Non si tornerà indietro – racconta il CEO di Volvo: dall’auto elettrica non si torna indietro, mentre in Italia si continua a parlare di estremismo verde europeo, lasciate decidere al mercato, si fa propaganda pure sulla transizione elettrica.
Ma il mercato ha già deciso e anche le grandi aziende: in Germania Presadiretta ha visitato gli uffici e gli impianti della Smart, che produce auto elettriche da anni.
Con la produzione in serie e con i sussidi i costi dell’elettrico sono diminuiti: alla Smart sostengono la scelta elettrica con le zero emissioni, ma è tutta l’industria tedesca che ha scelto l’elettrico, da Volkswagen ad Audi. Hanno puntato su batterie e digitalizzazione, recuperare quanto più possibile sul gap tecnologico per avere una filiera in Germania.
Sull’ultima Smart hanno messo perfino il simulatore di motore termico, per i nostalgici: in Germania sono sopra al 10% sull’elettrico, ben sopra l’Italia che rimane al 4%.
Ma in Germania ci sono le stazioni per la ricarica, alimentate da energia rinnovabile, finanziate dal governo locale: gli incentivi arrivano a 400 euro per le auto elettriche, sono inferiori per quelle usate. Nel 2030 vogliono arrivare a coprire tutto il territorio con le centraline per la ricarica: con le reti intelligenti si riusciranno a soddisfare le esigenze di tutti, anche per i camion elettrici,
Obiettivo è
abbattere le emissioni e il consumo di energia: il governo tedesco ci
crede, sta investendo miliardi sull’elettrico attirando anche
investitori stranieri, come Tesla e Ford, perfino i cinesi.
Questi
investimenti significano nuovi posti di lavoro, non è
necessariamente vero che con l’elettrico si perderanno posti di
lavoro, dipende da quanto si vuole investire nel settore.
Ma i
sindacati in Germania sono comunque preoccupati: i lavoratori
dovranno essere riformati, per poter essere impiegati sui nuovi
motori, quello che chiedono al governo è che i posti di lavoro
rimangano in Germania.
Solo da noi ci si mette di traverso, col rischio di perdere migliaia di posti di lavoro (già persi per l’abbandono dell’Italia da parte di Stellantis).
Presadiretta ha intervistato Jim Rowan, CEO di Volvo: l’industria dell’auto è forte e non si perderà con l’elettrico, ma le aziende dovranno impegnarsi nel cambiamento, con l’intera filiera, dalle batterie al software dentro queste auto a zero emissioni.
Batterie, motore inverter, niente cambi, niente rapporti: l’auto elettrica è più semplice, più semplice da produrre, in più il motore elettrico è più efficiente di quello elettrico.
Lo hanno spiegato a Presadiretta i tecnici dell’azienda bolognese Gruppo Bonfiglioli: i motori elettrici funzionano per il principio del campo magnetico, dove si usano i minerali pregiati dalle terre rare, ma qui usano anche materiali più facilmente reperibili.
L’efficienza del
motore elettrico arriva al 95%, in frenata si alimenta il motore: il
motore a scoppio è meno efficiente e l’energia che consuma non è
rigenerabile.
In più il motore elettrico ha bisogno delle
risorse fossili, che inquinano in ogni fase della produzione: per
anni abbiamo usato una stufa che cammina.
Presadiretta ha
incontrato Nicola Armaroli ricercatore del CNR: la sua casa è
l’emblema dell’elettrico, pannelli solari, pompa di calore,
ventilazione meccanica per purificare la casa. La sua casa non emette
co2, l’energia prodotta dai pannelli serve per la casa e viene pure
immessa nella rete. E questa energia, a parte i costi dei pannelli,
non costa niente. Un bel passo avanti in termini di democrazia
energetica: ecco perché l’auto elettrica fa paura.
Il
costo dell’auto elettrica spaventa però: le auto di livello alto
il costo è analogo, la differenza sta nelle fasce più economico.
Vero però che l’usura delle auto elettriche, i ricambi, tutto
questo scompare: il costo di manutenzione è inferiore.
Armaroli si sta battendo contro le fake news: le auto elettriche emettono meno emissioni rispetto alle auto normali, il litio viene estratto una volta e poi lo posso riciclare (mentre un’auto termina deve essere alimentata a petrolio per sempre). Non è vero che facciamo un favore alla Cina: sono stante le nazioni che stanno investendo nell’elettrico, anche l’Europa sta investendo, dunque il gap tecnologico si ridurrà.
Il cobalto verrà
rimpiazzato da altri minerali, conclude Armaroli: tra l’altro il
cobalto si usa anche nei cellulari, ma di quello nessuno ne
parla.
All’Enea stanno facendo ricerche sulla batterie del
futuro: si cerca di incrementare le performance del litio, stanno
annunciando una nuova batterie al litio e manganese. Chi arriva alla
batteria più efficiente avrà un vantaggio competitivo per il paese:
magari sarà la batterie al potassio, come quello su cui sta
lavorando il Politecnico di Torino.
Col passare degli anni le
batterie saranno più sottili, il materiale sarà autoriparante,
userà meno litio, durerà più a lungo (i combustibili fossili una
volta bruciati sono persi).
Il futuro passa però dal riciclo:
in Italia abbiamo solo un impianto per riciclare le batterie al
litio, frutto dell’intuizione di un imprenditore veneto della
Spirit SRL che raccoglie le batterie usate, recuperando fino a 15
tonnellate di minerali, come il litio.
Peccato che la Spirit venda tutto a paesi stranieri: perché l’Italia non investe nel riciclo del litio? Perché le pratiche burocratiche sono lunghe, servono anni, come se la politica volesse sbarrare la strada al riciclo e dunque alla transizione elettrica. Potremmo avere una filiera interna, senza le miniere di litio.
Le macchine elettriche sono più pericolose? Presadiretta è andata a Mestre per capire la dinamica dell’incidente, per capire se l’uscita del ministro Salvini abbia delle basi scientifiche o sia solo l’ennesima sparata contro l’elettrico.
Il bus elettrico caduto a Mestre non ha preso fuoco subito: è alimentato da due batterie, ha due estintori automatici che si sono attivati subito.
Alla Rei Nova
lavorano alla certificazione delle batterie: le batterie nella caduta
si sono deformate, c’’è stato un principio di cortocircuito,
questo ha poi alimentato il fuoco, che però potrebbe aver avuto
origine da altri componenti elettrici.
Non è vero dunque, in
base a quanto dicono ricercatori e docenti, che il motore elettrico e
le batterie sono più pericolose. Salvini dovrebbe stare attento a
cosa dice, dovrebbe informarsi prima.
Con la transizione elettrica perderemo posti di lavoro?
Presadiretta è andata a Melfi: qui si sono persi 1400 posti di lavoro e non per la transizione elettrica. Nel 2014 FCA aveva realizzato lo spot con gli operai che ballavano sul ritmo della canzone di Pharell, I’m happy. Negli anni del jobs act si annunciavano 1400 posti di lavoro qui a Melfi, per la gioia di Renzi e di Marchionne.
Ma ora? A maggio 2023 quanti di quei ragazzi assunti sono rimasti a lavorare? Sono crollati i volumi della produzione, la piena occupazione è un ricordo lontano e si va avanti in cassa integrazione.
Vuol dire stipendio ridotto per i poveri operai della Stellantis: alla fine è arrivato un piano di incentivi per le dimissioni volontarie, soldi che potevano essere usati per investire.
Forse l’azienda non ha interesse ad investire qui in Italia, a Melfi. E le persone davanti ai cancelli hanno pure paura a rilasciare le interviste.
Altri 500 operai
lasceranno gli impianti nel 2023: i giovani operai, assunti col jobs
act, prenderanno 70000 euro dall’azienda e poi due anni di Naspi,
soldi nostri.
Alla fine il jobs act qui a Melfi ha fallito: i
giovani se ne sono andati e questo fa crescere il pessimismo nei
rappresentanti sindacali, che non credono nemmeno alle promesse di
nuovi modelli.
Anche l’indotto soffre, per colpa del calo di produzione di Melfi: sono le aziende che fanno componenti di plastica per Stellantis, che però non sta dando nuovi ordini.
C’è il rischio che i componenti di plastica per la Stellantis arriveranno dall’estero.
La zona di Melfi è zona di crisi complessa – così è stata dichiarata da Confindustria locale: arriveranno altri soldi pubblici che verranno impiegati per la cassa integrazione.
A Melfi i posti di lavoro non si perdono per l’elettrico: qui tutti aspettano il piano industriale da Stellantis, ma con questa azienda è difficile parlare, lo deve fare il governo nazionale di Roma, che dovrebbe pretendere un piano di politica industriale.
Da Stellantis
dipende buona parte dell’economia di queste regioni del sud, non
solo la Lucania, ma anche della Puglia: senza Stellantis la provincia
di Potenza perderebbe il 50% di posti di lavoro nel manufatturiero,
si rischierebbe una crisi sociale importante.
Con chi
parla Stellantis? Che cosa vuole fare in Italia, anche nel mondo
dell’elettrico?
Bianca Carretto è la giornalista del Corriere che ha raccontato la storia di Marchionne dentro la Fiat: sul corriere aveva scritto che la fusione tra FCA e Peugeot è sbilanciata a favore dei francesi.
Gli incarichi
importanti sono francesi, lo stato francese starà attento a non
perdere posti di lavoro in Francia (che sta dentro l’azienda). E lo
stato e il governo italiano?
C’è il rischio che l’auto
elettrica non si farà in Italia: Mirafiori sarà dedicato al
riciclo, niente produzione di auto.
Serve dunque un sostegno da parte dello Stato – la conclusione della giornalista.
I posti di lavoro persi con l’elettrico: secondo l’associazione degli industriali per l’automobile perderemo 70mila posti di lavoro con l’auto elettrica. Serve puntare all’e-fuel e il biocarburante (su cui punta Eni e Snam, non a caso).
Alla Adler producono scocche di auto con fibra di carbonio: materiale più leggero, che rende l’auto elettrica ancora più performante, non hanno paura dell’arrivo dell’auto elettrica.
C’è modo di recuperare i posti di lavoro: alla Idra hanno investito nell’innovazione, si sono inventati macchinari di presso-fusione, capaci di realizzare grandi pezzi in leghe di alluminio leggere, con l’obiettivo di fare macchine con meno pezzi e più leggere.
Queste macchine sono state vendute perfino alla Tesla e ad altri marchi di auto.
Chi rischia nel futuro sono le aziende che lavorano nella produzione di pezzi, in acciaio, che sono specifici per il motore endotermico, come alla Primotecs: servono investimenti per cambiare produzione e dunque si torna al tema delle politiche industriali che qui in Italia mancano.
Francesco Zirpoli insegna economia e innovazione alla Ca Foscari: non è vero che perderemo 70mila posti di lavoro anzi, con l’elettrico potremmo anche guadagnarci in posti di lavoro, nel settore del riciclo, nel settore del software.
Servono meno pezzi per l’auto elettrica, ma dal valore aggiunto più alto e che richiedono maggiore conoscenza: il professore stima in una perdita di 20-22mila le persone a rischio lavoro.
Se perderemo i posti di lavoro non sarà colpa dell’elettrico, ma della nostra incapacità nel saper investire in questa tecnologia dominante.
Il segretario Parla della Fiom, ospite della trasmissione, era preoccupato dai silenzi di Stellantis: il problema dell’Italia è che produciamo solo un modello di auto elettrica, mancano tutto il resto, dalla ricerca e sviluppo, il piano industriale per l’automotive e la programmazione anno dopo anno.
Il ministro Urso dovrebbe battere un colpo.
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