CINQUANT’ANNI DOPO Io so. Noi sappiamo. Basta con la retorica dei «misteri d’Italia». Abbiamo indizi e anche prove che ci dicono chi mise le bombe. La strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 è stata compiuta dal gruppo fascista e filonazista Ordine nuovo,[..]
I dirigenti di Ordine nuovo sono il fondatore Pino Rauti (indagato ma poi uscito dall’indagine) e il capo del gruppo del Triveneto Carlo Maria Maggi [..] I responsabili degli apparati di stato negli anni della preparazione della strage e delle indagini successive sono l’ammiraglio Eugenio Henke e il generale Vito Miceli ..
Siamo arrivati a cinquanta:
cinquanta anni dall'esplosione della bomba piazzata dai fascisti di
Ordine Nuovo nella banca dell'Agricoltura in quel 12 dicembre 1969,
bomba che causò 17 morti e 88 feriti.
Erano agricoltori, allevatori, persone
che stavano concludendo accordi quella sera grigia e fredda: perché
quella bomba? Perché quelle morti?
Cosa volevano ottenere i fascisti con
quella strage e cosa volevano ottenere i mandanti, il livello
superiore, che uso i fascisti per i loro fini?
Il saggio di Gianni Barbacetto è
una versione aggiornata del suo libro “Il
grande vecchio”, uscito nel 2009 sempre per Garzanti: è stato
arricchito con tutti gli sviluppi delle indagini e dei processi fino
ad oggi (la sentenza di condanna per la strage di Brescia del 26
maggio 1974, il nuovo filo per la bomba alla stazione di Bologna).
Il titolo è quanto mai emblematico,
“Piazza Fontana, il primo atto dell'ultima guerra italiana”: in
Italia è avvenuta una guerra, a partire dalla fine degli anni
sessanta, durata fino ai primi anni ottanta, una guerra a bassa
intensità, ma non per questo meno cruenta, una guerra combattuta non
con carri armati e cannoni, ma andando a minare la serenità del
paese, instillando nella popolazione la paura, il terrore.
Bombe fatte scoppiare dentro delle
banche e non per fini dimostrativi, ma per uccidere delle persone (si
è detto che quella di Piazza Fontana era una bomba che non doveva
fare morti, chi l'ha messa sapeva che le contrattazione si sarebbero
prolungate fino a tarda sera).
Bombe fatte scoppiare sui treni, nelle
stazioni, nelle piazze gremite di persone, riunitesi per manifestare
proprio contro l'ondata di attentati e che stava avvelenando il clima
politico.
Bombe e attentanti, come quello davanti
la Questura di Milano, inizialmente addossate a movimenti di
sinistra, come gli anarchici, cui furono addossate le bombe di Milano
alla Fiera e alla stazione: perché non solo si doveva creare un
clima di tensione (da cui l'espressione “strategia della
tensione” coniata dal settimanale inglese The Observer), ma gli
attentanti sotto falsa bandiera avevano il compito di screditare i
partiti della sinistra per bloccarne a tutti i costi l'avanzata nei
consensi e nei voti del paese.
In Italia tra gli anni sessanta e
gli anni ottanta si è combattuta una guerra che forse un giorno
verrà raccontata anche dai libri di storia: piazza Fontana, la
bomba davanti la Questura di Milano, la strage di Peteano (su cui si
è autoaccusato l'ordinovista Vincenzo Vinciguerra), il tentativo di golpe di
Borghese la notte dell'Immacolata (e il tentativo di golpe
organizzato dal generale De Lorenzo, il “piano solo”), la bombasul treno Freccia del sud nel 1970, il tentativo di Golpe dell'organizzazione
Rosa dei Venti , il golpe organizzato da Edgardo Sogno, gli attentati
organizzati da Ordine nero nel 1974 culminati con la bomba
sull'Italicus, la strage di Brescia fino ad arrivare alla bomba alla
stazione di Bologna il 2 agosto 1980 (assieme a Brescia, una delle
poche stragi su cui la magistratura è riuscita ad arrivare ad una
sentenza di colpevolezza).
Nei libri di storia si dovrà ricordare
il contesto internazionale che bloccava la politica italiana
all'interno degli accordi di Jalta: nessuna alternativa era possibile
ad un governo della Democrazia Cristiana, c'era l'avanzata delle
sinistre da bloccare, a qualunque costo, anche ricorrendo al terrore,
a destabilizzare il paese per stabilizzarne la politica attorno ai
partiti di centro.
Usare i movimenti neofascisti, Ordine
Nuovo (di Carlo Maria Maggi, Franco Freda, Giovanni Ventura, Delfo
Zorzi, Marcello Soffiati, Vincenzo Vinciguerra) e Avanguardia
Nazionale (Stefano Delle Chiaie, Mario Merlino, Guido Paglia) per le
operazioni sporche, paventando un colpo di stato militare (come in
Grecia, come in Cile..) che però doveva essere solo nelle
intenzioni. L'America, la Cia che di fatto controllava i nostri
servizi) non avrebbe mai consentito all'instaurazione di un governo
militare qui da noi.
Nei libri si dovrebbe parlare dei
finanziamenti ricevuti da questi groppuscoli da parte dei servizi
Americani, delle protezioni ricevute da parte di uomini dello Stato,
del senso di impunità con cui compivano le loro azioni: il
commissario Juliano trasferito da Padova quando stava indagando
proprio su Freda e Ventura, pochi mesi prima della bomba di Milano;
il bidello Pozzan fatto fuggire all'estero dai servizi
(esfiltrazione in gergo) quando stava per raccontare quello che aveva
visto, coinvolgendo anche il segretario Pino Rauti.
Le informazioni che il SID non faceva
arrivare ai magistrati (la borsa usata per Piazza Fontana, i timer
comprati da Freda) e i depistaggi messi in atto per condizionare le
indagini e spingerle verso i rossi: il mostro Valpreda costruito
dall'Ufficio Affari Riservati (l'intelligence del Viminale), le bombe
dell'estate '69 addossate agli anarchici; i depistaggi del Sismi dopo
la strage di Bologna (che portarono alla condanna dei vertici dei
servizi e di Gelli).
Il ruolo centrale che ha avuto laLoggia P2, in special modo dopo il 1974, l'anno che fu da spartiacque
per questa guerra non ortodossa contro il comunismo e le sinistre:
quando dall'idea del golpe per sovvertire le istituzioni si decise di
occuparle, le istituzioni. Per controllarle in senso autoritario: due
soli partiti che si alternavano al governo, partiti controllati da
persone fidate che li avrebbero scalati a colpi di milioni;
giornalisti amici pronti a fare da portavoce a questi leader;
controllo delle procure, delle banche, dei giornali, della finanza …
un modello che in parte è stato pure realizzato (a partire da Craxi,
fino a Berlusconi e Renzi, che nelle loro riforme sembrano aver
ricalcato il piano di Rinascita di Gelli).
Il lungo racconto di Gianni Barbacetto
è incentrato attorno ai ricordi dei magistrati che hanno cercato la verità su queste stragi, in solitudine spesso e
subendo attacchi anche personali da colleghi, politici e giornalisti
(gli stessi giornalisti che alla fine risultavano in combutta con
servizi, estremisti di destra...): Barbacetto raccoglie la delusione
dei giudici D'Ambrosio e Alessandrini a Milano che per primi
hanno inseguito la pista nera a Milano sulla bomba nella banca
dell'Agricoltura, finché il processo non fu spostato a Catanzaro per
“legittima suspicione” (altra costante di queste indagini, quando
si iniziava a toccare qualche filo nascosto, qualche potente, ecco
che l'inchieste veniva spostata altrove, a Roma ad esempio, nella
procura delle nebbie).
«Ci hanno tolto l’indagine, ma ci siamo salvati la vita». Non sarà vero per Alessandrini, che morirà ucciso da un gruppo di fuoco di Prima linea
Dei giudici Giancarlo Stiz e Pietro
Calogero, che a Treviso avevano raccolto la deposizione del
professore Lorenzon, che ai giudici aveva raccontato le confidenze
fattegli da Ventura, esponente di Ordine Nuovo a Padova, che
rivendicava le bombe di Milano e che si rammaricava perché il
presidente del Consiglio Rumor non aveva sospeso le leggi
democratiche per imporre uno stato di emergenza.
Dei giudici Tamburino a Padova
che nel 1973 aveva scoperto un'organizzazione, La Rosa dei venti,
composta da militari e civili, che stava organizzando un colpo di
stato, che per il suo zero nell'applicare la legge uguale per tutti
(anche per l'ufficiale Amos Spiazzi, collegamento tra esercito e
civili dentro questa organizzazione), era definito il “Savonarola
trentenne”: un'inchiesta che gli fece cambiare la sua concezione
dello Stato e delle istituzioni
“..davvero la democrazia non è altro che una vertigine di scatole cinesi con, nello spazio più interno, il cuore del potere e tutt’attorno un gioco di finzioni? In quei mesi del 1974 ho subito uno sconquasso psicologico”
Del giudice Gianpaolo Zorzi che
ha seguito le indagini per la strage di Piazza della Loggia:
all'epoca della strage era uno studente in giurisprudenza e non
avrebbe immagino che avrebbe indagato proprio su quei morti:
“Quella mattina, in piazza della Loggia, riconobbi per terra, straziato, il corpo senza vita di Alberto Trebeschi, insegnante”
Dell'allora giudice Luciano Violante
che a Torino indagò sul golpe bianco che stava per essere messo
in atto da Edgardo Sogno (e poi pure rivenditato in un suo libro
intervista scritto assieme ad Aldo Cazzullo).
Il giudice Rosario Minna aveva
invece seguito le bombe esplose nell'estate del 1974 in Toscana e la
bomba esplosa il 4 agosto 1974 sull'Italicus: bombe che avrebbero
dovuto preparare il terreno all'ultimo tentativo di golpe, fermato
poi dal mutarsi del quadro internazionale (la caduta di Nixon, dopo
lo scandalo Watergate), bombe finanziate dalla P2 di Licio Gelli
Siamo arrivati a cinque centimetri dalla verità, ma abbiamo dovuto fermarci lì. Per noi che abbiamo indagato sulle stragi non è stato possibile dimostrare la soluzione ..
Due anni neri,
quelli del 1973 e del 1974: dai golpe (tentati o in preparazione)
all'escalation di terrore per gli attentati che, messi uno dopo
l'altro, fanno accapponare la pelle
“il 28 maggio, dopo una miriade di attentati in zona, avviene la strage di Brescia; il 30 maggio c’è il conflitto a fuoco di Pian del Rascino in cui muore Esposti; il 4 agosto esplode la bomba sull’Italicus”.
A Bologna, per la strage della stazione
del 2 agosto 1980, hanno lavorato due giudici Claudio
Nunziata e Libero Mancuso: il primo ha dovuto subire attacchi
pesanti dai colleghi e dai giornali per aver osato indagare
massoneria e neofascisti, è stato definito un “Torquemada rosso”,
un'accusa infame, per screditare la sua immagine di giudice
imparziale:
.. a fare da amplificatore a quelle accuse pittoresche ci pensano «il Resto del Carlino» e «il Giornale» di Montanelli, oltre al «Sabato», il settimanale di Comunione e liberazione. Nunziata, come il collega Libero Mancuso, farebbe parte della «loggia rossa» che avrebbe «pilotato» le indagini sulla strage del 2 agosto.
Il collega Mancuso ha deciso
che, sebbene molte delle indagine siano state bloccate, affossate in
Cassazione (spesso dall'ammazza sentenze Carnevale), la verità
storica dietro le stragi era chiara, sappiamo il contesto, sappiamo i
perché e sappiamo anche chi è stato:
«Ci avete sconfitti, ma adesso sappiamo chi siete. E andremo in giro a dire i vostri nomi a chiunque ce li chieda».
A Venezia il giudice Casson a
Venezia partendo dal fascicolo sulla strage di Peteano (su cui esiste
la confessione dell'ordinovista Vinciguerra), è arrivato a scoprire
l'organizzazione Gladio, quella ufficiale e, dietro, quella nascosta:
“La rete chiamata Gladio non è che l’anello più esterno, più
visibile, del sistema, è una sorta di «protezione civile» attivata
dall’Occidente in guerra contro il blocco sovietico e il
comunismo.”
Anche per lui fango e attacchi, dal
presidente della Repubblica (dalla memoria tardiva) Cossiga.
E' stato grazie al lavoro del giudice
Salvini che, quasi vent'anni dopo la strage di Milano, si è
potuto aprire un nuovo fascicolo dopo la scoperta dell'archivio del
gruppo Avanguardia Operaia. Grazie al suo lavoro è stato possibile
arrivare all'ultima sentenza che mette nero su bianco le colpevolezze
di Ordine Nuovo per Piazza Fontana (e purtroppo la non punibilità di
Freda e Ventura, già assolti per il medesimo reato, stranezze della
nostra giustizia).
Dopo il racconto dell'orrore, delle
bombe e delle stragi, molto importanti i capitoli finale del libro: è
esistito mai un grande vecchio che ha organizzato, tirato le fila di
questa guerra a bassa intensità?
Non è mai esistito un grande vecchio,
quella figura va bene solo per complottisti da salotto.
E' esistito invece un “network di
poteri illegali. Eversione, criminalità organizzata, corruzione”
che ha usato la scusa della guerra al comunismo e l'impossibilità
del ricambio nei governi (la DC costretta a governare) per costruirsi
un suo grumo di potere, per farsi gli affari personali, abbassando di
molto l'asticella dell'illegalità, coltivando rapporti con la mafia
e la ndrangheta (ai tempi del golpe Borghese fino alla trattativa
Stato mafia).
Qual è stato il ruolo dell'estrema
destra in quegli anni, più che polo escluso (dai governi che si
sono succeduti fino al 1994), si dovrebbe parlare di polo occulto:
perché il MSI è entrato negli apparati di potere, dentro i servizi,
si è sporcato le mani coi lavori sporchi: “È esistito dunque in
Italia anche un consociativismo di destra” racconta Barbacetto,
ricordando come Viceli e De Lorenzo siano diventati, al termine della
loro carriera nei servizi, onorevoli del Msi.
Ci sono i rapporti tra molti dei
generali coinvolti nelle inchieste di quegli anni ed esponenti del
Msi, ci sono i rapporti tra Almirante e Delle Chiaie (considerato un
uomo di Federico Umberto D'Amato, direttore dell'Ufficio Affari
Riservati), c'è il fatto che Pino Rauti, all'indomani della strage
di Milano rientra all'interno dell'ombrello del Msi. Rauti che
secondo molti pentiti apparteneva all'Ufficio Z del Sid, lo stesso
del finto giornalista Guido Giannettini.
Ci sono poi i rapporti dei missini con
la P2, i legami con la mafia (vedi la storia del commercialista della
mafia Mandalari).. altro che partito dell'ordine e del rispetto delle
istituzioni.
Stessa continuità che si riconosce con la Lega, specie nella Lega sovranista di Salvini: l'autore fa riferimento ai suoi rapporti con Casa Pound, al passato politico di un esponente come Borghezio.
Per non parlare di Forza Italia, il partito di Berlusconi, tessera 1816.
Oggi, passati cinquant’anni, caduto
il muro di Berlino, ci sarebbe la possibilità di rendere giustizia
ai morti e raccontare questa storia, confessare tutti i segreti.
Perché non lo si fa? Perché da parte
della destra ci si ostina a nascondere, a negare, questa guerra, che
ha avuto come vittime italiani come noi, colpevoli solo di stare nel
posto sbagliato, in una banca, in un piazza, su un treno?
Forse perché la verità che dovrebbero
raccontare, i reduci di questa guerra, i politici ancora in vita, gli
ex fascisti dalla memoria fragile, è ancora indicibile.
Il paese a sovranità limitata, la
teoria del doppio Stato (lo stato della Costituzione e lo stato
sovranazionale, atlantista, massonico, reazionario, anti
progressista).
E anche perché ancora oggi pare che
quel network di potere sia ancora vivo, sia continuato ben oltre la
fine del comunismo.
La trattativa stato mafia, la stagione
delle bombe della mafia per ricattare lo stato (le bombe ai monumenti
e le strane rivendicazioni della Falange Armata); il dossieraggio di
Telecom (ve la ricordate ancora la storia di Tavaroli?) e il
dossieraggio del Sismi di Pollari, col governo Berlusconi (pure lui
legato alla P2 di Gelli).
Fino ad oggi, con il cyberspionaggio
dei fratelli Occhionero e della E-surv, che grazie al programma-spia
Exodus ha spiato centinaia di italiani...
Si è passati dalla guerra ai
comunisti, alla guerra al terrorismo islamico.
Non ce la raccontano, la verità, perché vi è continuità di uomini, metodi, strutture. E perché quella verità avrebbe conseguenze necessariamente penali ..
L'omicidio, la strage, il terrorismo
anche se di Stato, non cadono in prescrizione. E le persone che oggi sono eredi di quel network di potere, eversivo e illegale, lo sanno benissimo.
Meglio aspettare la rimozione dolce
della smemoratezza e delle sentenze che assolvono. Almeno dentro le
aule di giustizia. Fuori, ormai possiamo dirlo: sappiamo chi è
Stato.
Altre letture sulla strage di Piazza
Fontana:
- La bomba Enrico Deaglio
- L'Italia delle stragi a cura di Angelo Ventrone
- 12 dicembre 1969 di Mirco Dondi (Laterza editore)
La scheda del libro sul sito di
Garzanti
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