Sta morendo.
Nella stanza chiusa a chiave, la ragazza giace a terra di fronte al divano, gli occhi sgranati, le labbra schiuse, la pelle fredda, sempre più fredda, mentre il sangue si allarga lento sul vestito.
Poco più in là, sopra il tappeto azzurro, la pistola ormai inerte è rivolta verso la finestra.
Per la ragazza era solo un oggetto, fino a poco fa, un oggetto qualunque. Adesso è la cosa più importante della sua vita, la meta cui senza saperlo era diretta dal principio.
Una ragazza che sta morendo, sola e
chiusa in una stanza, senza che nessuno nel mondo là fuori possa o
voglia aiutarla.
Siamo a Monaco in un caldo settembre
del 1931, negli ultimi mesi della Repubblica di Weimar, prima che il
partito nazional socialista, vincitore alle elezioni, spazzi via
tutti i residui di libertà portando il paese nel lugubre decennio
nazista.
Ma torniamo a quella ragazza, che non è
una ragazza qualunque: avrebbe potuto avere una vita felice, magari
girare il mondo. Invece no: si chiama Angela Raubal, è la figlia
della sorellastra di Adolf Hitler, che poi è il suo tutore. E forse
anche qualcosa in più.
È lei, Angela o Geli come la
chiamavano tutti, l'angelo che da il titolo a questo giallo ben
scritto, che ci porta dentro uno dei segreti più nascosti della vita
di Hitler.
Sulla morte di Geli viene chiamato ad
indagare, ma con l'invito di chiudere tutto entro 8 ore, il
commissario di polizia Sigfrid Sauer, assieme al collega Helmut
Forster, “Mutti”: otto ore e non un minuto di più, questo
l'ordine che arriva loro dal capo della sezione crimini violenti.
È stata uccisa una donna, di razza
germanica, parente ad un «uomo che si sta facendo un nome»:
quell'uomo è Adolf Hitler, appunto, in quel momento fuori Monaco per
un comizio che doveva tenere ad Amburgo.
Nella casa di Hitler, presidiata da
uomini delle SA (il servizio d'ordine del partito nazista), i due
poliziotti vengono fatti entrare nella stanza dove si trova la
ragazza morta: per aprire la porta, chiusa dall'interno, si è reso
necessario l'intervento di un fabbro – racconta la coppia di
domestici.
Subito non registrò nulla della stanza: né la disposizione degli arredi, né la vista dalla finestra, né altro. Il corpo attrasse tutta la sua attenzione, annullando il resto. Era una donna.
Una ragazza morta, il volto che rivela
segni di colpi, tanto sangue sotto il corpo, la stanza chiusa, la
pistola poco lontana. Si tratta di un suicidio: lo dice la scena del
crimine, lo dice il dottor Muller.
Due cose attirano l'attenzione però:
la lettera trovata su un mobile (“Quando verrò a Vienna – spero
molto presto – andremo in auto insieme”) e l'assenza del
pendaglio a forma di svastica che Geli teneva sempre addosso, regalo
dello zio “Alf”.
Tutto chiaro, o forse no. Sauer e
“Mutti” non sono di quei poliziotti zelanti coi potenti, ci sono
alcune cose che non tornano: gli orari dichiarati dai Winter, i
domestici, la storia della serratura forzata, l'estrema pulizia e
l'ordine in quella stanza ma soprattutto il motivo per cui Geli si
sarebbe tolta la vita.
Era incinta, dice la signora Winter.
No, non è vero, dice il dottor Muller.
E poi ci sono tanti altri piccolo
misteri: il suicidio del fabbro, uno dei più bravi di Monaco. Lo strano incendio nel laboratorio del
medico legale, che distrugge le foto della ragazza. Il fatto che sul corpo non sia stata
fatta nessuna autopsia.
I due commissari iniziano a sentire una
brutta aria, brutte pressioni intorno al caso.
C'è un faccia a faccia tra Adolf
Hitler e Sauer, in cui questi gli chiede di fare luce sulla morte
della sua amata nipote.
« .. Loro hanno inviato lei, e io a lei mi affido, non come a un aiutante, ma come a un amico» concluse Hitler spingendo il suo sguardo ancora più a fondo negli occhi di Sauer. «Posso contare su di lei?»
Sui giornali iniziano ad uscire alcune
rivelazioni sulla fine di Geli, che mettono in dubbio la storia del
suicidio: questo potrebbe distruggere per sempre la carriera di
Hitler (e se Geli fosse stata uccisa dallo zio, e se fosse vero che
avevano una relazione ..).
Forse la storia avrebbe potuto prendere
una direzione diversa se …
Sauer si sente come manovrato, come se
ci fosse un burattino che cerca di tirar i fili dell'indagine: la
fretta nell'archiviare il caso da parte del capo, quegli strani
suicidi che fanno pensare che ci sia qualcuno che sta sabotando
l'indagine (e tutti suicidi con un messaggio all'apparenza normale
“Mi dispiace, H.”).
Perfino Himmler in persona lo invita a
far chiarezza sul suicidio, in un incontro che non ha nulla di
casuale (in questo romanzo incontreremo tutti i leader del partito
nazista, Himmler, Goering, Hess, che verranno raccontati secondo una
luce diversa).
L'ambiguo e freddo braccio destro di
Hitler da carta bianca a Sauer, per chiarire tutti i punti oscuri
della storia, fornendo una lista di nominativi da sentire.
«E lei come sa di potersi fidare di me?» chiese Sauer.
«Io conosco il suo segreto» rispose Himmler mentre l’autista apriva la portiera del commissario. «Deludermi non le conviene.»
Ma è un aiuto disinteressato quello di
Himmler? O è solo l'ennesima recita di un copione, come quella dello zio Adolf, così
addolorato per la morte della nipote?
Una recita dove è morta una ragazza,
di poco più di venti anni: morta perché aveva paura di esibirsi in
pubblico come cantante?
Oppure uccisa per nascondere un segreto
terribile, quello del suo rapporto con lo zio Adolf, il “lupo”,
un qualcosa che avrebbe potuto distruggere per sempre la sua carriera
e arrestare l'ascesa del partito nazista al comando della Germania.
Sauer, assieme al collega Mutti, si
rende conto del rischio a cui si espone per questa indagine, che li
sta portando a scoprire i dissidi e le tensioni ai vertici del
partito, i segreti del politico “che si sta facendo un nome” e
che si appresta vincere le elezioni.
Ma c'è una ragazza, il cui fantasma
aleggia per tutto il corso della storia, a cui dare giustizia. C'è
una verità da scoprire, perché altrimenti la verità la scriveranno
solo i vincitori. O forse anche quelli che sopravviveranno per
raccontarla..
L'angelo di Monaco non è solo un giallo molto
ben scritto e molto ben documentato, come testimonia l'ampia
bibliografia a fine libro, da cui l'autore ha attinto
per imbastire la storia.
Sono esistiti veramente i due commissari Sauer e Forster, che hanno consegnato la relazione della loro indagine, chiusa e riaperta per ordine del ministero, conclusa nell'arco di una settimana.
Sono esistiti veramente i due commissari Sauer e Forster, che hanno consegnato la relazione della loro indagine, chiusa e riaperta per ordine del ministero, conclusa nell'arco di una settimana.
Sono esistiti veramente tutti i
personaggi ai vertici del partito nazista o vicini ad Hitler citati
nella storia, Himmler, Heydrich, Hoffmann, Hess, dietro cui si cela forse l'assassino di Geli.
Reali anche i racconti sui gusti femminili di Hitler, le sue perversioni.
Reali anche le voci che giravano attorno al rapporto di Hitler con la nipote, che rischiavano di rovinare la sua ascesa politica e la vittoria alle elezioni.
Reali anche i racconti sui gusti femminili di Hitler, le sue perversioni.
Reali anche le voci che giravano attorno al rapporto di Hitler con la nipote, che rischiavano di rovinare la sua ascesa politica e la vittoria alle elezioni.
Soprattutto, è reale il contesto
raccontato di quella Germania, che si trovava come sospesa tra una
repubblica con regole e leggi, un passato fatto di riti e ricordi, di
un antico benessere, e un presente che nessuno voleva vedere.
Le violenze dei nazisti e delle SA,
contro gli ebrei, contro gli oppositori del partito nazional
socialista, contro i più deboli.
Come ha fatto un popolo, ricco di
cultura, scienza, filosofia, a consegnarsi a quell'uomo dalla voce
metallica e dallo sguardo magnetico, capace di soggiogare le masse
coi suoi discorsi.
Oggi hanno tutti vantaggio a dirsi antisemiti, il popolo è ignorante e affamato e seguirà chiunque gli sventoli un bello stendardo rosso davanti agli occhi ..
Qualcuno vedrà una forte attinenza col
presente che stiamo vivendo: i discorsi contro i banchieri ebrei, il
ritorno ad una grande Germania guidata da un uomo forte possono
essere ripresi e portati fino ai giorni nostri.
La rabbia e la paura, per la miseria,
per un futuro difficile da decifrare, il nemico infido a cui
addossare tutte le colpe per le tue sfortune: con questi mezzi a chi
importa delle piccole prepotenze, delle violenze e dei delitti?
E' come la storia della rana nella
pentola: è la metafora usata da un giornalista, che sta raccogliendo
le prove contro Hitler:
“.. come la storia della rana. Se la getti in una pentola di acqua già bollente salterà fuori all’istante, ma se la metti nell’acqua fredda e accendi il fuoco, la temperatura salirà lentamente e la rana si ritroverà bollita senza neanche sospettarlo”.
Che cos'è la verità – si chiede
l'autore nelle note a fine lettura (note che vi consiglio di leggere,
perché completano il quadro di tutta la storia): forse proprio per
raccontare la verità, ma “scrivere un romanzo è raccontare una
bugia per far emergere la verità”, conclude lo stesso poco oltre.
Una bugia che almeno ha il merito di
fare un po' di luce su uno dei segreti più nascosti del nazismo e di
Hitler, nonché di rendere giustizia a questa ragazza, Geli Raubal.
La prima vittima della propaganda
nazista.
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