Bruno Morchio |
Villa Greppi a Monticello |
Seconda presentazione di domenica 18, alla Passione per il delitto: moderatrice Manuela Lozza, con tre romanzi dove si parla di sogni, desiderio di fuga, di sogni e di incubi dal passato
Bruno Morchio, Dove crollano i sogni, Rizzoli
Rosa Teruzzi, La memoria del lago, Sonzogno
Franco Pulcini, Delitto al Conservatorio, Marcos y Marcos
Quello di Franco Pulcini è un romanzo scritto in modo particolare, ambientato nel mondo della musica classica, dei professori: un ambiente di intellettuali e artisti, che si immagina siano persone ineccepibili e dove invece troviamo invidie, dove i giovani artisti sono trattati come merce.
Nel conservatorio ho insegnato per 40 anni e alla Scala lavoro ancora, nonostante avessi rischiato il licenziamento per il precedente romanzo, Delitto alla Scala.
Sui bambini prodigio la penso come Visconti, è spesso roba da ruffiani: in questi anni ho visto proliferare bambini prodigio, cinesi. In questo modo la rivalità professionale è forte: ho scritto questo secondo giallo con l'ispettore Calì, siciliano con madre tunisina, ma milanese come molti altri, perché Milano lo ha accettato.
Calì per quanto persona istruita, non capisce nulla di musica e scopre quel mondo e i suoi lati oscuri poco alla volta: come il sadismo che sta dietro l'insegnamento della musica.
Dietro i bambini prodigio ci sono genitori che sfogano su di loro le proprie ambizioni. Sono le storie di Beethoven e di Mozart.
Nel caso di Calì, questi bambini sono ribelli, hanno una capacità di lettura nei confronti di certi adulti: è una storia di esibizionismo genitoriale e di ribellione, dove il commissario deve indagare in questo mondo di talenti infantili, scoprendo la storia della vittima, il professore che muore all'inizio e che sembra un mostro.
Nel libro si parla anche della Milano che accoglie ma che coltiva anche storie di gelosie e tensioni tra ragazzini che arrivano da lontano: l'autore si è inventato una lingua con cui parlano questi bambini cinesi o coreani.
Nel romanzo di Rosa Terruzzi l'acqua del lago ha un ruolo importante: è una metafora, perché la famiglia delle protagoniste è di Colico, sponda lecchese del lago di Como.
Nel 1946, alla fine della guerra, la nonna della protagonista muore scivolando in un burrone: in realtà dietro c'è un segreto e dunque qualcosa di nascosto.
Un segreto che nasconde i delitti degli ultimi mesi della guerra, di persone che si sono arricchite sulle spalle degli altri.
Storie di chi salva e di chi perde, i traditori di tutti di cui parlava Scerbanenco: segreti nascosti nelle acque del lago.
Questa non è nata con l'intenzione di scrivere una serie: volevo raccontare la storie di tre donne libere, che vivono in un casello ferroviario. Una delle donne è un ex libraria oggi diventata fioraia, nella periferia del Giambellino, assieme alla mamma e alla figlia poliziotta.
Fioraia con la passione delle indagini, in modo dilettante, ma spesso le persone parlano di più con queste persone rispetto che a poliziotti e carabinieri.
Un romanzo deve raccontare uno spaccato sociale: i libri di Rosa Terruzzi sono ambientati in un quartiere multi etnico, dove c'è la malavita, la ligera, una zona di confine.
E come scrittrice, ho voglia di raccontare la luce in quel buio: mi piace raccontare storie sui segreti delle famiglie, perché una persona apparentemente normale ha compiuto quel gesto, storie di fantasia che contengono un seme di verità.
Il romanzo di Bruno è ambientato a Genova, nel quartiere della valle del Polcevera, dove è caduto il ponte due anni fa.
Una Genova che non è i caruggi, il porto: era tempo che volevo parlare delle periferie, ha un grande significato oggi per quello che le periferie sono diventate oggi, anche dal punto di vista sociale e politico.
Quando è crollato il ponte ho avuto altre sollecitazioni, ho voluto innovare: Bruno Morchio l'ha fatto tornando ai classici, andando oltre allo schema morto – indagine – rivelazione.
Genova è una città che stenta a identificare le periferie, è l'agglomerato di sedici ex comuni con una forte identità: il processo di de industrializzazione lì ha lasciato un'enorme quantità di gusci vuoti, fabbriche vuote come la Miralanza. Aree vuote che ci parlano del passato e non del futuro: è difficile parlare del futuro nelle periferie.
Morchio ha messo come protagonisti del romanzo un gruppo di ragazzi che non lavorano, che stanno al bar, passano giornate vuote, perché la loro esistenza è schiacciata sul passato, perché il loro futuro è stato rubato.
I giovani che non studiano e non lavorano in Val Polcevera sono il 25%: è una situazione drammatica di cui la letteratura doveva parlarne.
Il romanzo è scritto in prima persona, voce narrante è quella di Blondi: un approccio difficile perché è una ragazza adolescente che ha fatto solo la terza media. Una ragazza intelligente, una istintiva capacità di capire quello che gli altri vogliono da lei, sa fare considerazioni sulla madre, che non ha più illusioni, passando le serate davanti la tv.
Con gli occhi di Blondi seguo il suo destino, che lo porta al crimine: è la società che lavora per portare al crimine, sono le pressioni sociali, la disperazione incosciente che fa sviluppare un sogno (di questi ragazzi) che in realtà è un delitto.
Nel romanzo si sente il rapporto, che manca, tra i ragazzi e i loro genitori: tutto questo ha che fare con la loro mancanza di empatia?
“E' qualcosa a cui non avevo pensato” ha risposto Bruno.
Genitori sconfitti dalla vita o assenti che portano ad una condizione giovanile deprivata da mezzi economici e di assenza di input che li aiutino nella loro crescita sessuale.
Il sogno di scappare in Costarica è il frutto di questa situazione, un fuga da un presente di disoccupazione ma anche per la ricerca di un padre ideale (quel marinaio che aveva messo incinta la madre di Blondi).
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