La riapertura delle discoteche in Sardegna
Report torna sull'inchiesta di lunedì scorso, sulle riaperture delle discoteche: Solinas e il consiglio regionale hanno riaperto a seguito di un atto del comitato tecnico scientifico.
Peccato che questo atto non sia mai emerso, né i consiglieri di minoranza né quelli di maggioranza lo avevano letto, tutti ne avevano sentito parlare e basta.
É stato il governo ad averle chiuse, le discoteche, dopo ferragosto: racconta Angelo Cocciu di FI che ai consiglieri regionali sono arrivate pressioni dai gestori durante il consiglio del 9 agosto.
I contagi stavano salendo, ma erano ancora pochi – racconta Cocciu: hanno fatto una scommessa, aprire per pochi giorni per non penalizzare i gestori che, se avessero chiuso, avrebbero dovuto pagare penali salate agli agenti dei vip e dei dee jay.
Certo, poi Report ha scoperto che certe discoteche sarde hanno dietro una catena di comando che va nei paesi offshore.
Il consigliere Cocciu è stato lapidato a parole per aver detto la verità.
E la relazione del CTS sardo forse nemmeno esiste: Solinas avrebbe basato la sua decisione su un parere che non esiste, “i pareri sono dati in forma orale” ha risposto al consigliere Zedda la segreteria della presidenza regionale.
Ma non è vero. I pareri del CTS sono in forma scritta ed esprimono preoccupazione per le sagre e le feste regionali, ma poi la regione quelle sagre non le ha bloccate.
Ad agosto, il CTS sarebbe stato composto da due sole persone: la regione, racconta il consigliere Agus di minoranza, lo aveva concepito come un sistema di porte girevoli, si veniva consultati a seconda della convenienza del governo regionale.
Ma che parere ha dato il CTS sull'ordinanza dell'11 agosto?
La procura di Cagliari ha mandato gli ispettori in regione e ha acquisito la mail inviata da Vella, dove viene citato anche Sotgiu, l'altro membro del CTS, alla regione.
In questa mail, la posizione del CTS era contraria all'apertura – sono le parole dello stesso Vella sentito al telefono da Report.
Vella è stato dunque usato dalla maggioranza come foglia di fico, perché non volevano prendersi delle responsabilità.
Dunque la regione chi ha sentito per aprire le discoteche? La regione ci ha provato, racconta uno tecnici del CTS, ha sentito solo uno dei quattro che, forse, ha dato parere positivo.
Il presidente di IRBM – Mister Vaccino di Chiara De Luca
Chi è il presidente Di Lorenzo della IRBM, un centro di ricerca che lavora assieme ad Astra Zeneca per il vaccino?
Ex produttore televisivo, ha acquisito la IRBM dalla Merck, azienda farmaceutica: negli ultimi dieci anni ha fatto utili per 18ml di euro, la metà sono emolumenti per la famiglia.
Tutto nasce dalle ricerche fatte a Pomezia sulla proteina spike nel mondo dei primati, dove hanno fatto anche ricerca sull'Ebola: peccato però che i brevetti siano finiti in Svizzera.
IRBM ha avuto qualche aiutino nel passato: Merck ha lasciato in dote a Di Lorenzo dei composti chimici tutelati da un consorzio pubblico privato e a questo consorzio (dove IRBM è in maggioranza) dallo Stato sono arrivati 58ml.
Come sono stati spesi dal privato questi soldi? Di Lorenzo non ha mostrato alcun documento a Report e l'accesso agli atti è stato bloccato: lo Stato italiano ha finanziato il privato per fare quella ricerca che non poteva fare.
In Francia esistono collezioni di composti chimici, ma la loro tutela è dello Stato, non sono affidate a dei privati.
Così lo stato italiano vuole fare ricerca? Lesinare fondi al CRN e dare soldi, senza nemmeno poi concedere troppa trasparenza sui soldi?
Il CNR non avrebbe bisogno del socio privato, se non per le competenze “infrastrutturali”, cioè le sedi e le “facility” associate.
A IRBM, per la ricerca sul vaccino, sono arrivati soldi da Palazzo Chigi, dalla regione Lazio, dal Miur: Di Lorenzo è un personaggio vicino alla politica, da Zingaretti a Conte a Renzi, riceve finanziamenti dalla politica e poi finanzia la politica, come la Open di Renzi, come l'europarlamentare Giarrusso del M5s.
“Io finanzio i miei amici, chi mi pare” risponde Di Lorenzo.
Alla IRBM lavorano con Oxford da anni: a loro hanno portato in dote l'esperienza sulla ricerca sullo scimpanzé (a Pomezia avevano fatto ricerche sul raffreddore della scimmia), per la proteina spike usata per aggredire il virus.
Il governo inglese ha scelto però, per la produzione del virus, la multinazionale Astra Zeneca, cui è stato ceduto il brevetto del vaccino (a cui anche il governo italiano ha contribuito): potevamo fare noi scelte determinanti sulla produzione del vaccino, invece la produzione del vaccino la faranno gli inglesi.
Abbiamo preferito finanziare centri privati, per piccoli progetti, anziché grandi centri pubblici, come il CNR.
Poco lontano da Pomezia c'è la Reithera, anche qui avevano studiato il raffreddore dello scimpanzé, anche loro stanno sperimentando il vaccino italiano. Ma come racconterà l'inchiesta di Bellano, anche qui le strade portano fuori dall'Italia.
I segreti (e la guerra) del vaccino – di Emanuele Bellano (link)
Alla Reithera studiano l'adenovirus dei primati, usato oggi come un cavallo di Troia nel nostro organismo per trasportare il vaccino: la ricerca italiana era in anticipo sul mondo, tre dei ricercatori italiani di questo gruppo fondano una società Okairos, che poi ha venduto i brevetti ad una società svizzera Advent.
Nel 2017 le quote di Advent sono vendute a Di Lorenzo, ad un prezzo molto inferiore a quello di mercato. Accordi tra privati, si intuisce, accordi riservati.
Due dei ricercatori italiani di quel gruppo, Nicosia e Colloca, ora sono in concorrenza con IRBM e nella scorsa primavera hanno chiamato le istituzioni italiane per proporre una ricerca per un vaccino italiano.
Nicosia (che è professore della Federico II) ne parlò con Manfredi ex rettore e ora ministro della ricerca, che a sua volta ne hanno parlato col presidente Zingaretti e col ministro Speranza: da questo tavolo (con dentro persone che si conoscevano già) nasce il progetto di ricerca di Reithera con l'università Federico II.
La ricerca è iniziata ad agosto all'istituto Spallanzani di Roma: ma sarà un vaccino pubblico, dopo gli otto milioni ricevuto dallo Stato?
No, perché la Reithera è di proprietà di una società svizzera, Keires: a controllare la società c'è Colloca e anche membri della una società farmaceutica GSK.
Reithera, secondo l'accordo fatto col pubblico, potrebbe fare la fase due della sperimentazione, con qualunque azienda privata. E ora chi lo dice a Zingaretti?
Quel vaccino non è italiano: nemmeno una visura è stata fatta dalla regione Lazio prima di dare 5 ml di euro per questa ricerca.
Chi ha fatto la due diligence sulla Reithera? Il solito Arcuri, che parla solo di residenti stranieri, mentre alla visura fatta da Report risulta che siano presenti dirigenti di Glaxo.
Non solo, dopo la fase uno, Reithera può sganciarsi dall'accordo col pubblico.
Sui vaccini e sui brevetti si gioca la battaglia più importante: le aziende si muovono in segreto,i brevetti impediranno alle società di produrre i vaccini per tutti, si creeranno della discriminazioni nel mondo tra paesi ricchi e paesi poveri, su chi avrà il vaccino del coronavirus.
Oggi oltre 200 case farmaceutiche sono in gara coi loro brevetti, ogni paese stanno puntando sui suoi vaccini senza fare gioco di squadra, come ha fatto Trump con le aziende farmaceutiche americane finanziate con miliardi di dollari.
Il paese che per primo riuscirà a vaccinare per primo la sua nazione sarà il primo a ripartire: è un nazionalismo del vaccino, l'America ha prenotato più di 400ml di dosi di un prodotto che ancora non c'è, più della popolazione.
Gli stati spendono soldi pubblici per aziende private, per un vaccino che ancora non c'è: così sta facendo l'Unione Europea che ha firmato contratti con aziende private dove è il pubblico che si prende il rischio, nel caso il vaccino non dovesse arrivare o dovesse causare problemi alle persone.
L'Europa e la commissione europea, non si è dimostrata trasparente su questo: i contratti rimangono secretati e non sono consultabili nemmeno dagli europarlamentari.
Astra Zeneca (l'azienda del vaccino a cui ha contribuito anche Irbm) parla di un prezzo industriale, che da parte loro non ci sarà nessun guadagno: ma questo prezzo industriale rimarrà lo stesso nel tempo?
Magari Astra Zeneca a fine emergenza, potrà aumentare il prezzo del suo vaccino: ma chi stabilisce la fine dell'emergenza?
Il concetto di bene pubblico cozza col concetto del brevetto: l'uscita del presidente Von del Leyen “vaccino bene pubblico”, è sbagliata, racconta al giornalista di Report la lobbista delle aziende farmaceutiche, perché non parliamo di acqua o aria, ma di prodotti frutto di una ricerca. Ma è altrettanto vero che le aziende private, come Astra Zeneca, siano state finanziante coi nostri soldi.
La commissione ha secretato i contratti e anche i nomi dei negoziatori che li firmano: uno di questi è l'ex direttore dell'associazione delle case farmaceutiche a Bruxelles, in palese conflitto di interesse.
C'è poi un italiano tra questi negoziatori: è il dottor Ruocco, segretario del ministero della salute, ma i rapporti con Astra Zeneca li ha tenuto Ricciardi, consulente del ministero, con alle spalle molti rapporti con le case farmaceutiche.
Sarebbe terribile se col vaccino dovessimo assistere a delle discriminazioni tra paesi ricco e paesi poveri: la direttrice della commissione salute in Unione europea, Sandra Gallina, smentisce le voci per cui le aziende private vogliono accollare i rischi ai singoli paesi.
Ma ancora una volta è la lobbista a Bruxelles che spiega al giornalista come stanno le cose: sono previsti dei fondi di compensazione pubblici per gestire gli effetti collaterali che dovessero sorgere.
Le aziende private usano i brevetti come strumento per tutelare il loro lavoro, nonostante i finanziamenti ricevuti: Valerio Boselli, giornalista di Morningstar, racconta il caso di Biontech (la società associata Pfizer), che ha ricevuto un finanziamento da Cepi (oltre che dal governo tedesco), società finanziata da Gates: dopo il finanziamento il titolo dell'azienda è cresciuto del 200%.
Evidentemente il brevetto non da fastidio al filantropo Gates, i cui brevetti in Microsoft lo hanno reso ricco: ma in una pandemia mondiale non sarebbe meglio limitare l'uso dei brevetti per non bloccare la distribuzione dei vaccini?.
Il direttore del centro di ricerca di Oxford era contrario al brevetto, ma poi dopo che il governo ha messo i soldi sul tavolo, imponendo una partnership con una big pharma inglese come Astra Zeneca.
Bill a sentire la testimonianza avrebbe anche consigliato i ricercatori dell’Università pubblica di OXFORD. Alla fine la licenza di produrre in esclusiva è finita nelle mani di Astrazeneca.
Ecco, mettere in discussione la logica del brevetto è come mettere in discussione l’uomo che ha costruito la sua fortuna su questa logica. Noi di Report abbiamo anche scoperto che una parte, circa 331 milioni di dollari nel 2019 Bill Gates li ha investiti proprio nel settore sanitario, una parte anche nelle società che stanno producendo il vaccino. E in particolare nell’agosto del 2019 ha sottoscritto azioni per un valore di 55 milioni di dollari in Biontech, la partner di Pfizer, quella che sta producendo il vaccino di cui tutti parlano in questo momento.
Quelle azioni oggi sono diventate di un valore di 340 milioni di dollari. Denaro fresco che può trasferire attraverso la fondazione, all’OMS, al Cepi che deve sviluppare il vaccino, in Gavi, che è l’ente sovranazionale che deve divulgare il vaccino nei Paesi poveri del mondo. Ecco, può incidere in sostanza sulle campagne del vaccino, che è prodotto da quelle stesse aziende dove lui ha investito. Ecco, più che un conflitto di interessi, sembra la visione di un mondo. Ma se alla fine il mondo del brevetto ha un prezzo, ce l’ha anche perché ci sono persone che hanno un valore, inestimabile e nobilissimo che è quello del senso della collettività
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