Report è ritornata sull'inchiesta sui diamanti venduti come investimento sicuro da diversi istituti bancari, un servizio sarà invece dedicato alle ambulanze, comprese quelle che servono le camere dei deputati.
Nell'anteprima il video della trattativa dentro Eni (Il video segreto)
Il tribunale di Milano ha assolto tutti i vertici di Eni e Shell per la presunta tangente in Nigeria, con la formula del “fatto non sussiste”, ovvero non avrebbero pagato alcuna tangente per il giacimento OPL 245 in Nigeria.
Gli stessi giudici accusano i due pm che hanno condotto l'accusa di non aver depositato un video che sarebbe utile alla difesa: nel video parla l'ex dirigente Eni Armanna, che avrebbe cercato di ricattare Eni in un incontro assieme all'avvocato Amara.
Nell'incontro si parlava della vendita di un Asset petrolifero che Eni voleva far comprare ad un intermediario nigeriano, KK.
Al tavolo non ci sono solo dirigenti Eni: c'è un assistente della senatrice Finocchiaro, un esponente della fondazione Italianieuropei e poi l'avvocato Amara che sembra parlare a titolo di Eni.
Amara racconta che stava registrando Armanna per poi screditarlo, prima che quest'ultimo andasse a denunciare Scaroni e Descalzi.
Questo video non è stato depositato agli atti, perché ritenuto dai pm ininfluente: i giudici non l'hanno pensata così, così oggi De Pasquale e Spadaro sono indagati dalla procura di Brescia, ma secondo Report, i vertici di Eni avevano contezza del video.
Prima dell'incontro Amara, Quinto (assistente della Finocchiaro) e Peruzy (fondazione Italianieuropei) cercano di schermare la stanza, anche Armanna quando entra nasconde il cellulare per evitare di essere intercettato. Ma qualcuno sta registrando l'incontro: era Piero Amara che stava raccogliendo materiale per screditare Armanna, l'accusatore di Scaroni e Descalzi per la concessione di Opl 245.
Ma Armanna nell'incontro anticipa le accuse che farà ai giudici, di fronte cioè ad Amara che era considerato il sensore di Eni.
Il video che i pm non hanno depositato è stato considerato dall'avvocato Severino (che ha difeso Scaroni e Descalzi) in una udienza del 2019 un vulnus, ma sempre nel corso del processo l'avvocato Fornari, che assiste il coimputato Bigotti, racconta di essere in possesso della trascrizione dell'incontro.
Le difese Eni però depositano documenti di un audit dove si parla di questo incontro del 2014: secondo l'audit di KPMG Amara era l'avvocato più pagato di Eni il quale, nel video, dice di avere il mandato da parte dell'Eni per toglierli dai guai giudiziari in Sicilia, per i danni ambientali che l'azienda avrebbe causato.
I giornalisti di Report erano venuti in possesso della trascrizione dell'incontro, così come anche Eni: l'avvocato di Armanna, D'Agostino, sostiene di aver depositato la trascrizione e che sia pacifico che il video fosse noto ai vertici Eni.
Come mai Fornari, che aveva la trascrizione, non l'ha deposita all'inizio del processo a settembre 2018? Perché Eni deposita l'audit di KPMG che analizza questo video, se poi sostiene che i due imputati Eni non ne fossero a conoscenza?
Oggi Eni accusa Report e Luca Chianca di inquinare le prove, avendo mostrato il video ad Armanna e Amara, per capire quale fosse la loro versione.
Ma, ha risposto Sigfrido Ranucci a fine servizio, non è inquinamento, si tratta di giornalismo.
Il re delle ambulanze
Il re delle ambulanze in Italia si chiama Ciccio Calderone, un imprenditore molto attivo sui social e che vanta ha appalti per la gestione del servizio ambulanze dalla Sicilia alla Lombardia.
Come hanno fatto a vincere tutti questi appalti?
La truffa dei diamanti e i controlli di BankItalia - The whistleblower
Per la prima volta in una trasmissione parla il whistleblower di Banca d'Italia, raccontando delle pressioni subite dai vertici, quando ha iniziato a controllare l'attività di vendita ai clienti dei diamanti da parte di alcune banche.
Diamanti il cui valore viene stabilito da un listino e che può cambiare col tempo, ma venduti dalle banche ad un prezzo maggiorato.
Carlo Bertini era nel team di BankItalia che faceva la vigilanza su MPS: “la mia storia inizia come responsabile di un team in BdI che vigila su una delle principali banche del paese congiuntamente a colleghi di BCE, ci imbattiamo in una problematica molto grave ..”
La banca era il Monte dei Paschi di Siena su cui stavano facendo i controlli: “c'è stato un crescendo, ad un certo punto le pressioni subite erano a mio avviso fortissime, dopo qualche mese mi è arrivata la punizione, io ho reagito in maniera molto forte. Ho dovuto lasciare immediatamente il team MPS divisione. Sono stato sottoposto, a mio avviso strumentalmente, ad una visita psichiatrica e poi alla fine mi sono arreso perché ero distrutto”.
Cosa ha fatto esplodere la sua situazione – gli chiede Luca Chianca: “probabilmente siamo andati a toccare personaggi e poteri molto forti che forse anche una istituzione come la Banca d'Italia non ha la capacità e la libertà di gestire e, nel caso, di punire”
Gli investitori compravano i diamanti come bene di rifugio, ma ad un valore anche triplo rispetto a quello reale: in questa truffa ci sono cascati anche vip, imprenditori.
A vendere diamanti era la DPI di Sacchi e la IDB di Giacomazzi: prendono accordi con Banca Intesa, MPS, Unicredit e Banco Popolare, prendendo come valutazione base quella del Sole 24 Ore, un listino confezionato ad hoc proprio per le due società che le vendevano.
Più si vendeva, più i bancari intascavano premi: la denuncia di Report ha fatto saltare il banco e oggi la magistratura ha messo sotto processo 104 manager bancari.
Chi doveva vigilare sulle banche, come ha lavorato? Report ha scoperto la complicità di politici, massoni, fino ad arrivare alle mafie.
L'attività di ispezione nasce proprio dopo la puntata di Report: MPS si affidava a due aziende per la vendita, BPI e IDB, che hanno venduto ai risparmiatori diamanti per 1,3 miliardi di euro.
L'ex ministro Baldassarri in televisione era uno dei maggiori consiglieri dell'investimento in diamanti, peccato che il loro rendimento non sia sempre costante, come promesso dalle banche.
La procura ha sequestrato beni alle banche coinvolte per 700ml e indagato 104 dirigenti bancari: la BPI di Maurizio Sacchi ha incassato commissioni al 15%, pari a 42ml di euro.
Quando il gioco si interrompe per l'inchiesta della procura, Sacchi consegna 20 ml alla Kamet Advisory di Nicolò Pesce, affinché questi soldi fossero sottratti al sequestro.
Pesce ha patteggiato una pena per questo riciclaggio: soldi poi finiti in acquisti in oro, immobili a Milano, marmo di Carrara, auto d'epoca e uno yacht. L'altro imprenditore coinvolto, Giacobazzi, non ha retto allo scandalo e si è ucciso.
Come ha fatto Maurizio Sacchi a passare in pochi anni da un fatturato di pochi milioni di euro ad uno per 300ml di euro? Grazie al circuito bancario: le banche vendevano i diamanti come bene rifugio, un bene sicuro da vendere ad investitori ad un prezzo superiore a quello reale.
BPI e DPB avevano forti contatti con il circuito finanziario e anche con BanckItalia: con MPS l'accordo fu stipulato nel 2012 quando in MPS c'erano Profumo e Viola, fino al suo apice nel 2016.
Assieme all'analista finanziario Alfonso Scarano, il giornalista Luca Chianca ha analizzato questo schema di vendita, simile ad uno schema Ponzi: uno schema che coinvolge i principali istituti bancari, segnando “il declino della governace bancaria e un danno enorme alla reputazione bancaria”.
Dalle mail interne di MPS si evincono i contatti tra DPI e i vertici di MPS, vantando amicizie con l'AD Viola e con l'ex ministro Baldassarri, che sedeva nel CDA di DPI e anche in commissione finanze al Senato.
Baldassarri aveva interessi nella vendita dei diamanti, sedendo nel CDA di DPI e che Report aveva già intervistato nella precedente puntata sui diamanti.
L'ex ministro prima di interrompere l'intervista a Report, spiega come questo meccanismo di vendita sia stato ideato dall'ex presidente Massimo Santoro, manager con un passato dentro BankItalia proprio nel settore vigilanza.
Carlo Bertini aveva trovato tutto questo nel 2017: i contatti tra Maurizio Sacchi di DPI e Viola di MPS, documenti che prevedevano premi per i dipendenti MPS che piazzavano più diamanti, premi anche in gioielli.
MPS all'epoca rispose alla vigilanza che non ne sapevano niente, di queste gare, ma non è vero: Viola aveva firmato un documento che parlava proprio di queste gare che incentivavano le vendite di diamanti.
L'attivismo di Bertini non è apprezzato - commenta Ranucci - così comincia a registrare i suoi colloqui col capo, Ciro Vacca, capo della supervisione bancaria: quest'ultimo gli chiede di lasciare ai magistrati il compito di fare le domande ai dirigenti Mps, di non fare altre domande.
Banca d'Italia non prosegue le indagine e rilascia un report riservato, direttamente dal capo della vigilanza Barbagallo, secondo cui la vendita dei diamanti sarebbe avvenuta all'insaputa di Viola e Profumo, diversamente da quanto Bertini aveva scoperto.
Il 20 settembre 2018 Bertini scrive una mail ai colleghi, dove mette nero su bianco i suoi dubbi su MPS: questa mail segna il suo inizio della fine perché dopo pochi giorni il suo capo servizio Vacca lo accusa di trattare male le persone del team, di essere arrogante, “ti consiglierei un po' di riposo”.
Bertini è trasferito in altro ufficio, ricevendo il supporto proprio dei membri del suo team, increduli alle accuse ricevute. Gli viene detto di lasciare il team MPS, gli viene comunicato di sottoporsi ad una visita psichiatrica, da cui comunque ne esce idoneo per svolgere il suo lavoro.
Bertini ha chiesto un colloquio a Visco e al DG Franco, oggi ministro nel governo Draghi, ma senza avere risposta: con questo clima ostile, segue la via del whistleblowing per denunciare la storia dei diamanti.
Il servizio di Report racconta anche di come le sanzioni di BankItalia, decise nel 2018, venivano bloccate dal dirigente Bernasconi, capo dei rapporti istituzionali dell'istituto: alla fine, a fine 2018 le carte vengono mandate alla BCE.
L'ufficio che dovrebbe seguire le sanzioni dentro la BCE ha scritto un rapporto in cui spiegava che non poteva procedere nella sanzione, perché aspettava dei documenti proprio da BankItalia.
Alla fine perché le banche non dovrebbero vendere diamanti, pratica scorretta, se tanto poi nessuno le sanziona?
Seguendo il dei soldi di Sacchi, le commissioni per la vendita dei diamanti, si arriva all'avvocato Pittelli, ex senatore di FI oggi in FDI: oggi sotto processo con una accusa pesante, è stato avvocato di famiglie di ndrangheta.
Sacchi, quando sente che sta arrivando la magistratura, gira 300mila euro a Pesce che poi li gira a Pittelli: in una intercettazione si parla di investimenti in terreni, per costruire hotel e appartamenti, lungo la fascia ionica, nella baia di Copanello. Pittelli crea una società, la Newco, assieme a Sacchi.
Per costruire queste strutture nella costa ionica, Pittelli deve rimuovere una ipoteca sui suoi terreni, rivolgendosi ad un massone, Leo Taroni, capo del rito scozzese.
Dopo, Pittelli si rivolge anche a Fabrizio Palenzona, all'epoca a capo di Prelios: a questa società chiede un finanziamento.
Ma Prelios ha su un fondo un villaggio turistico di cui non sa cosa farsene, il Valtur: è in una zona controllata dai Mancuso che, in un video della DDA, si vede entrare prima nel suo studio poi nel suo appartamento a Catanzaro.
Mettendo assieme tutti questi personaggi (Sacchi, Viola, Pittelli..), Bertini comprende quali siano i poteri forti con cui si era scontrato: ne parla con Perrazzelli, vicedirettrice generale, la quale gli confessa come di fronte a certe storie (i rapporti tra Sacchi e Viola, col senatore Pittelli) si comprende come si faccia carriera in questo paese: “questa cosa mi ha aperto gli occhi sostanzialmente su come in Italia e nel mondo si fa carriera”.
Bertini ha scelto di non girarsi dall'altra parte, la strada più comoda, ma di denunciare: oggi è sospeso dal lavoro e dallo stipendio, mentre gli altri personaggi di BankItalia hanno deciso di non rispondere alle domande, perché c'è una indagine ancora in corso.
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