21 ottobre 2020

La passione per il delitto 2020 – domenica 18 ottobre: sotto il segno del thriller

 

Alessandro Perissinotto, Nicoletta Sipos, Romano De Marco e Paola Barbato


Terzo incontro alla Passione per ildelitto 2020, con moderatrice Nicoletta Sipos, di tre romanzi sotto il segno del thriller

  • Paola Barbato, Vengo a prenderti, Piemme

  • Alessandro Perissinotto, La congregazione, Mondadori

  • Romano De Marco, Il cacciatore di anime, Piemme

Vengo a prenderti è il terzo volume della scrittrice Paola Barbato: possono essere letti in ordine sparso, fanno parte di una sola storia che avevo in mente, essendo il Dio del mio libro.

Non ho mai staccato la spina per tre anni, ho avuto un distacco doloroso alla fine del terzo, ero andato più a fondo con questi che con altri miei libri.

Il romanzo inizia con una scena particolare: un poliziotto che scopre delle persone tenute prigioniere, un gigante poco amato dai colleghi. E' uno zoo umano: per questa scoperta diventa un eroe. Noi abbiamo ogni giorno bisogno di eroi, di fronte eventi di cronaca, dove ci dividiamo tra colpevolisti e innocentisti.

Questo poliziotto è la persona meno adatta per essere eroe, viene beatificato come un santino per essersi trovato nel posto giusto, dove non voleva esserci.

Il secondo errore è stato convincersi di essere un ottimo essere umano: la creazione del mostro è la cosa più salvifica del creare gli eroi.

Come oggi, dove col Covid vogliamo trovare il colpevole, da dove è uscito il virus.

C'è tutto un mondo dentro i romanzi di Paola: il lavoro sui personaggi l'ho fatto in base alle esperienze quotidiane, storie sentite anni prima e poi imbastite in una storia, in una storia.

Io parto dal finale delle storie, parto dal colpevole, dalla motivazione e poi inizio a lavorare: cosa spinge la maggioranza dei criminali a fare un crimine? Potere, denaro, torti subiti, cose anche banali, come dal cucchiaino di zucchero con cui si arriva allo zucchero filato.

I tempi e i ritmi della narrazione sono importanti: non esiste tensione se non c'è il ritmo, più ci sono le aritmie, più è caticardico, per spiazzare il lettore, che deve stare scomodo, non deve sentirsi rassicurato.

A me piace far paura- dice Paola Berbato: se hai paura con un libro, quando lo chiudi quella paura te la godi, non corri nessun rischio dopo che questo ti ha mostrato l'immagine della paura.

Romano De Marco ha vinto il premio Nebbia Gialla nel 2020, per il precedente romanzo, Quando la notte ci cerca: ma quest'ultimo non incrocia la storia del precedente, parla di un profiler che si è nascosto in un paese della provincia toscana.

Perché leggerlo? Mi applico libro dopo libro, cerco di migliorarmi. Questa è all'apparenza una storia già raccontata, la storia di un serial killer. Le storie che raccontiamo fanno parte di un canovaccio già sentito ma ogni autore deve metterci del suo e andare fuori dalla trama.

Tre personaggi principali: il cacciatore di anime che sta vivendo un dramma personale, l'investigatore che vorrebbe andarsene via da quel posto e poi l'assassino che gioca con gli investigatori.

Questo è stato scritto mescolando la prima persona e la terza, per entrare nella mente delle persone, con dei flashback.

Anche la metrica è stata curata, intercalando i pensieri dell'assassino con la storia dell'indagine.

Il romanzo è ambientato a Peccioli, provincia di Pisa: me lo avevano chiesto gli abitanti di questa cittadina di scriversi un romanzo. Ho conosciuto il borgo nel 2016, tutte le risorse economiche (che derivano da un impianto di smaltimento rifiuti) sono investite in cultura: tre musei, un anfiteatro, opere di scavi archeologici.

E una rassegna letteraria dove, anni fa, Romano De Marco è stato invitato: sull'invito di creare una storia, sono partito da una vecchia idea, un poliziotto ritirato in provincia.

Questo romanzo racconta Peccioli seguendo la storia di alcuni delitti avvenuti vicino a delle opere d'arte.

Nel romanzo c'è un personaggio, uno scrittore di storie rosa: è un biker con una crew, ma poi deluso dall'esperienza era diventato scrittore.

Un contrasto tra l'aspetto fisico e la realtà che ho voluto costruire.

Quando scrivi un giallo, un thriller, firmi un patto col lettore: rispetto alle regole di Van Dyke degli anni venti, la sola regola che è decaduta è quella delle storie d'amore, i sentimenti che oggi troviamo nei gialli.

Quella di Perissinotto è una storia di cronaca, il massacro di una setta di fanatici religiosi.

I miei romanzi partono dalla realtà, ci sono storie che lavorano dentro da anni: questa in particolare mi lavorava dentro dal 1978, quando avevo 14 anni.

Io questa storia la vedevo dall'alto, un mosaico con tante tesserine che vedevo in bianco e nero. Quel mosaico era composto da 910 cadaveri, persone che si erano suicidate, perché il loro Dio, il reverendo Jones aveva detto loro che era ora di andare in paradiso.

Il punto di partenza è sempre una storia vera: non l'ho raccontata prima perché mi mancavano i personaggi romanzeschi, li ho dovuto trovare nell'America vera, in Colorado dove ho insegnato per diversi mesi.

Romanzo dopo romanzo, ho affinato la tecnica, le immagini del romanzo si immaginano bene nella mente e questo l'ho scritto in pochi mesi.

La chiave per raccontare la storia del massacro, è quella di un personaggio femminile: Elizabeth è una donna molto bella che ha avuto una infanzia difficile (per colpa del del reverendo Jones), ha vissuto per la sua bellezza, facendo la spogliarellista.

L'autore si è ispirato ad un incontro fatto con una cameriera, a Frisco, una ragazza che si era inventata una storia, quella della nonna originaria di Roma. Una storia inventata perché nella sua si sentiva inadeguata.

Elizabeth era scampata al massacro: a questo suicidio di massa sono scampati in quindici tra cui l'avvocato della setta: l'Elizabeth della storia conosce i segreti di questa storia.

Nel romanzo ci sono tempi diversi: c'è l'adesso dove Elizabeth aspetta di venire uccisa, c'è un tempo più vicino, che racconta come Elizabeth arrivi a Frisco e poi 40 anni prima che spiega perché Elizabeth ha vissuto quella vita e perché adesso ha un appuntamento con la morte. Appuntamento che nel 1978 aveva solo rinviato.

Per raccontare la storia del massacro, ho usato il thriller, la tecnica della paura, della tensione: questo è il primo romanzo che ambiento negli Stati Uniti, mi è venuta in mente una conversazione con Faletti e Connelly dove si parlava del linguaggio del thriller.

Ascoltando i loro discorsi, ho imparato quella scrittura: un linguaggio semplice, frasi brevi, soggetto predicato complemento, ogni frase una stilettata.

Nel romanzo c'è anche un aspetto erotico, quando Elizabeth incontra un ragazzo più giovane a cui concede la sua nudità, senza andare oltre.

Perché continuare a leggere? L'ultima domanda rivolta ai tre scrittori

Perché si continua a respirare (Barbato).
Perché la vita va avanti (De Marco).
Perché scrivere e leggere sono l'estensione del nostro vivere verso esperienze che non ci sono state date (Perissinotto)

Nessun commento: