11 novembre 2020

Dove crollano i ponti, di Bruno Morchio

 


Tutti nel quartiere mi chiamano Blondi, ma il mio vero nome è Ramona. La mamma ripete di averlo scelto perché le ricordava una bella collega dell'Ecuador a cui era molto affezionata, ma io non l'ho mai bevuta. Le ecuadoriane hanno la pelle scura e i capelli neri e di somigliare a una come me se la sognano di notte.

La mamma lavora in una casa di riposo con la qualifica di OSS, che sta per operatrice socio sanitaria, una specie di infermiera a cui sono rifilati i compiti più sfigati, tipo portare la padella ai vecchi, lavarli e cambiargli le lenzuola..

E' il primo romanzo che leggo dell'autore genovese Bruno Morchio, famoso soprattutto per il suo investigatore Bacci Pagano, abile nel muoversi nel mondo dei carruggi di Genova.

In questo romanzo invece non c'è nessun investigatore (almeno non tra i protagonisti), non c'è un enigma da risolvere ma ci sarà invece un delitto e, anzi alla fine, ce ne saranno addirittura 43 di morti, ma questa è un'altra storia.

Quello di Morchio è un racconto dove protagonisti sono dei ragazzi che vivono in un quartiere periferico di Genova, Certosa, una ex area industriale dove ora, di quel passato, sono rimasto solo dei gusci vuoti. Un mondo, quello dei giovani, che l'autore conosce molto bene lavorando come psicologo a contatto con loro.

Ragazzi come Blondi, una quasi diciottenne che ha come unica arma per sopravvivere in questo mondo la sua bellezza, con un madre rassegnata ad una vita grigia e senza sogni. Mentre lei un sogno ce l'ha: scappare via e andarsene in Costa Rica, un paradiso dove si può sopravvivere con pochi soldi.

Come il suo ragazzo Cris, il belloccio del gruppo, tifoso della Samp, che ogni tanto compra del fumo dagli spacciatori senegalesi e qualche volta pure l'eroina.

Come Alessio, Samuel, Pablo, Ketty e Sabri. Alcuni senza un lavoro e senza nemmeno la voglia di trovarne uno.

C'è una grande desolazione dentro la vita di questi ventenni, come la desolazione lasciata dall'abbandono delle aree industriali specie nella zona dove è ambientata la storia, la valle del Polcevera, proprio vicino al ponte Morandi (che all'inizio del racconto è ancora in piedi).

Ho incontrato l'autore alla rassegna letteraria La Passione per il delitto, questo ottobre, dove presentava proprio questo libro che mi ha subito incuriosito: non solo per l'ambientazione a Genova, una città che dal punto di vista letterario conosco poco.

Ma proprio per la scelta di raccontare quel mondo di ragazzi senza sogni, che vivono alla giornata, che vedono il fallimento nella vita amara dei loro genitori, ma che non sanno costruirsi quel futuro con dentro i loro sogni.

Genitori come la madre di Blondi, che lavora come assistente in una casa per anziani e che quando torna a casa passa la serata davanti la TV.

Genitori come il padre di Cris che sperpera tutto quello che ha davanti alle macchinette di videopoker.

Quando non hai conosciuto altro che sacrifici e rinunce, finisci per schifare la vita e odiare la speranza. La bellezza e la felicità ti spaventano, non fanno per te, e il solo modo per non sentirne il richiamo è mangiare a pranzo e cena pane e rassegnazione.

L'unico sogno che tiene in vita Blondi (il “vaccino dei mali della vita”), l'io narrante di questo racconto col suo modo di parlare semplice e crudo, è quello di andarsene per sempre in Costa Rica.

L'occasione per mettere insieme i soldi necessari per il biglietto, per poter vivere i primi tempi, arriva a seguito di un piccolo inghippo in cui si è infilato il suo ragazzo. Assieme al suo compare Samuel, è andato a minacciare un piccolo spacciatore, rubandogli droga e soldi.

Bobo, questo il nome dello spacciatore (che viene chiamato negro per una forma di razzismo epidermico), viene poi trovato morto: Cris ha ora bisogno di soldi per scappare e può chiederli sono allo zio, il fratello del padre, un piccolo imprenditore con una sua falegnameria (dentro cui Cris non ha resistito che per pochi giorni).

Per spillare i soldi, Blondi è disposta a tutto. A manovrare il suo ragazzo (e usando il suo corpo, la sua bellezza di quai diciottenne) per fagli fare qualcosa di irreversibile, pur di avere quei soldi.

Senza dire niente alla madre. Senza sentir troppi rimorsi per quel piano diabolico dove tutti sono pedine del suo desiderio di fuga.

Non si uccide per denaro. E' il sogno di una nuova vita, la speranza d'una rinascita e d'un riscatto: quello sì che ripaga il rimorso ..

C'è un attimo, un momento del racconto, in cui la storia sembra prendere una direzione in cui tutti gli attriti paiono risolversi. Una nuova vita, un lavoro come tutti, una nuova quotidianità.

Mi domando se anche qui, nella valle, non sia possibile coltivare uno straccio di felicità, se anche questa normalità fatta di lavoro, orari regolari e onesto guadagno non sia preferibile a un sogno che si realizzerà solo attraverso imbrogli, menzogne e altra sofferenza.

Ma è solo un fuoco di paglia. Perché il destino sa essere beffardo, anche con persone come Blondi, una ragazza che sa cosa la gente vuole da lei, molto più matura per certi versi, rispetto alla sua età.

Una ragazza che sconta la sola pena di essere cresciuta in un mondo da cui è difficile uscire. Il suo sogno sarà destinato a crollare, proprio come certi ponti lasciati senza nessuna cura..

La scheda del libro sul sito di Rizzoli e il pdf del primo capitolo

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