12 dicembre 2021

La madre di tutte le stragi – piazza Fontana 52 anni dopo

C'è una scena del film di Giordana su Piazza Fontana, Romanzo di una strage, che mi ha colpito: siamo nei mesi dell'autunno caldo, a Milano e nel corso di uno dei tanti scioperi i manifestanti di fronte al cordone della polizia gridano degli slogan sul diritto alla casa e al lavoro.

Casa e lavoro: un salario dignitoso con cui permettersi una casa, dove poter vivere, con una famiglia, potendo far studiare i figli per far sì che non debbano necessariamente passare le otto ore in fabbrica.

Sono passati più di cinquant'anni da quell'autunno caldo e quegli slogan hanno ancora senso: la pandemia non ha fatto altro che acuire tutti i problemi del paese, compresi quelli sul lavoro. Lavoro precario, salari bassi, i working poor e quelli che, dal lavoro non tornano più a casa perché ci muoiono. Cadendo da una impalcatura o finendo stritolati da una pressa.

Era l'Italia degli anni sessanta che, finita la sbornia del boom, aveva iniziato ad appassionarsi alla lotta politica, un'Italia a cui stavano stretti quei panni in cui era imbrigliata, le leggi fasciste, i blocchi sociali per cui figli di operai dovevano finire in fabbrica e i figli dei professionisti all'università.

Era l'Italia degli anni sessanta che si stava approntando a cambiare pelle.

Che paese che avremmo potuto essere se fossimo stati un paese libero, fuori dai vincoli della guerra fredda, con un vero ricambio politico destra e sinistra, senza lo spauracchio dei carri armati del patto di Varsavia da una parte o i parà americani dall'altra.

Senza la strategia della tensione, senza i movimento neofascisti usati come manovalanza per mettere le bombe sui treni, nelle stazioni, nelle banche.


Come a Milano il 12 dicembre 1969 con la bomba fatta scoppiare all'interno della banca dell'Agricoltura, alle 16.37, nel pieno delle contrattazioni. La strage di Piazza Fontana.

Non voglio ripercorrere qui la storia della strage, delle indagini, dei depistaggi, delle coperture da parte di pezzi dello Stato nei confronti dei responsabili, gli ordinovisti veneti Delfo Zorzi, Franco Freda e Giovanni Ventura, ci sono tanti libri che potete leggere (qualcuno l'ho anche recensito) per conoscere questa storia, nera letteralmente, del nostro paese.

La teoria dei cerchi concentrici Corrado Guerzoni

Per cerchi concentrici ognuno sa che cosa deve fare.
Non è che l’onorevole X dice ai servizi segreti di recarsi in Piazza Fontana e mettere una bomba. Non accade così.
Al livello più alto della stanza dei bottoni si afferma: il Paese va alla deriva, i comunisti finiranno per andare presto al potere.
Poi la parola passa a quelli del cerchio successivo e inferiore dove si dice: sono tutti preoccupati, cosa possiamo fare?
Si va avanti così fino all’ultimo livello, dove c’è qualcuno che dice “ va bene, ho capito ”.
Poi succede quello che deve succedere.
Una strage in una banca, in una stazione, in una piazza, sopra un treno.
Oppure, come nel nostro caso, un omicidio di due ragazzini [si riferisce all'omicidio di Fausto e Iaio a Milano nel 1978].
Così nessuno ha mai la responsabilità diretta.
E se vai a dire all’onorevole X che lui è il mandante della strage di Piazza Fontana, ti risponderà di no. In realtà, è avvenuto questo processo per cerchi concentrici.

Quello che mi preme qui è ricordare ancora una volta quello che è successo con Piazza Fontana e con gli altri episodi della guerra sporca combattuta in Italia tra la fine degli anni sessanta e i primi anni ottanta: una guerra combattuta per condizionare gli assetti politici del nostro paese, per impedire ogni cambiamento in senso progressista, creare il terrore nel paese per forzare la svolta autoritaria anche nel nostro paese, come in Grecia, con una restrizione delle libertà in cambio di ordine – almeno questa era l'illusione dei neofascisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.

Quell'ordine messo a rischio da scioperi, dalle richieste di divorzio e aborto, dalla richiesta di smilitarizzare la polizia, arrivare ad un sindacato delle forze dell'ordine.

In realtà il vero obiettivo non era il golpe, ma destabilizzare il paese per stabilizzare la situazione politica. Sempre con lo spauracchio dei comunisti alle porte. Ma la reazione composta e dignitosa dei milanesi, il giorno dei funerali in Duomo, cambiò tutto: le persone non chiedevano l'esercito nelle strade, chiedevano perché? Perché quella strage, perché quella bomba?


Sempre nel film di Giordana, ad inizio film si mostra un comizio di Borghese, ex comandandete della X Mas e capo del Fronte Nazionale, altra formazione neofascista di quegli anni: di fronte alla platea grida “vogliamo l'Italia con gli operai sempre in sciopero e dove le donne possono divorziare?”

Questo è quello che dobbiamo ricordarci, quando parliamo di Piazza Fontana: non solo le vittime innocenti, i depistaggi da parte di organi dello Stato (l'ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D'Amato, il SID di Guido Giannettini) e la ragione di Stato usata per nascondere e proteggere i veri colpevoli per non rivelare al paese la verità.

In questo paese si sono usate le bombe e il terrore per condizionarne il suo corso politico, sociale, di fatto le nostre esistenze. E' successo negli anni di Piazza Fontana e qualcosa di simile è successo nuovamente ad inizio anni novanta del secolo scorso, col passaggio tra la prima e la seconda repubblica. Anche qui, bombe, stragi, segreti di stato, depistaggi di stato (e il riferimento ovvio è al finto pentito Scarantino e all'attentato contro Borsellino).

Non sono solo queste le ragioni per cui dobbiamo ricordare questa strage: le ombre lunghe di quegli anni arrivano fino a noi e non solo perché lo Stato non ha mai fatto i conti fino in fondo coi suoi scheletri (i rapporti con i neofascisti ad esempio, fino ad arrivare alle complicità della politica): gli eredi di quei gruppi fascisti sono ancora qui, nelle piazze, ad urlare i loro slogan, a dettare a volte perfino l'agenda politica (e mi sto riferendo all'inchiesta di Fanpage sui legami coi gruppi neofascisti di Lega e Fratelli d'Italia).

Perché oggi c'è un partito che ambisce a guidare il paese (forte dei sondaggi) che è l'erede del Movimento Sociale di Rauti e Almirante (partito da cui sono usciti i due movimenti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale).

Perché oggi ci sono i tanti gruppetti neofascisti che scendono in piazza per difendere un'identità di italiani che non ha senso di esistere, così come ieri si attaccavano gli scioperanti e le donne che volevano emanciparsi.

Perché ancora oggi rimane l'impressione di essere rimasti ancora quell'Italia, ancora ostaggio di ricatti e da vincoli sovranazionali non passati dal voto del Parlamento.

Mi riferisco ai programmi di acquisto armi, che si fanno anche in questo momento di pandemia. Le nostre missioni militari all'estero, non per portare democrazia come ci ha raccontato Wikileaks e Julian Assange (che oggi rischia 175 anni di carcere per aver svelato al mondo i crimini di guerra americani in Iraq e Afghanistan, vicenda che la giornalista Stefania Maurizi ha raccontato nel suo libro “Il potere segreto”).

E allora, a maggior ragione, dobbiamo continuare a tener viva la memoria: la memoria di Piazza Fontana, una strage fascista culmine di una strategia criminale ed eversiva che vedeva a fianco neofascisti e pezzi dello Stato. Una strage senza colpevoli per la magistratura (sebbene la Cassazione con una sentenza contorta ritiene Freda e Ventura responsabili ma non più perseguibili), ma non per la storia.

La storia di un paese le cui istituzioni avrebbero bisogno di liberarsi di quei segreti, di quei tabù, troppo orribili ancora per essere raccontati nella loro interezza.

Questi i nomi delle vittime della strage:

Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Luigi Meloni, Vittorio Mocchi, Gerolamo Papetti, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silva, Attilio Valè.

A questi va aggiunto anche il ferroviere Giuseppe Pinelli, morto all'interno della Questura di Milano, mentre era in stato di fermo (ma scaduto, doveva essere rilasciato).

Consigli di lettura

Piazza Fontana, il primo atto dell'ultima guerra italiana di Gianni Barbacetto

La bomba Enrico Deaglio

12 dicembre 1969 Mirco Dondi

E poi, tra gli altri:

Una stella incoronata di buio di Benedetta Tobagi

Piazza Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma , Maria elena Scandaliato

Piazza Fontana Il processo impossibile Benedetta Tobagi, Einaudi

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