26 ottobre 2023

Il piccolo libraio di Archangelsk di Georges Simenon


 

Fu un errore mentire. Se ne rese conto nel momento stesso in cui apriva bocca oer rispondere a Fernard Le Bouc. E solo per timidezza, per mancanza di disinvoltura, non cambiò le parole che gli salivano dalla bocca.

«E' andata a Bourges» disse.

Le Bouc, mentre risciacquava un bicchiere dietro al bancone, chiede;

«La Loute vice ancora là?».

E lui, senza guardarlo: «Credo di si».

Erano le dieci del mattino e, poiché era giovedì, nel mercato fervevano le attività.

Nella copertina di questo piccolo gioiello di Simenon compare un uomo che di spalle osserva l'interno di una libreria: perfetta rappresentazione di quello che succede al lettore, preso per mano e portato dentro la vita di questo mite libraio, Jonas Milk, da anni abitante in un paesino del Berry la provincia francese, dove per tutti è sempre e solo il "sognor Jonas". Protagonista di questo racconto che inizia con una fuga, la moglie di Jonas che si chiama Gina, per finire in tragedia.

Una tragedia che è nata da una piccola bugia, uscita per caso, nemmeno senza troppa malizia: al bar del signor Ferdinand Le Bouc, dove ogni giorno era andato a prendere il suo caffè, gli viene chiesto della moglie.
Non è andata a Bourges, come racconta alle persone del bar che incontra.
In realtà, come leggeremo qualche pagina avanti, è uscita la sera avanti, dicendo che sarebbe andata ad accudire il figlio di amici, per poi non ritornare.
Non è tornata la notte e nemmeno la mattina appresso.
Per vergogna, o forse anche per nascondere anche a sé stesso quello che forse aveva già capito, Jonas ha raccontato quella bugia che, sa già, potrebbe essere smontata subito.
Perché non è la prima volta che Gina va via di casa per tornare poi dopo qualche giorno, dopo essere stata da uno dei suoi amanti.

Scappata, dunque, senza nemmeno una borsa, senza soldi. Sarebbe lui la vittima, Jonas, se non fosse che lui in quel paese non è mai riuscito a farsi considerare uguale agli altri, sebbene questo fosse sempre stato il suo sogno. Lui, figlio del quartiere dove tutti si conoscono, figlio ma non del tutto. Anche per quel suo carattere mite, per essere stato a lungo scapolo. E per aver sposato la sua Gina, di cui conosceva bene tutte le chiacchiere che giravano nel paese, per poter continuare la sua vita tranquilla. No, forse non solo per questo: anche per dare a Gina, l’irrequieta Gina che era entrata a casa sua come domestica a ore, un po’ della sua tranquillità.

«.. non sono il tipo di ragazza che può rendere felice un uomo come lei».
«
Non è di me che mi importa».
«
Di chi, allora?».
«
Di lei».
Era sincero. Mentre pronunciava quella parole traboccava di tenerezza al punto che non osava muoversi per paura di lasciarsi sopraffare dall’emozione.

D’altronde Jonas Milk ha sempre vissuto in un universo chiuso, sebbene nella sua prima infanzia si sia trasferito coi genitori dalla Russia fino alla Turchia, per arrivare poi in Francia a Parigi, dopo la rivoluzione russa: nessun parente, nemmeno i genitori, scomparsi in Russia per rintracciare il resto della famiglia (lui, no, doveva rimanere al sicuro in Francia, perché almeno un Milk doveva rimanere).
Non è mai stato geloso di Gina, dei suoi amanti, come non gliene mai interessato di quello che si diceva in paese.

Non era per sé che si angustiava tanto, e nemmeno perché si preoccupava del decoro o di quel che poteva dire la gente. Era per lei. Anche se gli aveva portato via i francobolli – che a parte Gina, erano ciò a cui teneva di più al mondo -, si sentiva comunque in dovere di proteggerla. Non sapeva ancora da cosa. Era in preda, soprattutto al mattino, a una vaga inquietudine..

Avrebbe potuto non dire quella prima bugia. Avrebbe potuto cercare di dire subito la verità, Gina è andata via. E invece quella bugia diventa per Jonas Milk una gabbia da cui non può più scappare. Deve costruirci sopra un castello di altre bugie. Sentendosi sempre più sotto il peso di qualcosa che lo sta un poco alla volta schiacciando.
Perché nonostante tra lui e la moglie non ci fosse un vero rapporto intimo, a volte lei nemmeno lo guardava, lo trattava male, Jonas provava per questa donna un senso di gratitudine perché si può dire che prima di conoscere questa ragazza molto più giovane di lui che era entrata nella sua vita portandosi dietro un “caldo odore di ascelle”, “era come se lui non avesse nemmeno vissuto”.

Questa vertigine per l’abbandono della ragazza si accompagna a qualcos’altro. La bugia, da piccola palla di neve, è cresciuta mentre scende a valle e diventerà presto una slavina, senza che Jonas riuscirà ad accorgersene in tempo.
Sono gli sguardi delle persone del suo quartiere, quello in cui voleva sentirsi come tutti gli altri, tanto da smettere di essere ebreo, battezzarsi, fare le loro stesse cose.
Sono sguardi via via più sospettosi, non solo quelle mezze parole della madre di Gina o del padre, sempre mezzo ubriaco.
O del fratello, che non aveva mai sopportato quel matrimonio.

All’improvviso Jonas scopre di essere osservato, che la sua vita, le sue abitudini, le sue azioni, sono state setacciate, esaminate, vivisezionate. E quello che per lui poteva essere la normalità, visto con altri occhi potrebbe sembrare un atteggiamento sospetto. L’atteggiamento di una persona pericolosa.
Eccolo, l’uomo che osserva dalla vetrina l’interno di una libreria: siamo noi quando giudichiamo dal di fuori, senza voler nemmeno avvicinarci troppo, una persona o un fatto.
Non basterà alla fine raccontare la verità al poliziotto che lo interroga, o al commissario che cerca perfino di capirlo, senza riuscirci fino in fondo. Perché quel peso della slavina è destinato a schiacciarlo, perché nonostante tutti i suoi sforzi alla fine non è riuscito ad per essere come gli altri e ad essere accettato. C’è una sola soluzione per scappare da quella gabbia in cui si trova.

Fino a qualche giorno prima credeva di esserci riuscito a furia di pazienza e di umiltà. Si era anche mostrato umile, infatti. Non dimenticava di essere uno straniero, di un’altra razza, nato nella lontana Archangelsk e trapiantato, in seguito alle vicende della guerra e della rivoluzione, in una piccola città del Berry.

Pagina dopo pagina, l’angoscia del protagonista diventa anche l’angoscia del lettore, per la bravura di Simenon nell’entrare nella psicologia del protagonista. Un uomo col destino segnato, come tanti dei protagonisti dei romanzi dell’autore belga.

La scheda del libro sul sito dell'editore Adelphi

Il blog dell'autore

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