” commenta il responsabile dell'ASP, Francesco Lanzone “perché noi siamo gli unici in Calabria ad avere un camper”.
Per questo la battaglia dell'associazione “Donne e diritti” non è ancora finita.
La scheda del servizio: C’ERA UNA VOLTA LA SANITA’ PUBBLICA
Un viaggio di PresaDiretta in Lombardia e in Calabria per capire perché la seconda ondata di #Covid ha colpito più della prima. Cos’è che non ha funzionato? Come a marzo dello scorso anno, anche in questi ultimi mesi abbiamo visto i Pronto Soccorso e gli ospedali presi d’assalto, i medici e gli infermieri costretti a lavorare sottorganico, i contagi e le morti in costante aumento. Abbiamo visto un modello sanitario inciampare negli stessi errori della prima ondata della pandemia. Abbiamo continuato a trascurare l’importanza della medicina del territorio.
Si poteva evitare questo secondo disastro?
Un viaggio drammatico nel “modello lombardo”, che ha incentivato la sanità in convenzione e trascurato la medicina del territorio, crollato sotto il peso della prima e poi della seconda ondata pandemica. Lo stato d’animo dei medici e degli infermieri nei reparti, la loro delusione, la stanchezza e la rabbia. Le storie dei medici di base che provano a fare rete, quelle dei dirigenti sanitari e degli amministratori locali e la reticenza della politica. E l’intervista, in esclusiva per PresaDiretta, all’ex direttore dell’Ospedale di Alzano Lombardo, testimone chiave nell’inchiesta per epidemia colposa in Val Seriana avviata dalla Procura di Bergamo.
E poi PresaDiretta ha attraversato la regione Calabria dove, dopo 11 anni di commissariamento la sanità regionale è in ginocchio e indebitata come prima. Un viaggio tra storie che denunciano l’impossibilità di screening e cura delle malattie oncologiche, l’assenza della medicina del territorio, il pendolarismo sanitario al quale sono obbligati i cittadini calabresi che non hanno la possibilità di pagarsi le cure in privato, i cantieri dei nuovi ospedali fermi da anni, il grande progetto delle Case della Salute già finanziato ma mai decollato.
“C’ERA UNA VOLTA LA SANITA’ PUBBLICA” è un racconto di Riccardo Iacona con Francesca Nava, Elena Stramentinoli, Luigi Mastropaolo, Raffaele Manco, Andrea Vignali.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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