Ieri sera, sull'eco delle notizie
provenienti dall'Iran e dal Medio Oriente, mi son visto il film di
Ben Affleck Argo: il racconto dell'esfiltrazione dei sei membri
dell'ambasciata americana a Teheran che, nel novembre 1979 riuscirono
a fuggire dal compound e a trovare rifugio a casa dell'ambasciatore
canadese.
Tralasciando per un momento la storia,
vera, ad inizio film il regista ha voluto raccontare il come si è
arrivati alla rivoluzione komeinista del 1979: governato per secoli
dagli Scià, nel 1950 il popolo iraniano elesse Mossadeq
un democratico laico, come primo ministro.
Il suo governo nazionalizzò le holding
britanniche e statunitensi: nel 1953 gli Stati Uniti (amministrazione
Eisenhower) e la Gran Bretagna organizzarono
un colpo di Stato e portarono al governo lo scià Reza Pahlavi .
Lo scià e sua moglie vivevano nel
lusso e sul loro stile di vita sorsero pure delle leggende: pare che
la moglie facesse il bagno nel latte, come Poppea e che lui si
facesse portare il pranzo ogni giorno da Parigi con un Concorde.
Non sono leggenda le torture della
polizia politica, le persone uccise nel silenzio delle prigioni di
stato.
E nemmeno la povertà in cui viveva
parte del paese.
Fino alla rivoluzione di Khomeini, che
portò il paese indietro di secoli, come diritti civili e libertà.
Le prigioni di stato (e l'attività
della polizia politica) non rimasero vuote, però.
Ecco a cosa serve la storia, a far
capire agli stolti che pensano che sia tutto un gioco, quali sono gli
effetti della politica dei colpi di stato e dell'appoggio alle
dittature (militari o non) amiche.
Penso a Gheddafi, amico nostro fino
alle primavere arabe.
Penso ad Al Sisi, cui chiediamo con
finta ingenuità, di aiutarci a capire chi ha ucciso il nostro Giulio
Regeni.
Dallo scià, amico dei governi
occidentali, siamo arrivati all'odio verso gli americani.
La storia insegna, bisognerebbe
studiarla però.
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