Tre i servizi che andranno in onda questa sera: il soft power saudita e l’ipocrisia occidentale (per cui pecunia non olet). L’incidente a Mestre, che non è stato di certo causato dalle batterie elettriche del bus. Infine una storia incredibile sul Veneto che per un’ordinanza sull’interramento dei rifiuti.
Il soft power saudita
L’Arabia
Saudita è il nuovo king maker del mondo, in un rapporto strano con
le potenze occidentali da una parte e con i paesi del gruppo Brics
dall’altra (come
ha raccontato lunedì scorso il servizio di Presa
diretta).
In bilico tra le ombre interne di una dittatura e l’immagine di
sinceri riformatori che viene venduta all’estero.
Per vendere
questa immagine positiva comprano le stelle del calcio mondiale,
realizzano i progetti più costosi e avveniristici e puntano ad
ospitare mondiali di calcio ed Expo nel 2030.
Chi sono gli
uomini del soft power arabo?
Il servizio di Daniele Autieri parte da molto lontano, dall’11 settembre 2001, dall’attacco di Al Qaeda alle Torri Gemelle: per anni si è raccontata la storia di 19 attentatori dalla scarsa conoscenza dell’inglese, pochi soldi a disposizione, ignoranza totale della cultura occidentale, assoluta inesperienza nel pilotaggio dei grandi aerei. Capaci però di portare a termine il più grave attacco terroristico della storia degli Stati Uniti.
Brett
Eagleson è il figlio di una vittima di quell’attentato: “22 anni
dopo i cittadini americani, il mondo intero meritano di sapere cosa è
accaduto veramente l’11 settembre, chi ha aiutato gli attentatori e
in che modo siano riusciti a realizzare quel piano”.
Nel 2021
il presidente Joe Biden firma un ordine esecutivo per declassificare
alcuni documenti top secret della CIA e dell’FBI, sono i documenti
dell’operazione Encore, un’inchiesta segreta aperta nel 2006 da
FBI.
Kenneth Williams era un agente in servizio all’FBI tra il
1991 e il 2017: “l’operazione Encore ha portato a galla attività
di numerosi individui impiegati dal governo Saudita e in particolare
dal ministero per gli affari islamici che hanno dato supporto agli
attentatori fin negli Stati Uniti nella California del sud.”
Quali
sono le prove che dimostrano il coinvolgimento del regno Saudita
nell’11 settembre?
“All’arrivo degli attentatori negli
Stati Uniti d’America nell’aeroporto internazionale di Los
Angeles, l’Imam di una moschea di Los Angeles finanziata dai
sauditi gli ha assicurato assistenza e protezione. Poco dopo, un
altro saudita, Omar Al Bayoumi, che al tempo viveva a San Diego si è
messo in viaggio verso LA dove ha incontrato diversi terroristi
presso un caffè.”
Secondo le indagini del Bureau, Al Bayoumi
era in realtà un agente del regime saudita e teneva rapporti diretti
con l’allora ambasciatore a Washington DC, il principe Bandar Bin
Sultan, membro della famiglia reale ma anche grande amico della
famiglia Bush.
Vi ricordate il film di Michael Moore Fahrenheit 11/9? Nel film del 2004 si parlava già di tutto questo, in internet si trova ancora un articolo di Guido Olimpio del 2006 sui grandi misteri attorno all’11 settembre:
Mistero numero 3
Ci porta in California, e precisamente a San Diego, dove vivono due sauditi assai intriganti: Omar al Bayouni e Osama Basnan. Il primo è stato dipendente governativo, e si è poi stabilito sulla costa occidentale degli Usa. Il senatore repubblicano Bob Graham ha precisato alla rete Cbs che l’Fbi lo aveva schedato come membro dei servizi segreti sauditi. È lui ad assistere, nel 2000, Khalid al Mihdar e Nawaf al Hazmi quando arrivano da Los Angeles. Paga l’affitto di un appartamento e aiuta insomma due degli attentatori dell’11 settembre. Sosterrà di averli conosciuti per caso in un ristorante, e sempre per caso l’incontro coincide con una visita al consolato del regno. Omar non chiarirà mai la sua posizione, in quanto andrà all’estero nel 2001, due mesi prima dell’attacco.
I legami di Osama Basnan sono ancor più interessanti. Ha ricevuto forti somme di denaro dall’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, il principe Bandar Bin Sultan (foto sotto, Reuters), e da sua moglie, la principessa Haifa. Bandar è da decenni uno degli uomini più influenti del regno, ed è amico personale del presidente George W. Bush. Che lo riceveva persino più spesso del segretario di Stato Colin Powell. La verità di Basnan sarà sempre la stessa: il denaro era una donazione per curare e assistere la moglie. No, ribattono gli accusatori: i soldi sono finiti nelle mani o nelle tasche dei dirottatori, o meglio degli organizzatori del più grave attentato della storia recente. Basnan verrà espulso, senza conseguenze legali. L’idea prevalente è che i sauditi — a titolo personale o perché hanno obbedito a ordini? — abbiano costituito una sorta di base avanzata per il team incaricato di compiere le stragi. A gestire il team sarebbe stato il diplomatico Fahad al Thumairy, ritenuto assai vicino agli ambienti più estremisti e dunque pericolosissimo. Nel 2003 gli verrà negato l’ingresso negli Usa.
Le indagini dell’FBI hanno trovato dei contatti telefonici tra Al Bayoumi e l’ambasciata saudita, in particolare con un funzionario di nome Al Jarrah, che lavorava col ministero degli affari islamici presso l’ambasciata a Washington.
Tutto
questo ci fa dire, continua il signor Eagleson, “che gli
attentatori quando arrivarono qui due anni prima trovarono una
cellula istituzionale saudita vicina ad Al Qaeda, che li stava
aspettando negli Stati Uniti per assicurargli supporto. Questa
cellula li ha aiutati a trovare alloggi, denaro, ad imparare
l’inglese. Li ha perfino iscritti alle lezioni di volo ..”
Grazie
ai risultati delle indagini dell’operazione Encore i familiari
delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre
2001 hanno intentato un processo presso la Corte Federale di New York
contro il Regno Saudita.
Sarebbe
la prima volta negli Stati Uniti che una corte federale condanna un
governo straniero: questo darebbe al mondo un messaggio molto forte e
potente – è sempre il signor Eagleson a parlare - “ovvero che
le vittime del terrore non dimenticheranno mai.”
Torniamo
ai giorni nostri: l’Arabia sta puntando molto sulla gara per Expo
2030 e i mondiali
di calcio (se sono andati al Qatar,
perché non l’Arabia?), arrivando anche ad avvicinare politici
stranieri e italiani. Daniele Autieri ha intervistato un parlamentare
italiano “Ho partecipato ad incontri a porte chiuse ma non sono mai
stato in Arabia Saudita ..” racconta al giornalista, aggiungendo
che nei viaggi in Arabia sono stati offerti molti regali ai nostri
parlamentari.
Sul
Fatto Quotidiano è uscita una anticipazione del servizio dove si
parla dell’attivismo del senatore Renzi, che provò ad fare da
intermediario tra i proprietari della Fiorentina e Ryad
“Così Renzi offriva ai sauditi di Bin Salman la Fiorentina”
SPORTWASHING - “Matteo il tifoso” attaccava sullo stadio di Firenze, ma faceva arrivare proposte al dg viola Barone per conto di Riya
DI VINCENZO IURILLO 29 OTTOBRE 2023L’ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi, tifa Fiorentina. E questa non è una notizia. Lo è invece quella che il nostro Renzi d’Arabia, l’amico del principe regnante dell’Arabia Saudita, Bin Salman, provò a intermediare un incontro a Riyad tra il management della squadra viola e gli “amici” sauditi dell’ex premier, che sarebbero stati interessati all’acquisto della Fiorentina. Nei mesi scorsi, infatti, il senatore Renzi ha inviato un messaggino al direttore generale della Fiorentina, Joe Barone, braccio destro del presidente Rocco Commisso, per proporre questo incontro.
Si
usa lo sportwashing e i mega progetti per conquistare l’opinione
pubblica mondiale, come il progetto per la città di Neom
che,
come la rosa del deserto, spunta dal nulla del deserto e le acque
calde del mar Rosso: qui il regime ha investito 500 miliardi di
dollari per costruire una metropoli ultra moderna, una delle frecce
nell’arco del principe Bin Salman per convincere il mondo che
l’Arabia
è il posto ideale per ospitare i grandi eventi del 2030, contesi con
Roma.
Un consulente del Bureau
International des Expositiones (l’ente che valuterà le
candidature) racconta a report “a me la cosa che mi ha fatto
impressione è che alcuni dirigenti BIE, quando gli arriva la
telefonata del saudita che lo cerca anche a livello apicale,
sbiancano.”
Moamed Bin Salman è l’erede al trono scelto da re Salman, l’ultimo rappresentante della famiglia Saud che dal 1926 guida l’Arabia Saudita. Per alcuni è un riformatore, per altri un tiranno spietato: secondo un report della CIA e dell’Onu è lui il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Ma il calcio è uno strumento formidabile per far dimenticare le violazioni dei diritti umani e costruire un consenso unanime attorno all’Arabia Saudita: prima di vincere un mondiale (magari con Mancini come allenatore) il sogno di MBS è di ospitarne uno.
L’obiettivo
è far diventare la lega calcio araba una delle prime dieci al mondo
entro il 2030: chissà fino a quando la champions League rimarrà in
Europa.
Daniele
Autieri, oltre ad aver intervista l’ex presidente Renzi sulla
vicenda della Fiorentina, ha intervistato anche l’ex presidente
Giuseppe Conte: ci fu un incontro nel 2020 in cui l’Arabia presentò
il suo progetto per i mondiali del 2030 a cui partecipò anche il
presidente Fifa Infantino e quello della FGCI Gravina. Infantino
propose un mondiale a tre con Egitto e Arabia. Ricorda Conte che “già
dall’incontro col consigliere diplomatico Benassi convenimmo che
non c’erano le condizioni per costruire un progetto del genere.”
Lo
stesso consigliere Benassi conferma la ricostruzione “Me ne parlò
Conte esprimendomi più di un pensiero di perplessità. Allora
partire lancia in resta con l’Egitto, in pieno caso Regeni
eccetera, lei immaginava che, insomma, destava qualche perplessità
d’immagine per il nostro governo. Feci proprio un sondaggio su
indicazione del presidente, mi disse ‘veda di approfondire..’
però la posizione iniziale, insomma, ci fa alzare più di un
sopracciglio.. ”
C’è stato anche un incontro tra Bin Salman
e Conte nel corso del G20 in Argentina a fine 2018 (a ridosso
dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, il 2 ottobre 2018) e
in quella occasione in un incontro bilaterale l’ex presidente
espresse il suo disappunto per quell’omicidio “inaccettabile”
(in un contesto in cui c’era un forte imbarazzo da parte dei leader
europei – così ricorda Conte) “gli dissi che l’unico modo per
uscirne era consentire un processo con osservatori internazionali
..”
Racconta il servizio che a volere questo mondiale
condiviso sarebbe stata l’Arabia che identifica nel nostro paese la
porta d’ingresso per l’Europa, ma ha bisogno del supporto del più
fedele degli alleati, l’Egitto.
Il parlamentare Erasmo
Palazzotto fu presidente della commissione di inchiesta su Regeni: “I
sauditi, soprattutto in una prima parte hanno molto sostenuto
l’Egitto quando era escluso dai consessi internazionali.”
Ci
sono state pressioni da parte dell’Arabia sul caso Regeni dunque?
Sarebbe da escludere “Che si siano interessati non mi è mai
apparso in nessuno degli elementi di approfondimento” – ricorda
Palazzotto – “su questo punto abbiamo scavato molto.”
C’è
stata anche una mini-trattativa tra la federazione dell’Arabia che
ha coinvolto sia la FGCI che il governo Conte, dopo
il primo diniego:
una consulente di Federcalcio rivela a Report che dopo i primi
incontri ce ne furono altri in cui gli arabi presentarono un piano
dettagliato su come mettere su i mondiali, “Gravina
è sempre stato contrario all’ingresso dei sauditi in
Italia.”
Tutto
confermato da quest’ultimo, “abbiamo deciso con molta fermezza di
non condividere questo appoggio di una candidatura a tre.”
E
gli altri incontri dei sauditi in Federcalcio? Erano incontri
precedenti a questa ipotesi dei mondiali – spiega Gravina –
“arrivammo ad una convenzione che prevedeva una collaborazione in
diversi settori, collaborazioni che già prevediamo con diversi
paesi”. La partnership poi saltò quando fu evidente che l’Italia
non era d’accordo con la scelta del mondiale a tre.
Sul
tavolo non c’è lo sport, ma la conquista di un peso geopolitico
nel Mediterraneo e in Europa che il regno è disposto a raggiungere a
qualunque costo anche andando sopra la nostra sovranità nazionale,
racconta il servizio: la fonte anonima dentro la Federcalcio racconta
di come un giorno arrivò una lettera col timbro confidenziale e la
firma del presidente della Federazione “in realtà però dietro
c’era il governo saudita che di fatto parlava al governo italiano
.. si proponevano come mediatori per cercare di risolvere la crisi
tra il governo italiano e quello egiziano per via dell’omicidio
Regeni”
La scheda del servizio: Desideri sauditi di Daniele Autieri
Collaborazione di Federico Marconi e Carlo Tecce
Immagini di Giovanni De Faveri, Davide Fonda, Alfredo Farina, Cristiano Forti, Paolo Palermo e Marco Ronca
Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi
Montaggio di Andrea Masella
Grafiche di Michele Ventrone
Le opache operazioni per ottenere l’assegnazione dell’Esposizione Universale del 2030.
Gli incontri segreti dei parlamentari; le mediazioni dei politici italiani sugli affari del calcio; i viaggi pagati dai sauditi; le ingerenze politiche sul caso Regeni che arrivano fino alla presidenza del Consiglio di allora; le opache operazioni per ottenere l’assegnazione dell’Esposizione Universale del 2030 che si deciderà il prossimo 28 novembre a Parigi. Il piano del Regno Saudita per conquistare una leadership geopolitica tra i paesi arabi e un consenso diffuso tra i paesi del blocco occidentale ha come obiettivo anche l’Italia, il primo paese dell’Unione europea che dal 2019 viene scelto per penetrare politicamente il Vecchio Continente. Un piano che Report ricostruisce con documenti e testimonianze finora inedite. Per la prima volta emergono le attività di pressione e lobbying esercitate negli Stati Uniti, in Europa ma anche su parlamentari italiani, così come gli incontri a porte chiuse organizzati a Roma alla presenza di membri del governo saudita. Sullo sfondo il grande circo del calcio mondiale, dove l’Arabia Saudita ha trasformato la più grande e dispendiosa campagna acquisti nella storia in una strategia per la conquista del consenso globale, che ha coinvolto anche la Federcalcio e l’ex Ct della Nazionale Roberto Mancini. Oggi però il Principe ereditario Mohammad Bin Salman deve fare i conti con le conseguenze degli attentati di Hamas del 7 ottobre, che avevano tra gli obiettivi anche quello di far saltare il dialogo di pace avviato tra l’Arabia Saudita e Israele con gli Accordi di Abramo, e che riaprono il dibattito sul ruolo della monarchia saudita nella regione.
La tragedia di Mestre
All’indomani
della tragedia, il ministro delle infrastrutture aveva pubblicato un
tweet dove si faceva intendere come dietro l’incidente di Mestre (che causò 21 vittime) ci fosse anche un problema coi bus elettrici
e le loro batterie, che si incendiano facilmente.
Il servizio di
Report si occuperà invece dello stato di manutenzione del guardrail:
perché il guardrail era interrotto in un punto e comunque era
inadatto?
L’assessore alla mobilità del comune di Venezia ha
spiegato che il progetto realizzato da Anas è stato realizzato anni
fa con quei varchi. Un progetto vecchio dunque fa intendere
l’assessore, ma nel 2001 Anas ha ceduto quel tratto al comune: la
legge sulle barriere stradali è del 1992 e prevederebbe un guardrail
più alto e continuo, ma questo viadotto è stato costruito 30 anni
prima e perciò a quella legge non è soggetto, è rimasto lì senza
che nessuno se ne preoccupasse.
A chi spettava la manutenzione?
C’è un atto commissariale, ha risposto l’assessore, che dice che
la manutenzione è del comune. Il progetto per la sostituzione dei
gardrail risale al 2018 ma l’approvazione per il finanziamento è
arrivata solo nel 2022 e prevede l’uso di 5,4 ml dai fondi del
PNRR.
Colpa dei tempi lunghi delle gare, commenta l’assessore:
si poteva almeno mettere in sicurezza quel tratto? Non faccio il
tecnico – ha concluso l’assessore – ci sono dei periti del
Tribunale che faranno le valutazioni su queste cose, “lasciate alla
procura fare le loro indagini”. Come se fare domande ad un nostro
rappresentante fosse un ostacolo alle indadini..
La
giornalista voleva porre qualche domanda al sindaco di Venezia
Brugnaro ma quest’ultimo ha risposto che no, a Report non intende
concedere interviste, “report no per carità”. Il sindaco ce l’ha
ancora per quella volta in cui Walter
Molino, uno dei reporter della trasmissione, aveva chiesto al
sindaco se avessero aggiornato la pratica antimafia su una azienda
che oggi gestisce in concessione un bene del comune: “siete lo
schifo dell’Italia” aveva risposto Brugnaro.
La colpa di
Report è essere una trasmissione faziosa: forse perché altri
giornalisti non pongono certe domande, scomode, difficili al sindaco.
Per esempio come mai sono stati approvati i lavori su un altro
cavalcavia, quello sulla rampa Rizzardi finanziato con fondi del
Mise.
I nostri rappresentanti devono imparare ad avere un
rapporto più sereno coi giornalisti, anziché accusare di faziosità
le persone, devono rendere conto delle loro azioni.
Ma
gli autisti hanno ricevuto formazione per guidare questi bus
elettrici?
Secondo l’azienda La Linea SPA, l’autista riceve
una formazione, perché ha un diverso sistema di frenatura, perché
elettrico.
Report ha intervistato un ex autista dell’azienda
che a Venezia usa questi bus elettrici e che racconta una realtà
diversa da quella raccontata dal manager: i corsi di formazione per
questi bus non sarebbero stati fatti, “i bus sono arrivati, lo
abbiamo solamente provato il giorno prima e il giorno dopo siamo
andati lì, abbiamo fatto una riunione .. ci hanno spiegato
l’impianto frenante, le batterie in alto, l’energia dove va e
come se la prende.”
La riunione sarebbe stata fatta dopo
l’incidente, non prima, racconta l’autista:
La scheda del servizio: La tragedia del bus di Giulia Presutti
Collaborazione di Lidia Galeazzo e Andrea Tornago
Immagini di Paolo Palermo e Davide Fonda
Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi e Paola Gottardi
Montaggio di Sonia Zarfati, Andrea Masella
Grafica di Giorgio Vallati
Il 3 ottobre scorso un pullman con a bordo 35 turisti è precipitato da un cavalcavia di Mestre.
Nello schianto sono morte 21 persone mentre le altre 15 sono state portate in ospedale con ferite gravissime. Secondo i primi rilievi, il bus si è accostato a destra strusciando sul guard rail per quasi 50 metri. Poi è precipitato in corrispondenza di un varco di servizio. Ma perché la continuità della barriera era interrotta da un'apertura che si è rivelata fatale? E perché il bus, guidato da un autista esperto, sembra esser stato negli ultimi istanti privo di controllo? Il tratto di strada dove è avvenuto l'incidente è sottoposto alla gestione del Comune, che stava svolgendo dei lavori per la messa in sicurezza del viadotto, ma non li aveva ancora terminati. Il bus, invece, è di proprietà dell'azienda Martini Bus, controllata da La Linea Spa, e fa parte di una flotta di 20 pullman elettrici prodotti dal colosso cinese Yutong che sono l'avanguardia della mobilità a zero emissioni. Per l’incidente, intanto, la procura ha iscritto nel registro degli indagati due tecnici del Comune e l'AD di La Linea.
Riso ai veleni
Dal Veneto arriva questa storia incredibile che racconterà Lucina Paternesi: Sorgà è uno dei pochi comuni del veronese dove si può coltivare la qualità di riso chiamata Vialone nano, le risorgive creano l’ambiente ideale per la raccolta del chicco a fine estate. Il Vialone nano è la ricchezza di questo territorio lo sa bene la regione Veneto che ha concesso un finanziamento di 400 mila euro per promuovere i suoi prodotti IGP. Da un lato la regione promuove, dall’altro azzoppa: accanto ai campi di riso si sta preparando la discarica di “car fluff”: un’enorme montagna che andrebbe a raccogliere circa il 40% del car fluff nazionale, lo scarto non riutilizzabile derivante dalla demolizione delle autovetture.
La scheda del servizio: Falda e faldoni di Lucina Paternesi
Collaborazione di Giulia Sabella
Immagini di Davide Fonda, Marco Ronca e Andrea Lilli
Montaggio di Sonia Zarfati
Grafica di Giorgio Vallati
Come è possibile che la Regione Veneto abbia permesso a un’azienda privata di interrare quei rifiuti a due passi dalle risaie?
Tra i 24 comuni del veronese in cui si coltiva il riso vialone nano, tra i più pregiati e l’unico insignito del marchio I.G.P. in Europa, c’è anche il piccolo comune di Sorgà, in provincia di Verona. Tra un campo di riso e l’altro, però, incombono le ruspe che hanno iniziato gli scavi per realizzare una discarica per rifiuti speciali non pericolosi: il “car fluff”, un pulviscolo contenente tutto ciò che non si può più riciclare dalle auto che rottamiamo. Come è possibile che la Regione Veneto abbia permesso a un’azienda privata di interrare quei rifiuti a due passi dalle risaie e dalle acque pure che inondano quei terreni? Il terreno su cui sorgerà la discarica è privato, l’azienda l’ha acquistato e ha iniziato a pagarlo prima di ottenere il via libero definitivo dalla Regione, nonostante la contrarietà della comunità locale. Ma non è l’unica stranezza. Secondo il progetto che l’azienda ha presentato alla Regione la falda acquifera si troverebbe ben al di sotto di dove si dovrà scavare; è toccato alla piccola amministrazione di Sorgà rifare tutti i rilievi sul terreno fino a che il Tar ha sospeso gli scavi e ora si dovrà pronunciare sul futuro della discarica e del piccolo Comune. Ma quanto è costato tutto questo?
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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