I rider che consegnano il cibo,
l'inchiesta sul tifo organizzato e i legami con la criminalità e,
nell'anteprima, un'inchiesta sui dati che forniamo alle App: questi
gli argomenti della puntata di stasera di Report.
Le
APP-ARENZE di Cecilia Andrea Bacci
Siamo così timorosi quando si tratta
di dare i nostri dati ad uno sconosciuto ma allo stesso tempo non ci
facciamo problemi a condividere tante informazioni personali con
società straniere che hanno pure sede al di fuori dell'Europa (e che
dunque non garantiscono tutte le protezioni in materia di privacy).
Vi ricordate la App che vi invecchiava,
partendo da un selfie? Bene la vostra immagine è stata acquisita da
una società con sede in Russia, che si è potuta costruire un bel
database di volti, si spera per non farci nulla di male.
C'è poi la questione dell'invasività
delle App che, una volta installate, vorrebbero prendere possesso del
telefonino e dei nostri dati: rubrica, gps, telefono.
Sanno più loro di dove siamo stati e
cosa abbiamo fatto che non molti dei nostri amici.
Qual è il prezzo da pagare per questa
identità social che, a volte, è come una seconda identità lontana
da quella reale?
Guardarsi allo specchio è diventato complicato: potremmo non riconoscerci. Il nostro specchio, infatti, si è trasformato nello schermo di un telefonino e la “perfezione” è a portata di tocco. Cosa succede se costruiamo un'immagine social migliore della nostra immagine reale? Tutto passa attraverso un selfie: un semplice scatto per noi, oro che cola per le società che gestiscono le app di fotoritocco. Perché queste app chiedono di raccogliere i dati del nostro GPS, avere accesso alle nostre rubriche, gestire le nostre chiamate e poter modificare la priorità assegnata alle altre applicazioni installate sul telefono? Regaliamo quotidianamente l'accesso a questi dati e al nostro volto. Come vengono conservate queste informazioni? E perché?
Il futuro dei
Rider
Nato come un lavoretto, da fare per poche ore al giorno, come
strumento per prendere qualche soldo per studenti o persone senza
lavoro, quello dei Rider è diventato un lavoro a tutti gli effetti
se si mette in conto le ore passate sul sellino, i turni di lavoro
decisi da un algoritmo e le chiamate via App, i rischi di infortunio
sulle strade (e le strade delle città italiane non brillano per
sicurezza, specie per l'assenza di piste ciclabili).
Che futuro si devono aspettare i riders, quelle 30mila persone che ci
consegnano il cibo a domicilio?
Nel decreto
crisi aziendali, il governo (in special modo il m5s) ha cercato
di regolare questi lavoratori che, fino ad oggi, non hanno diritti né
tutele, introducendo anche per loro
un salario minimo.
Molti di loro si sono rifiutati, preferendo mantenere lo status quo,
ovvero la situazione di lavoro a cottimo per cui più pedali, più
guadagni (ma più rischi).
D'altronde anche le App che, almeno per loro, hanno sostituito il
responsabile,
premiano i riders che fanno più consegne in meno tempo: ma
dietro ai pochi soldi che entrano nelle tasche dei riders (molti dei
quali nemmeno sono studenti o persone in cerca di altro), si
nascondono i guadagni enormi delle società della Gig economy.
Società senza strutture, senza personale (il minimo), pochi
investimenti iniziali, tanti guadagni e poche tasse, almeno in
Italia.
E poca voglia di parlare coi giornalisti.
Giovanna Boursier è riuscita a parlare con un dispatcher di Foodora, una persona cioè che lavora dietro l'algoritmo che assegna le consegne ai rider e a controllare che tutto funzioni: questa persona ha ammesso che era possibile controllare i fattorino anche fuori l'orario di lavoro, si poteva controllare dove erano prima dell'inizio del turno e anche dopo. A volte si è spostato un ordine da un fattorino ad un altro, probabilmente per punizione.
Giovanna Boursier è riuscita a parlare con un dispatcher di Foodora, una persona cioè che lavora dietro l'algoritmo che assegna le consegne ai rider e a controllare che tutto funzioni: questa persona ha ammesso che era possibile controllare i fattorino anche fuori l'orario di lavoro, si poteva controllare dove erano prima dell'inizio del turno e anche dopo. A volte si è spostato un ordine da un fattorino ad un altro, probabilmente per punizione.
L'algoritmo ti localizza quando non lavori e persino quando sei in
vacanza, persino se la geolocalizzazione del telefono era spenta.
Boursier racconterà anche la questione dei rider licenziati, ovvero
di coloro a cui è stata bloccata l'applicazione, di fatto
licenziandoli.
La scheda del servizio: EASY
RIDERS di Giovanna Boursier in collaborazione di Eva
Georganopoulou e Greta Orsi
I rider sono i fattorini che ci portano il cibo, e non solo, a casa. In Italia ormai circa 30 mila e continuano ad aumentare, non sono solo giovani studenti che integrano il bilancio familiare negli anni dell’università, ma anche cinquanta-sessantenni che hanno perso impieghi precedenti. Ci stiamo abituando a vederli nelle nostre città: pedalano velocissimi, anche di notte, spesso in contromano. Corrono perché sono pagati a consegna, ossia a cottimo: più portano ordini, più guadagnano. Più danno disponibilità più acquisiscono dall’azienda un punteggio, che consente loro di prenotare più facilmente ore e turni di lavoro. È la nuova frontiera del lavoro nella gig economy, l’era delle piattaforme digitali, in cui mentre la crisi economica rende irreversibile la precarietà, tutto deve essere invisibile, compreso lo sfruttamento dei lavoratori. Invisibili cercano di restare anche i manager delle società di delivery: da Just Eat a Deliveroo, a Glovo. Molte fanno capo a multinazionali i cui bilanci in perdita spesso nascondono ricavi enormi. Impossibile parlare con loro, nemmeno tramite l’app.
L'inchiesta sul tifo organizzato (e
dei legami con la criminalità)
Federico Ruffo
torna ad occuparsi di tifo organizzato e dei suoi legami con la
criminalità organizzata: le sue inchieste passate avevano suscitato
molte polemiche, eppure le inchieste della magistratura gli hanno
dato ragione.
I legami tra la
curva juventina e la ndrangheta (e i tentativi riusciti di pressione
sulla società) ci sono stati davvero. Come reali sono anche i
contatti tra capi ultrà della curva milanista e il mondo dello
spaccio (e Report aveva anche ricordato quell'abbraccio imbarazzante
tra l'ex ministro dell'interno Salvini è un capo ultras già
condannato).
Questa volta ci si
sposta sulla piazza di Roma, con la storia dell'omicidio del capo
degli irriducibili della Lazio Fabrizio Piscitelli: forse a Roma la
mafia non c'è, ma di sicuro esiste ed è ben radicata una
criminalità violenta che si è spartita la città sul traffico della
droga.
Il nome di
Piscitelli è nelle carte dell'inchiesta su Mafia Capitale e in altri
processi è stato considerato vicino al boss della camorra Michele
Senese ('o pazzo), uno dei quattro re del narcotraffico di Roma.
Il suo omicidio è
stato un'esecuzione in piena regola, un colpo alla nuca sparato da un
killer che sapeva dove e quando trovarlo: uno spessore criminale così
forte da portare il Questore a vietare i funerali pubblici, almeno
sulla carta.
In chiesa era
presente solo la famiglia, ma fuori era presente tutta la curva, anzi
le curve e l'estrema destra: Luca Lucci, leader della curva sud del
Milan pregiudicato per droga e lesioni, Luca Castellini, coordinatore
in Veneto di forza nuova e capo della curva del Verona, Valerio
Arenale segretario del movimento patria nostra e coordinatore di
forza nuova.
E poi gli
irriducibili della Lazio che, durante il funerale, riconoscono le
telecamere di Rai3 e Federico Ruffo e iniziano ad insultarli: “sei
uno sciacallo come tutti i giornalisti .. comunisti de' merda”.
Federico Ruffo ha
incontrato Fabrizio
Toffolo, capo ultras degli irriducibili della Lazio, che nel
passato era stato gambizzato due volte: il giornalista gli ha
mostrato una nota della Questura secondo cui una fonte confidenziale
aveva presentato con tutti i particolare i motivi dell'agguato,
dietro cui c'era proprio Piscitelli.
Dietro l'agguato,
la riorganizzazione del tifo nella curva laziale.
Report è tornata
poi sulla morte dell'ultra juventino, Dino Mocciola leader dei
drughi, con gli arresti effettuati dalla Digos di Torino nei
confronti di alcuni ultras della Juventus, con le accuse di
estorsione aggravata e riciclaggio.
Nella puntata
verrà mostrata la lettera dell'ex Questore di Torino, oggi allo Sco,
in cui scriveva che ancora nel 2018 la società dava i biglietti agli
ultras senza farli pagare: un atteggiamento che è stato definito
inopportuno.
Sul
Fatto Quotidiano di domenica 10 novembre potete trovare una
anticipazione della puntata:
Il questore si è accorto che la Juventus Fc sta ancora fornendo biglietti agli ultras senza farli pagare. “Atteggiamento – si legge – inopportuno”. E Messina dice a Report: “La mia lettera è lo spartiacque perché la società non ha più scampo: non può, se è una società seria, non prendere in considerazione una situazione che poi la può vedere non solo come vittima, ma la potrebbe vedere a un certo punto connivente”.
La scheda del servizio:
ULTRAS SPA di Federico Ruffo in collaborazione di Lorenzo
Vendemiale
Una nuova inchiesta su affari e illegalità che ruotano attorno al tifo del calcio. A Roma il re della Curva Nord Fabrizio “Diabolik” Piscitelli cade in un agguato da Romanzo Criminale: un filo porta al narcotraffico e a Massimo Carminati. A Milano, invece, la tifoseria dell’Inter è spaccata da una faida interna. A scatenarla ci sarebbero anche questioni connesse al bagarinaggio, alle quali non sarebbero stati estranei, nel corso degli anni, alcuni settori della società. Report tornerà anche sulla vicenda che riguarda i gruppi ultrà della Juventus, i cui storici capi sono stati tutti arrestati lo scorso 16 settembre, indagati a vario titolo per associazione a delinquere, estorsione aggravata, riciclaggio e violenza privata: secondo la Procura di Torino sarebbero artefici di una strategia estorsiva nei confronti della società, che avrebbe avuto la prontezza e il coraggio di denunciare. Eppure le date su alcuni documenti potrebbero raccontare una storia diversa.
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