Sandro Arlacchi
Il 12 dicembre smisi di essere un ragazzino. Mio padre quel giorno non aveva in programma di andare a Milano. Verso mezzogiorno lo chiamò invece un suo collaboratore dicendo di raggiungerlo nella piazza della banca, dove ogni venerdì si svolgeva il mercato degli allevatori. C'era un affare da concludere, gli disse.
La vendita di un terreno: doveva fare da mediatore. Il primo a sapere cos'era successo fu il parroco, ma non ebbe il coraggio di dircelo. Incaricò il medico, che alle 19.30 venne a casa nostra.
Ci disse che in mezzo ai feriti c'era anche mio padre ...
Ogni tanto serve voltarsi indietro, per vedere da dove si è arrivati, per comprendere il presente serve conoscere il passato.
E il passato del nostro paese, se ci limitiamo al periodo del secondo dopoguerra, è un intreccio di storie di spionaggio, ricatti, cadaveri eccellenti, stragi, tentate stragi e tentati colpi di Stato.
Uno Stato che ha dovuto fare i patti col diavolo sin dall'inizio, sin dallo sbarco degli americani e della guerra ai comunisti nella Sicilia di Portella della Ginestra.
Uno Stato che era dal lato degli Alleati, dell'America liberale e che però aveva al suo interno il più grande e importante partito comunista europeo.
Uno Stato che, lo dice la storia, lo dicono gli stessi testimoni, almeno fino alla caduta del muro di Berlino, viveva in una situazione di sovranità limitata. Nessuna autonomia politica, nessuna possibilità di alternanza politica tra destra e sinistra, nessuna indipendenza energetica, tanto meno di geopolitica.
Certo, negli anni del dopoguerra ci siamo sollevati dalle macerie, abbiamo avuto il boom che ha arricchito il paese in modo diseguale, portando al nord una marea di italiani del sud in cerca di fortuna.
Abbiamo fatto scoperte scientifiche importanti, nel settore chimico, nella medicina.
Ma.
C'è sempre un ma. C'è sempre quello stato che ha trattato con mafiosi, con tagliagole, con parassiti, che ha preso ordini da oltre atlantico dall'ambasciatore di turno (sin dai tempi di Clare Boothe Luce che voleva mettere fuorilegge il PCI), dal fratello massone di turno.
Simone Sarasso in questo romanzo (primo di una trilogia) scritto nemmeno troppi anni fa, racconta questa storia, in modo nuovo, prendendo spunto dalla storia reale e mettendoci dentro delle sue invenzioni, nei buchi.
In Confine di Stato si racconta un ventennio, dai primi anni cinquanta ai primi anni settanta, attraverso tre diversi episodi che hanno segnato la nostra storia: la morte di Wilma Montesi (il caso Montesi), l'attentato sui cieli di Bascapè al presidente dell'Eni Enrico Mattei e la strage di Piazza Fontana.
Lo fa in modo diverso, prendendo spunto dai romanzi di Carlo Lucarelli (e dai suoi racconti nella trasmissione Blu Notte), dal maestro James Ellroy (da cui ruba letteralmente dei personaggi) e dal Giuseppe Genna.
L'incipit del romanzo, una carrellata verso la banca dell'Agricoltura, in quel maledetto 12 dicembre del 1969, è ispirato a Grande madre rossa.
Milano 12 dicembre 1969
Camera a volo d'uccello sulla città.
Sfere gassose anonime, grigio chiaro.
Nessun sonoro. Solo il sibilo del vento, tagliente.
La camera scende, scende sulla città,
da piazza del Duomo fino a piazza Fontana, fino a dentro alla Banca
Nazionale dell'Agricoltura, dove un uomo ha posato la sua borsa sotto
il tavolo al centro della stanza all'ingresso, per poi andarsene.
Tic tic, fino alle 16.47. Poi lo
scoppio.
Un ragazzo in divisa è il primo dei soccorritori.
Scorge una mano che si agita. Stringe quella mano. Tira forte. Stretto nel suo palmo rimane giusto un braccio.
E' scoppiata la bomba in piazza Fontana.
I personaggi del libro sono riconoscibili dietro i nomi inventati dall'autore. Nella prima parte, Operazione sorpasso, si parte con la scoperta del cadavere di una giovane donna, sulla spiaggia di Torvajanica.
Si chiama Ester Conti, era uscita di casa due giorni prima e ora è morta: si intuisce subito che si sta parlando di Wilma Montesi, la ragazzo romana che, in una prima istruttoria si disse fosse morta per un pediluvio.
Sarasso è bravo a raccontare la storia del caso Montesi (il clamore sulla stampa, nell'Italia contadina e bigotta degli anni '50, le accuse al figlio del senatore Piccioni, il processo al giornalista che aveva parlato delle cene a base di sesso e droga a Capocotta con notabili della DC). E poi il dietro le quinte.
Le menzogne fatte uscire sui giornali, per una guerra interna alla DC per la successione di De Gasperi.
Chiunque si avvicini alla verità, come il giornalista che bazzica nei bassifondi Lorenzo Trama, deve essere fermato. Il potere, quel potere marcio e violento, sarà spietato.
Nella seconda parte, Il gioco pesante, l'obiettivo è invece annientare il "padrone d'Italia", presidente dell'ente petrolifero Riviera, che ha deciso che l'Italia deve avere la sua autonomia energetica, anche andando a trattare coi paesi produttori, tagliando fuori le sette sorelle.
Chiaro il riferimento ad Enrico Mattei e alla sua Eni.
“Una ventina di anni fa ero un buon cacciatore. Avevo due cani — un bracco tedesco e un setter — e cominciando all’alba e finendo a sera, su e giù per i canaloni, i cani erano stanchissimi. Ritornando a casa dei contadini, la prima cosa che veniva fatta era dare da mangiare ai cani e gli veniva dato un catino di zuppa, che forse bastava per cinque. Vidi arrivare un gattino grande così, magro, affamato, debole. Aveva una gran paura, e si avvicinò piano piano. Guardò ancora i cani, fece un miagolio e appoggiò uno zampino al bordo del catino. Il bracco tedesco gli dette un colpo lanciando il gattino a tre o quattro metri, con la spina dorsale rotta. Questo episodio mi fece una grande impressione… Ora però ci siamo fatti più scaltri. Nel catino della zuppa degli Americani adesso ci infiliamo tutto il muso. Dovranno dividerla con noi, volenti o nolenti…”
Ancora una volta, quello stato nello Stato, per fermare Mattei, o Riviera, si muoverà in modo spietato, un braccio armato che vede a fianco mafiosi, il re della droga (Il mago, un personaggio che ricorda Ronald Stark), e quell'Andrea Sterling, filo rosso, o nero, che organizza il sabotaggio all'aeroporto di Catania.
Perché quello che va fatto, va fatto, perché è la scelta giusta, come quella di Abramo che stava per sacrificare il figlio. Non si può fare la guerra all'America.
Infine la madre di tutte le stragi, nella terza parte "Alzo zero", la strage di Piazza Fontana. Siamo a fine anni 70, dopo un autunno caldo, segnato dalle manifestazioni della sinistra e degli studenti delle università. Serve un segnale forte, affinché la rivoluzione dei comunisti venga bloccata. Un segnale che permetta la svolta autoritaria a destra dello stato.
E il segnale è la bomba, anzi le bombe di quel 12 dicembre 1969: e non importa se devono morire delle persone. È nell'interesse superiore dello stato, per la causa.
Il personaggio dell'editore e facilmente individuabile in Giangiacomo Feltrinelli, trovato morto sotto un traliccio dell'Enel. Finanziatore dei movimenti extraparlamentari e diventato ideologo della rivoluzione a sinistra.
Morto in uno strano suicidio: come quello di Giuseppe Pinelli (colpevole della strage perché anarchico); come quello di Peppino Impastato ...
Anche qui i personaggi sono nascosti dietro nomi fittizi: Ismaele Voltri è Valpreda (il mostro da sbattere in prima pagina); dietro i neofascisti Mario Gelo e Leone ci sono gli ordinovisti Freda e Ventura. Si riescono a riconoscere (dietro le quinte) Pino Rauti e un giovane commissario della questura di Milano, Achille Serra.
Queste le storie, in mezzo alle quali si muove Andrea Sterling, un personaggio che è la personificazione del Male, il filo nero che unisce i delitti più efferati e oscuri compiuti nel nostro Paese.
Confine di Stato racconta un pezzo della storia del nostro paese, è il primo volute di una trilogia che dagli anni cinquanta arriva fino agli anni novanta.
La storia di una guerra, una guerra sotterranea, a bassa intensità, asimmetrica, che però ha ucciso, ferito, distrutto le vite di molte persone. Non solo Ester Conti, Riviera o il padre di Sandro Arlacchi.
Sterling faceva delle domande: «Perché facciamo fuori dei civili?»
Leone, calmo: «Se vuoi una frittata devi rompere qualche uovo. E poi non siamo noi ad ucciderli. Sono i rossi che fanno fuori gli innocenti. I rossi, gli anarchici del cazzo, i cinesi. Noi siamo quelli che rimettono le cose a posto dopo che loro hanno fatto il casino. Si chiama “strategia della tensione”, Sterling. Andrà un sacco di moda quest'anno.»
Una guerra che ha ucciso il futuro del nostro paese, la possibilità di una trasformazione progressista delle istituzioni e dei suoi rappresentanti.
Una guerra combattuta con le armi, col ricatto, col sesso, coi bordelli, con lo scandalo, con la droga, con la mafia. Con le menzogne sui giornali.
Una guerra combattuta con le spie:
"Cosa serve per fare una guerra? Non servono né pistole, né bombe, né coltelli .. La guerra si fa con le spie".
Questo l'insegnamento che viene dato ad un agente da parte del suo istruttore. Spie in grado di fare le operazioni sporche che chi comanda non può compiere. Spie in grado di uccidere e successivamente depistare le indagini. Spie al servizio di un potere che è riuscito, in quegli anni, a tenere in pugno il paese col ricatto, il terrore e l'omicidio.
Non leggetelo come un libro di storie, alcune conclusioni sono veramente forzate (come nello stile dell'autore): non c'è mai stato un agente dei servizi con un passato in manicomio.
Certi ordini per eliminare delle persone non possono essere arrivati dall'alto, vale sempre la regola dei cerchi concentrici, pure citata nel romanzo
Per cerchi concentrici ognuno sa che cosa deve fare. Non è che l’onorevole X dice ai servizi segreti di recarsi in Piazza Fontana e mettere una bomba. Non accade così. Al livello più alto della stanza dei bottoni si afferma: il Paese va alla deriva, i comunisti finiranno per andare presto al potere. Poi la parola passa a quelli del cerchio successivo e inferiore dove si dice: sono tutti preoccupati, cosa possiamo fare? Si va avanti così fino all’ultimo livello, dove c’è qualcuno che dice “ va bene, ho capito ”.Poi succede quello che deve succedere. Una strage in una banca, in una stazione, in una piazza, sopra un treno.
Ma questo è un libro da leggere, per ricordarsi da dove arriviamo, per ricordarsi come certi vizi derivino da lontano: il potere per il potere, il rapporto stato mafia, certa stampa al servizio del potere e non di chi legge.
La trilogia sulla storia d'Italia
La scheda sul sito di Marsilio
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