La tempesta perfetta è quella che si sta per abbattere sulla nostra economia e per questo diventa urgente decidere cosa finanziamo con i 209 miliardi di euro che arriveranno dall'Europa.
Iacona ne ha parlato con Paolo Gentiloni, commissario degli affari economici, la struttura che dovrà valutare i nostri progetti.
Cosa può fare l'Europa per contenere il contagio?
L'Europa – ha risposto Gentiloni – deve dare standard comuni, le zone arancio, le zone rosse, anche se non è nei poteri.
L'altra cosa è la grandissima e inaspettata disciplina nel rispettare le norme pubbliche e che dovremo continuare a rispettare.
Le spese sostenute dall'Italia, per la cassa integrazione, per l'extra deficit, pregiudicheranno la ripresa?
Secondo Gentiloni questa spesa era prevista e incoraggiata: in tutta Europa si sono visti applicare gli stessi meccanismi di cassa integrazione visti in Italia.
C'è incertezza, fino ad agosto c'è stata una ripresa forte, ma da settembre l'incertezza ha rallentato il ritmo.
L'Unione Europea ha sospeso il patto di stabilità, per la prima volta. L'Europa abbandonerà l'austerità?
Nessuno dei paesi europei starà nei parametri del 3% del deficit, Gentiloni ha detto che difficilmente si cambieranno le norme sul deficit ma potrebbero cambiare i percorsi per avvicinarsi alle soglie previste.
Il fondo cerca di ridurre queste differenze tra paesi: i soldi non devono essere usati per abbassare le tasse, non un taglio generalizzato per abbassarle a tutti, ma in modo mirato per certi settori.
Il governo dovrà prendere delle decisioni che avranno un impatto nel lungo periodo, che risolvano problemi che stanno strozzando la nostra crescita. Ma il governo deve prendere le decisioni a breve termine, per le prossime generazioni. Ci vuole molto coraggio.
Il next generation Ue è legato a controlli sulla democrazia: ci sono paesi che stanno osteggiando questi vincoli (come l'Ungheria). Il fondo potrebbe essere bloccato?
Gentiloni è ottimista, i negoziati e gli accordi non hanno tolto le divisioni tra i paesi, l'Europa non è uno stato federale, ma il progetto comune si è dimostrato più forte degli stati singoli.
Abbiamo bisogno di qualità nei piani e abbiamo bisogno che ci si sbrighi per evitare che il contributo europeo sia spostato avanti nel tempo.
E' l'ultimo treno per l'Italia e per l'Europa?
Se non cogliamo questa opportunità, potremmo non averne un'altra, ammette Gentiloni, che in questo piano ha una “fiducia battagliera.”
Nei primi sei mesi l'Italia ha esportato meno merci per un valore di 36 miliardi di euro in meno, un caso rispetto al 2019 del 15% che non si registrava dalla crisi del 2008. Dopo il tonfo di aprile i dati sono in risalita, ma siamo ancora lontani dai valori pre-covid.
Dal porto di Venezia transitano 180mila container l'anno, di merci verso l'Africa o verso i mercati asiatici, lo sbocco primarie delle filiere produttive del Veneto, una delle regioni più votate al commercio internazionale e dunque più colpite dalla crisi.
Il porto è l'area di sbocco di un'area che produce il 10% del PIL: oggi il piazzale del porto non è trafficato e serviranno altri tre anni per tornare ai vecchi volumi di merci.
Meno merci significa meno lavoratori che lavorano nel porto: persone che ora con la cassa integrazione fanno fatica ad arrivare a fine mese.
Le difficoltà del porto sono solo un assaggio della crisi nel Veneto: nell'entroterra ci sono infatti ben 17 distretti industriali che raggruppano migliaia di aziende che esportano praticamente tutto ciò che producono, è la piccola e media impresa che è riuscita negli anni ad inserirsi con successo nelle cosiddette catene globali del valore e a conquistare il mondo con i propri prodotti. Ma è proprio questa vocazione all'export che oggi le rende vulnerabili.
Presadiretta ha sentito l'opinione di Gianluca Tocchi della Fondazione Nord Est: “Se l'export non riparte è un problema, per tutta l'Italia, ma un problema particolarmente per quest'area”.
Prima si sono fermati i paesi produttori delle materie prime usate dalle industrie venete, poi si sono fermati gli ordini.
Quali le catene del valore che, in Veneto, sono state maggiormente danneggiate: è sempre Gianluca Tocchi a rispondere, raccontando che nel mercato asiatico è molto sensibile il settore della moda, ma sicuramente una delle più danneggiate è quella della meccanica.
Il 20% dell'export del Veneto è generato da macchinari e impianti: una di queste aziende nel settore metalmeccanico è la Ravagnan, che da Rovigo esporta in tutto il mondo: i cilindri in acciaio che hanno prodotto rimangono a far ruggine perché i clienti internazionali sono in crisi. Non solo non ordinano più, stanno anche cancellando ordini passati.
Qui lavorano sulle poche commesse rimaste: se normalmente l'azienda occupa 50 persone, adesso ce ne sono solo 15 e il grande capannone di assemblaggio è quasi vuoto.
Qui sono in cassa integrazione, perché il 50% delle merci sono per l'estero ed è quasi tutto bloccato: si è perso moltissimo come produzione, circa il 30% sul budget annuale.
E la ripresa non darà benefici nell'immediato: il mercato domestico è diventato un po' più presente, ma hanno dovuto chiudere cantieri in Messico, in Perù, in Brasile, non hanno ancora un'idea delle riaperture. “Il mondo è diventato all'improvviso molto grande”.
Hanno bisogno del mondo anche nel distretto calzaturiero della Valle del Brenta che esporta più del 90% della produzione. Parliamo di 10 mila lavoratori su 500 azienda che producono 19 milioni di paia di scarpe all'anno.
Parliamo di 1,5 miliardi in export, una miniera d'oro per la bilancia commerciale italiana che ora rischia di esaurirsi.
Qui parliamo di manifattura di precisione che lavora per un mercato specifico: il mercato russo chiede un prodotto carico di accessori, quello cinese chiede prodotti sobri. Cambiare mercato è difficile.
Gilberto Ballin racconta che questo settore ha perso il 40% della produzione ed è ora preoccupato per il futuro.
“Non nascondo che in questo momento gli aiuti statali sono cruciali ” - dice Gilberto Ballin presidente Acrib - “quello che ci preoccupa di più è che venga sospesa la cassa integrazione, questo è stato un ammortizzatore sociale che ha tenuto a galla molte aziende in questo momento.”
Elena Terrin è una imprenditrice di questo distretto e sta già subendo il mancato arrivo di ordini per la prossima stagione. Per avere aggiornamenti si collega in video conferenza coi suoi responsabili vendite da Mosca e da New York.
Da Mosca, parla la responsabile: “i negozi sono aperti ma le vendite non ci sono, la gente non cammina per le strade quindi anche se ci sono stati ordini a febbraio e marzo, sono stati annullati.
Anche settembre e ottobre, tutto cancellato. Per il momento la Russia è chiusa.”
Da New York, il collega: “parlavo ieri con clienti della west coast ma anche del midwest e non pensano neanche a fare visite allo show room.”
C'è una caduta delle domanda estera senza precedenti: la crisi avrà effetti per tutta la prossima stagione, il governo ha parametrato gli aiuti col fatturato dei mesi passati.
Ma per queste aziende, aprile non è un mese di fatturazione e dunque molte aziende non hanno ricevuto nessun aiuto.
La crisi delle aziende si ripercuote poi sulla società: molti clienti, raccontano dalla banca, hanno congelato il mutuo.
Altre famiglie hanno chiesto aiuto alle banche: è stata una crisi dagli effetti immediati, raccontano dalla banca, e ci si aspetta un autunno difficile, perché gli interventi del governo (il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione) hanno procrastinato gli effetti.Qui temono che la crisi in questa regione possa poi toccare tutto il paese.
A Rovigo c'è il distretto delle macchine da parco giochi: ma poiché questo settore è fermo, si lavora solo per ordini vecchi.
Anche qui vedono un autunno nero, hanno pochi ordini: al governo chiedono aiuti a fondo perduto e una ulteriore moratoria da parte delle banche, non per pochi mesi, ma per anni.
Senza ordini, non si possono fare investimenti, in nuove tecnologie e in nuove idee: significa rimanere fermi e rischiare così che altre aziende ti passino avanti. Significa tagliare lavoro che si da ad altre aziende.
La pandemia spezza le catene globali del lavoro, facendo contrarre sia la domanda che l'offerta. E i prossimi mesi saranno ancora brutti, ci dice il servizio dal Veneto.
Ci sono però settori che già oggi possono fare i conti della crisi: come il turismo a Firenze.
Strade e piazze vuote, musei vuoti, nessun turista, serrande dei negozi chiusi e alberghi chiusi.
Nell'albergo del signor Barbarisi si lavora molto coi turisti, il 70% stranieri: ha perso tutto il fatturato nei mesi del lockdown. Se si riapre ci saranno solo costi e pochi ricavi: il rischio è non aprire più.
A Firenze ci sono circa 600 alberghi: sono 41mila le persone nel turismo l'8,5% degli occupati: solo nei 2000 ristoranti lavorano 15mila persone. Pasquale Naccari è uno dei ristoratori della città: da lui lavorano 24 persone, in condizioni normali, oggi invece ne lavorano dieci. Gli altri verranno lasciati a casa.
La sua banca non ha aderito al decreto Covid e ha fatto fatica ad accedere al credito bancario (molti hanno un reddito superiore ai centomila euro).
La crisi dei ristoranti ha messo in crisi tutta la filiera, partendo dai fornitori di birra e bevande che hanno ancora la merce invenduta nei depositi.
Uno di questi è stato intervistato da Presadiretta: Matteo Magherini ha raccontato delle spese a cui deve far fronte, della cassa integrazione, la merce che dovrà essere buttata via.
“Se io ero in difficoltà economiche avrei già chiuso.. ho fatto la richiesta di finanziamento per il 25% del fatturato , quindi 1,7 ml di euro da restituire in sette anni, per pagare fornitori e magazzini .. ma se i milioni di turisti non arriveranno tra un anno e ne passeranno due?”
Avrebbe bisogno di un contributo per far fronte al calo degli incassi, alle tasse: “non posso aspettare le banche per 4 mesi che erogano un prestito”. Se si aspetta troppo per i prestiti, è troppo tardi, si chiude.
Dietro questo imprenditore, ci sono persone, i dipendenti amministrativi, gli autisti, gli agenti di commercio a partita Iva.
Quelle che hanno preso ad oggi i 600 euro del governo con cui far fronte alle spese di casa, mutuo o affitto: “non si chiede elemosina, si chiede soldi a fondo perduto, avevo dei soldi da parte però ora stanno finendo, se non arrivano altri soldi sarò costretto ad andare a mangiare alla Caritas.”
Come tante altre persone, non solo a Firenze e non solo dall'arrivo della pandemia.
Alla Caritas arrivano persone che all'improvviso si sono trovati senza lavoro, stagionali, persone con contratto precario o persone a nero: secondo una stima della CGIL, nel mondo del turismo le persone coinvolte da questa crisi sono circa 120 mila.
Scomparsi i turisti sono andati in crisi i piccoli artigiani, i farmacisti, gli affittuari del b&b: una città in ginocchio, dicono.
Anche l'industria degli eventi è andata in crisi: col covid non si fanno concerti, non si fanno i circa 16mila eventi l'anno che si erano fatti nel passato.
Concerti rock o congressi dedicati a tematiche diverse: dalla scienza, al wedding planner, alla moda. Eventi che richiamano turisti, che poi spendono nella città, che portano anche conoscenza.
Quanto è stata la perdita di fatturato a Firenze? A maggio il comune aveva problemi di liquidi, per cui si rischiava di spegnere le luci. Il sindaco Nardella ha dato dei numeri: sono mancati 48ml dell'imposta di soggiorno, per esempio, per un totale da 200ml come disavanzo.
In totale i comuni italiani hanno un disavanzo di 7 miliardi.
Quattro mesi dopo come sono andate a finire le storie delle persone intervistate a Firenze?
Barbarisi, l'albergatore ha dovuto licenziare due collaboratori.
Magherini il grossista di bevande ha dovuto gettare merce scaduta e si è indebitato con le banche.
Bellucci, organizzatore di Firenze Rocks non lavora da mesi e ancora ora non si sa quando si potrà cominciare.
Pitti uomo ha dovuto creare una piattaforma online per far incontrare venditori e compratori.
In studio era collegato il sindaco Nardella, che parlava a nome di tante città d'arte: ai comuni servono soldi e non possono essere tenuti fuori dai fondi europei, devono poter presentare le loro proposte.
Città dinamiche e internazionali come Firenze e Milano sono state colpite – ha spiegato Nardella: abbiamo bisogno di guardare con speranza al futuro, sapendo che arriveranno delle risorse a breve (1 miliardo di perdita nel turismo, nella città metropolitana).
Niente risorse a pioggia, ma va puntato su infrastrutture: i comuni potrebbero essere più efficienti nello spendere i soldi, racconta Nardella.
Ai comuni arrivano i bisogni di cittadini e delle imprese; i comuni si sono dimostrati capaci di spendere le prime risorse messe dal governo, come i buoni pasto.
Nardella sta lavorando col ministro Amendola per far sì che i soldi arrivino alle città, in modo che queste possano fare il grande salto.
Ma tutto passa dalla battaglia per la salute, va fermato il contagio: Nardella ha lanciato il suo appello ai cittadini, va evitato un secondo lockdown, rispettando le regole basilari.
Mascherine da indossare, va data priorità a scuola e salute, rinunciando ad alcune attività del nostro tempo libero.
C'è poi il fattore m. La mafia.
La mafia ha tanti soldi e tanta intelligenza per utilizzarli. Quando ha capito che le aziende avevano bisogno, si è subito organizzata.
A Palermo, allo Zen, molte persone lavorano in condizioni di povertà: per le famiglie bisognose si organizzano pacchi della spesa, ma i carabinieri hanno scoperto che dietro c'è un signore, fratello di un mafioso.
La mafia che cerca consenso? “Qua siamo solo per giocare” dicono alla bocciofila, l'associazione che ha organizzato i pacchi per la spesa.
I carabinieri, per bloccare questo tentativo demagogico, ha fatto le sue indagini: il rischio è che la mafia si infili negli spazi lasciati liberi dallo Stato e dai bisogni delle persone.
A Palermo c'è lavoro nero per un terzo della popolazione e la mafia cerca consenso dando aiuti, dando lavoro.
Aprendo un locale ortofrutticolo abusivo, grande 2000 metri quadri: a gestirlo c'era una persona con precedenti, col beneplacito della mafia, del mandamento della Noce.
Nel maggio scorso la Guardia di Finanza a Palermo in un blitz ha arrestato 91 persone tra cui i rampolli dello storico clan dei Fontana, delocalizzato in Lombardia.
Un clan che aveva accumulato con le estorsioni tanti soldi: per il gip che ha firmato gli arresti la mafia è pronta a sfruttare la crisi del covid, le aziende (anche al nord) con l'acqua alla gola, perché gli aiuti dello Stato potrebbero arrivare in ritardo.
Lo ha anche ripetuto davanti ai microfoni di Presadiretta, il giudice Piergiorgio Morosini: “è un rischio concreto, parlo soprattutto delle piccole e medie imprese, di aziende che operano nel settore del turismo, i bar, la ristorazione, le strutture di ricezione. Queste strutture stanno soffrendo la crisi di liquidità per il pagamento degli stipendi ai dipendenti, per i pagamenti dei canoni di affitto e degli oneri fiscali. Potrebbero trovarsi nella condizione di doversi rivolgere a soccorsi impropri che poi potrebbero trasformarsi in forme di aggressione del loro capitale, del loro patrimonio, della loro azienda.”
La mafia ha messo in piedi un sistema bancario parallelo: la crisi del covid gli ha spalancato la strada. Non serve minaccia, non serve praticare tassi di usura alti, sono le aziende che ora ti cercano. Queste cose le raccolta da Sos Impresa (www.sosimpresa.it).
Non è solo un problema di Palermo e del sud: la costa riminese coi suoi alberghi è da sempre terra di conquista per la criminalità organizzata e per i suoi capitali da riciclare.
Nel 2019 la GDF ha intercettato 29 passaggi di proprietà sospetti e sequestrato beni per 110 milioni di euro: qui stanno arrivando strane offerte dietro cui si potrebbe nascondere la criminalità organizzata.
Lo racconta Filippo Donati, presidente Assohotel Emilia Romagna: ci sono annunci di prestiti urgenti, con denaro disponibile che arrivano e chi ha un minimo di lucidità deve starne al largo.
“E' chiaro che qualcuno in difficoltà potrebbe dire, vabbè guardiamo di cosa si tratta, ci vuole coraggio, ma più che coraggio è la disperazione.”
Dietro questi annunci ci sono offerte predatorie che puntano sulla disperazione delle persone, in molti casi c'è anche la mafia.
Dove non arriva lo Stato ad aiutare, c'è un altro stato che magari arriva col sorriso e poi ti uccide: gli usurai di cui è stato vittima un imprenditore intervistato da Danilo Procaccianti.
Piena di soldi è la ndrangheta, che opera in tutti i settori: villaggi turistici, stoccaggio rifiuti, supermercati.
Un'inchiesta della procura di Reggio si era occupata proprio di questo: l'operazione Malapianta ha smantellato una locale a Crotone, con 35 arrestati.
Mafiosi che si occupavano di estorsione, alla luce del sole, a Crotone.
Traffico di droga, usura, estorsione: è questo il core business della ndrangheta che porta tanto denaro liquido che poi a sua volta, le da quella forza economica per far fuori gli altri imprenditori. Il tutto condito con la violenza criminale delle mafie.
Sotto questa locale, quella di San Leonardo di Cutro, tutta l'economia era TUTTA sotto il controllo della locale: decidevano chi lavorava, dove si compravano i beni.
LA ndrangheta ha spolpato tutta l'economia sana della zona: tutti gli imprenditori venivano minacciati, come Giovanni Notarianni, che oggi vive sotto scorta.
Per anni Giovanni ha pagato il pizzo, fino a che ha deciso di denunciare: al giornalista ha spiegato come la ndrangheta penetra nelle società, come minaccia le persone, come controlla tutto il territorio. Questa pandemia, questa emergenza per loro è un vantaggio.
Roberto Saviano lo spiega in un collegamento video intervistato da Danilo Procaccianti: “le organizzazioni mafiose cercano l'emergenza, l'emergenza crea velocità negli affari, stato di eccezione, ..”
Nelle passate emergenze c'è stato un doppio guadagno per loro: “la maggior parte delle organizzazioni mafiose investe nelle pompe funebri, nelle lavanderie ospedaliere, nella distribuzione di benzina e generi alimentari. Quanto è iniziata la pandemia questi settori hanno iniziato a fatturare moltissimo. Dall'altro lato però c'è stato anche il guadagno illegale, nuovo: il picco di usura è stato già provato dalla procura di Napoli, su Napoli abbiamo già una prova importantissima, tenendo gli interessi bassissimi, in alcuni casi togliendoli proprio, cioè ti servono tremila, eccoti tremila e mi devi ridare tremila. E qual è il vantaggio? Ci sarà dopo. Busseranno dopo, chiederanno dopo”.
Danilo Procaccianti ha chiesto allo scrittore di commentare la dichiarazione del procuratore Lombardo, di Reggio Calabria: alla fine dell'emergenza ci sarà la più grande operazione di doping finanziario che abbiamo mai visto nella storia.
“Oggi le organizzazioni hanno la capacità di fare cappotto, prendersi tutto a costo zero. Nei prossimi mesi sarà talmente evidente che ci saremo trasformati in una economia mafiosa. Lo so che sembra radicale quello che sto dicendo, ma è proprio oggettivo che si vada in questa direzione.”
Il governo ha peccato sulla velocità: può ancora fare qualcosa?
“Soldi, soldi, soldi. Sì, l'elicottero che lancia i soldi. Sento già la voce, eh ma così una parte va ai soliti banditi. Certo, è un rischio che dobbiamo correre, è l'unica possibilità, tenendo conto che loro una parte di quei soldi se li prenderà comunque. Se non si fa così succederà che loro si prenderanno tutto. Con niente.”
Il governo ha messo, in vari provvedimenti, i soldi per coprire e proteggere gli italiani: cassa integrazioni, prestiti garantiti che dovevano essere erogati dalle banche. Ma tra il dire e il fare è passato il tempo.
Presadiretta ha ricostruito quanto è successo tra aprile e maggio: a Treviso, la crisi ha colpito gente come Andrea, barista in centro.
Molte attività sono andate in crisi per mancanza di liquidità: non sono state in gradi pagare fornitori, collaboratori, in quei mesi.
Questo problema ha colpito per lo più imprese piccole: queste avevano due fondi per avere liquidi, le risorse personali e le banche.
Le banche dovevano mettere liquidi con prestiti garantiti dallo Stato, fino al 90%: i soldi dovevano arrivare subito, doveva essere un “atto d'amore”.
Ma invece molte banche si sono comportate in modo diverso: i soldi facili non sono sempre arrivati, molte hanno chiesto il rientro di debiti agli imprenditori.
A Palermo nessuna impresa ha avuto i 25mila euro promessi: così oggi 40 ristoratori hanno depositato le licenze, le piccole imprese non sopravviveranno.
E se hanno già chiuso, non riapriranno.
Marco di Giovanni è uno di questi: a febbraio si è trovato senza soldi liquidi e la banca non gli ha concesso il blocco del mutuo, nessuna flessibilità, solo un muro.
L'Istat parla di una caduta del PIL del 12%, a rischio ci sono 2 ml di posti di lavoro: tornando nei capannoni del nordest,a Verona, Danilo Procaccianti ha incontrato imprese che non stanno ricevendo ordini e che ora rischiano rimanere bloccati.
In un anno si parla di un calo di fatturato del 40%, significa non essere in grado di sostenere costi, di mandare a casa i dipendenti.
A Legnano Silvia Gorlini parlava della sua azienda, che quest'anno compie 70 anni: sono specializzati in serramenti in legno poi col covid zero ordini.
Si sono rivolti alle banche, ma siccome avevano già in fido aperto, hanno concesso solo un finanziamento irrisorio nonostante la sua azienda fosse sempre stata affidabile.
I 400 miliardi del governo sono solo di carta: dovevano arrivare ad aziende in sofferenza, che sono state segnalate alle centrali di rischio per cifre irrisorie.
Ad aprile sono stati erogati solo 5 miliardi di euro di crediti: come mai le banche non hanno erogato subito i soldi necessari, il bazooka da 400 miliardi?
A luglio 2020, Danilo Procaccianti ha intervistato Lando Maria Sileoni del sindacato FABI: quella del governo è stata solo una operazione di marketing, non ha messo nessun vincolo alle banche, che hanno preferito tutelare sé stesse bloccando il credito. Sono cose note dal governo, dalla Consob, da Bankitalia, dicono dalla FABI.
Queste storie le conosce Carla Ruocco, presidente della commissione parlamentare sul sistema bancario: si conoscono le banche che si sono comportate male (come Monte dei Paschi) e quelle che hanno concesso crediti.
Le banche si sono giustificate dicendo che per loro concedere crediti come richiesto non era economico: ma se il tessuto produttivo muore, muore anche il sistema bancario.
Cosa dice Abi? Gianfranco Torriero vice direttore, da la colpa alla norma del governo, troppo complessa, la norma poi non escludeva il controllo del credito, anche per 25 mila euro.
La realtà è che le grandi imprese sono state privilegiate: a loro i prestiti sono stati garantiti dalla SACE (come successo a FCA per il suo dividendo).
Le grandi imprese in Italia stavano bene, prima della crisi, erano già pronte a spartirsi i dividendi, non avrebbero bisogno degli aiuti dello Stato, ma lo chiedono lo stesso perché i soldi dello Stato costano loro meno.
Ma la sostenibilità del sistema è però minata: i dividendi finiscono ai privati, ma se poi chiedono la cassa integrazione, sono soldi pubblici. E questo non è eticamente non accettabile.
La stima dei prestiti erogati alle banche è oggi salita al 70%, 13,9 miliardi euro sono finiti nelle grandi imprese: c'è voluto tempo, nel frattempo si è arricchita la mafia, in questi mesi il reato di usura è cresciuta.
E per la cassa integrazione ci sono ancora 300 mila domande da verificare: in totale siamo arrivati a 3 miliardi di ore in totale, una cifra mai vista prima.
Ma la coperta del governo, seppur parziale, non sarà infinita: ecco perché non possiamo più permetterci un nuovo lockdown, ecco perché servono strutture che soffochino i nuovi cluster, che consentano di tracciare i contagi.
La prossima puntata toccherà il tema della filiera alimentare, con altri imprenditori strozzati dal sistema della grande distribuzione.
Pensiamoci quando troviamo in un supermercato offerte super scontate di frutta e verdura: il sistema della grande distribuzione oggi uccide i piccoli produttori. Il prezzo ingiusto del cibo.
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