Era sempre l’ultimo ai provini. Per una questione di prestigio. La vecchia guardia non aveva nulla da dimostrare. Lui la gavetta l’aveva fatta da un pezzo, era passato il tempo in cui sgomitava per essere tra i primi a entrare e abbassarsi i pantaloni. Nel porno funziona così: prima mostri l'ardiglione, poi si discute.
Nel suo ultimo noir
Massimo Carlotto è come se spostasse l'obiettivo della macchina da
presa: non più storie di criminali, di banditi dal cuore d'oro e di
altri senza regole se non quella del denaro.
Semmai, i criminali
siamo noi, che sfamiamo la nostra curiosità con le news sulla
cronaca nera come fosse gossip, criminale è parte del mondo
dell'informazione che punta il dito e giudica.
Per dirci questo
l'autore ha scelto tre personaggi molto particolari legati tra loro
da un rapporto altrettanto particolare.
Il primo,
particolare già dal nome, si chiama Bonamente Fanzago ed è un
attore del porno sul viale del tramonto, non solo per gli anni che
passano e la concorrenza dei giovani attori. Di mezzo c'è anche una
malattia che pesa su di lui come una spada di Damocle,
condizionandone la vita e, purtroppo, anche le prestazioni sul set.
Come ci racconta
lui stesso, malattia, sveltina, depressione sono le tre parole tabù
del porno.
Dopo il porno, gli
rimane la carriera da gigolò, ora ridotta ad una sola cliente
“la signora del martedì. Ma lei non l’aveva conosciuta su una pista da ballo. Era venuta a cercarlo”.
Bella, elegante, proveniente da un
altro mondo: i loro incontri sono precisi come un orologio, ogni
settimana, di martedì presso la pensione Lisbona di cui è ospite
“Una tipa perfettina. L’attore si era convinto di essere l’unica nota di disordine nella sua vita. Il martedì dalle quindici alle sedici”.
Il secondo protagonista del racconto è
il signor Alfredo, padrone (o padrona) della pensione Lisbona (in
nome di antichi ricordi del passato).
Pochi clienti ma affezionati, come
Bonamente: clienti particolari come il signor Alfredo stesso,
travestito all'interno della casa e vestito da uomo solo quando deve
uscire. Come Bonamente, anche lui ha qualcosa che non si può
raccontare a tutti, per non incappare negli strali della morale della
brava gente
.. travestito è tollerato solo se è giovane, se può essere scambiato per una donna e stuzzica fantasie. Ma un vecchio con la gonna e i tacchi risulta grottesco, soprattutto in un mondo sempre meno tollerante.
Perché Alfredo, nonostante quello che
si possa pensare, è una brava persona: si prende cura di Bonamente,
come un padre, specie ora che l'ex attore si trova dipendente delle
medicine, della chimica, proprio lui che non amava i rapporti di
dipendenza.
Solo quella donna, la donna del
martedì, non riesce a sopportare
“In particolare, non riusciva ad accettare il fatto che ogni martedì alle quindici lei entrasse nella pensione Lisbona senza degnarla di uno sguardo”.
Infine lei, La signora del martedì, in
seguito scopriremo qual è il suo vero nome, Alfonsina.
Convivente con un anziano avvocato,
separato dalla famiglia, con una vita normale, ora e un passato
ingombrante. Unico neo, quell'appuntamento del martedì.
Per una serie di circostante, il caso,
un approccio di protezione sbagliato, si mette un moto un meccanismo
che porta ad interrompere questi incontri e a riportare a galla il
passato della signora.
Un passato di galera e violenza, fisica
e mentale, che la stava facendo scendere lungo un baratro da cui
l'avvocato, il signor Tommaso, l'aveva salvata, come un padre.
Tommaso per lei era il padre che l’aveva raccolta, salvata e che per tutti quegli anni si era dedicato alla sua serenità. Nulla a che vedere con quel pezzo di merda del genitore biologico, che prima l’aveva venduta ..
Da cui in poi, la
leggerezza con cui scorrevamo le pagine, capaci di strappare anche
qualche sorriso, cambia completamente genere e ritmo.
Entrano in gioco
altri personaggi, forse un po' più normali secondo quelli che sono
gli standard della brava gente: poliziotti guidati più da pregiudizi
che non dalla voglia di scoprire la verità; giornalisti che più che
alla notizia da raccontare, pensano a come questa possa stuzzicare la
pancia dei propri lettori.
Era perfettamente consapevole di come sarebbero andate le cose. Gli inquirenti non avrebbero trovato, quantomeno nell’immediato, il benché minimo indizio per incriminarla, ma avrebbero dato in pasto ai media e quindi ai social tutti i particolari della sua vita. Coloro che avevano dimenticato avrebbero avuto modo di rinfrescarsi la memoria, chi invece ignorava la vicenda avrebbe conosciuto un’unica verità, quella dell’ultima condanna. Sarebbe stata fatta a pezzi e giudicata colpevole in nome di quella giustizia emotiva che dominava il Paese e che ai poliziotti poteva tornare utile: magari saltava fuori qualcosa o qualcuno. Se il tribunale del popolo si fosse poi particolarmente accanito, poteva rendersi necessario andare comunque a giudizio, mettere insieme un po’ di circostanze e travestirle da indizi. Quando si arriva in Corte d’assise è raro che un imputato venga assolto. Magari succede in primo grado, ma in appello la giuria popolare può tranquillamente pensarla come i social.
I primi usano i
secondi per sbattere il mostro in prima pagina e i secondi condiscono
il banchetto, anche usando i social media, per preparare il processo
su internet, che è quello che poi interessa solo alla gente.
La stessa brava
gente che si mostra come bravi padri di famiglia, tutti casa, moglie,
figli e gattini e che poi sui social sfoga tutte le proprie
frustrazioni, mostrando il loro vero lato.
La rete l'aveva giudicata colpevole e condannata. [..] Le pene variavano. Le donne preferivano l'ergastolo o la pena di morte, gli uomini insistevano per pene più corporali che prevedevano invariabilmente lo stupro, magari da parte di bande di negri.Nulla di nuovo nella logica dello “shitstorm”. [..]Alfonsina si rese conto di non riuscire a staccarsi dallo schermo. Leggeva i commenti e cercava informazioni sulle persone che li avevano scritti. Volti in posa, sorridenti, foto di vacanze, bambini, fiorellini, gattini, cagnolini. Persone normali. [..] Padri di famiglia, onesti lavoratori, elettori coscienziosi.
Per sfuggire alla
condanna, non solo quella del web, ma anche da quella dello Stato, i
tre protagonisti dovranno inventarsi una strategia che consenta loro
di sparire nuovamente, “nascondersi dietro un sasso”, per
continuare a vivere tranquilli.
Tra i personaggi
che affiancano i tre protagonisti, c'è anche un investigatore “con
gli stivali texani” che ricorda solo lontanamente l'Alligatore, ma
è solo un richiamo in questa storia che accade in un luogo che
l'autore ha scelto volutamente di non rendere identificabile.
Perché ci si deve
concentrare sulle storie, sugli incastri, sulle relazioni che legano
persona a persona, rendendo ciascuna di esse come dotata di più
facce, più personalità.
In un delitto tutti guardano al carnefice e alla vittima. Ma intorno a loro c'è un mondo di persone che reagiscono in modo diverso, travolte dal dolore o dalla rabbia che modificano per sempre la loro esistenza.
Non fatevi
ingannare dagli stereotipi, ci dice Massimo Carlotto, un errore
sempre più comune nella nostra frettolosa civiltà moderna.
La scheda del libro
sul sito di EdizioniE/O
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