821 ml di persone soffrono la fame nel mondo e questo numero è destinato a crescere, la scienza è bellissima – dice il capo degli scienziati della FAO – è abbiamo bisogno della scienza per trovare nuove forme di cibo per sfamare il pianeta e rispettare l’ambiente.
Ma la politica ancora non è pronta ad ascoltare la scienza, troppo ancorata al mondo del passato.
La storia della peste suina è emblematica: migliaia di capi sono infettati nel nord Italia, da pochi mesi sono comparsi focolai negli allevamenti intensivi, così in caso di contagio si devono abbattere tutti i capo, quelli infettati e quelli sani.
Per contenere l’emergenza si sono sacrificati anche i maiali di compagnia, a Pavia, accolti in rifugio da attivisti che avevano anche realizzato un flash mob per bloccare gli abbattimenti.
Il virus della peste suina segue gli spostamenti dell’uomo, non solo segue gli spostamenti dei cinghiali: i focolai a Pavia sono cresciuti in poco tempo da questa estate per carenze nella biosicurezza negli allevamenti.
Allevamenti non recintati, con poca igiene, con tetti che non riparano dall’arrivo di altri animali: così l’infezione è andata avanti bloccando l’attività negli allevamenti.
Ma c’è anche di peggio: Marco Farioli, capo dei veterinari della Lombardia ha ammesso che alcune segnalazioni di casi di virus sono state denunciate in ritardo nella provincia di Pavia.
Il rischio è anche per l’economia italiana: i nostri prodotti potrebbero essere bloccati nell’export nel mondo: non cede solo la provincia di Pavia, ma tutta la regione.
Si doveva agire
subito coi primi focolai tra Piemonte e Liguria: i primi casi sono
della primavera del 2022, dal Piemonte la peste si è espansa fino a
Roma.
Il piano di abbattimenti del commissario Caputo non
convince tutti gli esperti, come quelli dell’Ispra: in effetti si
doveva recintare i terreni, proibire la raccolta dei funghi, le
passeggiate nei boschi.
La politica ha sottovalutato il problema, ora dobbiamo solo sperare che tenga il cordone di sicurezza a Pavia.
Le battaglie della Coldiretti
La Coldiretti è
l’associazione degli agricoltori che spesso si è trovata in
sintonia con questo governo e col ministro della sovranità
alimentare Lollobrigida: cibo made in Italy, meno importazioni, no
alle imitazioni, no alle limitazioni dell’Europa e alle sue
politiche ambientalistiche.
Timmermans è un cretino – dicono
gli incontri di Coldiretti: quello dell’Europa è terrorismo, come
anche la carne coltivata in laboratorio, come il no ai pesticidi, no
alle indicazioni sulle etichette.
Coldiretti ha molta
influenza sulla politica alimentare in Italia e in Europa: è un
sindacato che dovrebbe difendere i piccoli agricoltori, ma anche le
grandi imprese e le multinazionali straniere.
La storia di
Coldiretti è legata alla storia d’Italia, alla storia della DC,
oggi detta la politica al ministero dell’agricoltura: la decisione
sul no alla carne sintetica è stata lanciata dal presidente Meloni
in piazza davanti ai tavoli della Coldiretti.
Coldiretti attacca
tutto ciò che minaccia gli interessi degli agricoltori: ma in Europa
tutti i paesi hanno le stesse regole, sia per il cibo prodotto in
Europa che per quello che arriva da fuori.
Presadiretta ha seguito il lavoro degli ispettori che controllano il pesce importato (ma anche verdura, frutta), anche facendo dei prelievi per capire se ci sono pesticidi, residui di metalli pesanti.
Tutto deve rispettare gli standard europei, tutte le partite di cibo devono essere tracciate.
Coldiretti si batte contro il grano prodotto col Glifosato: in Canada può essere usato anche per l’essicazione chimica del frumento, ma quello che arriva da noi rientra nella norma, non ci sono motivi per bloccare i camion dal Canada, come ha fatto Coldiretti, per motivi di sicurezza.
Il Canada però non è tra i paesi tra quelli per cui fare controlli accresciuti: secondo Efsa i suoi prodotti sono controllati e sicuri.
Altra battaglia è
quella contro l’alcool: l’Irlanda è stato il primo paese ad
usare un’etichetta che parla della relazione dell’alcool col
tumore. L’Italia è tra i primi produttori ed esportatori di vino e
queste scelte sulle etichette danneggiano la nostra economia: anche
Coldiretti si è schierata con gli agricoltori e contro l’Europa
che non ha bloccato le etichette “terroristiche”.
Ma secondo
gli esperti interpellati da Presadiretta l’alcool uccide, l’etanolo
è responsabili di tumori, quello che dice l’industria del vino è
falso: non esiste una dose sicura di alcool.
Cos’è veramente il made in Italy?
Non basta dire made in Italy per avere cibo eccellente: produciamo cibo “corrente” in Italia che non è meglio di prodotti non italiani. Parliamo per esempio dei prodotti ritirati dai supermercati: come il taleggio dop contaminato da batteri, tartare di manzo.. tutti prodotti made in Italy che non sempre fanno bene alla salute.
Oggi però made in Italy è un marchio, un brand: come per Mc Donald che ha stretto un accordo con Coldiretti, cosa che molti allevatori non sanno nemmeno.
L’accordo con la multinazionale Mc Donald non è un modello che favorisce la biodiversità – dicono da Slow Food: il cibo modello fast food non ha niente a che fare con la dieta mediterranea, è cibo omologato, sempre uguale in tutta Italia.
La dieta mediterranea si basa su legumi e su olio di oliva, non sul consumo di carne principalmente.
La carne di Mc Donald arriva dal colosso Inalca: qui arrivano le mucche da latte a fine carriera (al quarto quinto anno sono considerate anziane, sono mucche che non danno più profitto per l’industria), ma che possono essere sfruttate per fare panini.
Tanto la carne macinata non deve essere di qualità.
Da una parte si celebra la carne dei fast food e dall’altra parte si demonizza la carne prodotta in laboratorio: il ministro Lollobrigida si sta battendo contro questa carne, per un tema di salute dei cittadini (quelli che poi devono mangiare nei fast food).
Il presidente di
Coldiretti Prandini era presente in studio per rispondere alla
salute: secondo la scienziata Cattaneo è una insensatezza proibire
la carne prodotta in laboratorio, si tratta di una cesura tra
politica e scienza, come già avvenuto nel caso Stamina, con la
Xylella.
La carne prodotta in laboratorio ha dei rischi per la
salute delle persone – spiega Prandini – ci sono studi come
quelli dell’OMS (mentre la FAO ha detto che è presto per parlare
di rischi, servono altri studi).
Coldiretti vorrebbe equiparare questi prodotti alle medicine: serve un iter di approvazione che non bassa dalle persone.
Ma la carne prodotta in Italia è sostenibile? Secondo Prandini l’Italia è il paese più sostenibile, dovremmo spendere risorse pubbliche per rendere il paese più sostenibile.
Ma l’Italia usa maggiori pesticidi in Europa – ha risposto Iacona: colpa del fatto che l’Italia traccia tutti i pesticidi usati, mentre in altri paesi si è meno rigidi coi pesticidi.
La percentuale dei respingimenti da paesi extra UE è sotto l’1 %, dunque il cibo che arriva da fuori è sicuro: questi sono i dati del ministero.
Il ministro Lollobrigida ha dichiarato guerra al cibo artificiale con un disegno di legge del marzo scorso: la difesa della civiltà dai nuovi barbari passa dal divieto della carne prodotta in laboratorio.
Ma questo tipo di carne è studiata anche nei centri di ricerca italiani, come fanno a Tor Vergata: dalle cellule staminali si allevano cellule, come i semi nelle serre, per arrivare ad una simil bistecca. Obiettivo non è solo nuovo cibo per alimentazione, ma anche realizzare nuovi tessuti per fini medici: il ban del governo può creare problemi alla ricerca, perché blocca l’arrivo di fondi privati, fondamentali in Italia dove i fondi pubblici per la ricerca sono scarsi.
C’è poi il rischio di importare carne da paesi stranieri, dove la “ricetta” per produrre carne è segreta.
Presadiretta è andata a Singapore, città stato dove 5 ml di abitanti convivono su un’isola dove devono importare il cibo di cui si nutrono: cui si investono milioni di dollari per il cibo del futuro, come il bacon a base vegetale realizzato con la soia, pollo fatto con le arachidi che è un sottoprodotto di scarto dell’industria alimentare, pesce coltivato assieme a proteine vegetali, carne coltivata in laboratorio realizzata da una startup sud coreana, microalghe che fanno sanguinare gli hamburger vegetali.
La multinazionale Cargill è sponsor della manifestazione sulla carne del futuro a Singapore: sono interessati a questa carne da laboratorio perché ritengono che sia una interessante alternativa.
Il futuro non è in contrasto con la tradizione – spiega un venditore di carne alla giornalista di Presadiretta – semplicemente quando milioni di nuovi consumatori chiederanno nuova carne, dovremmo trovare il modo di produrla in modo sostenibile.
Alla UmamiMeats producono in laboratorio anche i pesci, specie quelli a rischio estinzione: sono prodotti in bio reattori prodotti da una azienda italiana, la Solaris. Sapere che in Italia la carne “sintetica” sia proibita, fa ridere il ricercatore intervistato da Presadiretta.
A Singapore tutti i ricercatori stanno cercando il modo di far crescere le cellule senza bisogno di ormoni o di liquidi di origine animale: un prodotto interamente “realizzato” senza bisogno di uccidere animali.
In futuro non potremo sfamare tutte le persone come oggi: cosa faremo allora? La carne diventerà solo un prodotto per ricchi, contrariamente a quanto è nelle intenzioni del ministro Lollobrigida?
Il professor Chen è un consulente della FAO: ha lavorato al documento che oggi viene usato dalla Coldiretti come arma contro la carne da laboratorio. Ma a Presadiretta spiega come nel documento si parli di rischi potenziali, ovvero di rischi presenti anche in altri prodotti.
Nella carne coltivata non ci sono rischi maggiori rispetto alla carne tradizionale: questa la posizione della FAO, con buona pace di tutti.
Non è solo questo: con la carne da laboratorio c’è meno consumo di risorse, c’è meno emissione di metano nell’aria.
È importante studiare la carne prodotta in laboratorio – racconta la ricercatrice della FAO – la scienza è bellissima, spiega, dovremo sfamare una popolazione in crescita con meno risorse.
Corriamo il rischio che il cibo del futuro finisca nelle mani di poche aziende nella Silicon Valley?
Allora perché non si fa ricerca anche in Italia – sono le parole di un manager di una di queste aziende americane la Eat just - la verità è che la carne tradizionale arriva da allevamenti intensivi che non hanno nulla di naturale, sono luoghi infernali, dove si fa largo uso di medicinali, dove gli animali vivono in condizioni drammatiche, sono costretti a crescere in modo rapido.
Altro che carne naturale, altro che l’immagine idilliaca dei polli allevati a terra o delle mucche libere nei pascoli.
Non è solo una questione etica: questo modello di allevamenti pone rischi anche alla nostra salute, per questo EFSA ha già pubblicato raccomandazioni su come allevare animali.
Per esempio dare spazio ai polli: se gli animali sono stressati si ammalano di più e queste malattie possono causare conseguenze agli uomini, costringono ad usare sempre più antibiotici. Dobbiamo considerare un tutt’uno la salute animale e quella dell’uomo.
Purtroppo come consumatori nemmeno possiamo sapere da dove arriva la carne, se l’animale è cresciuto in un allevamento intensivo, a che età è stato ucciso, come è stato trattato quando era in vita. Basta animali in gabbia, questa la battaglia che si sta preparando in Europa: basta scrofe costrette a stare settimane nelle gabbie per prepararle alla gestazione.
Allevamenti che emettono sostanze nocive in atmosfera, come l’ammoniaca e che sono nocive per la nostra salute.
Chi vive attorno a questi allevamenti lo sa molto bene: la puzza che arriva li costringe a rimanere chiusi in casa, chi può vende. Perché l’ammoniaca prodotta dalla zootecnia uccide.
Eppure in Italia, in Emilia Romagna si continuano a costruire ed espandere nuovi allevamenti e in Europa i popolare e le destre hanno votato per considerare come fonte di inquinamento anche gli allevamenti intensivi: le lobby sanno muoversi bene per difendere i loro interessi, spesso in contrasto con quelli della nostra salute.
Per seguire il consenso facile, la politica non fa lo sforzo di seguire la scienza, come non lo ha fatto anni fa quando è comparsa nel sud d’Italia la Xylella.
Dieci anni fa al CNR di Bari gli scienziati scoprirono questo batterio, la Xylella, molto pericoloso e sconosciuto in Europa: si trasmette tramite degli insetti che si nutrono con la linfa della pianta.
Il protocollo prevede l’abbattimento delle piante per fermare il batterio, suscitando le proteste dei coltivatori: ma purtroppo la realtà scientifica era quella, come ammette oggi un ex olivocoltore che oggi si è dedicato alla vite.
Oggi ci sono interi ettari che sono diventati un cimitero di ulivi che non sono nemmeno buoni come legna da ardere.
Gli indennizzi della regione sono stati insufficienti rispetto alle richieste degli agricoltori: i danni economici sono stati stimati in 2 miliardi di euro, si sono persi 5000 posti di lavoro a cui hanno contribuito il negazionismo e le teorie del complotto (cavalcate anche dalla politica). Non solo, alcuni ricercatori del CNR furono indagati dalla procura di Lecce.
Nel frattempo la Xylella non si è fermata, nuovi focolai sono stati individuati ancora più a nord: nonostante questo il negazionismo non è tramontato, il responsabile degli abbattimenti della regione Puglia è stato costretto a rilasciare l’intervista in modo anonimo.
La ricerca ci può salvare, solo la scienza: cercare cioè piante più resistenti, individuare in modo tempestivo nuovi focolai e questo si fa tutti assieme, ricercatori, politica e agricoltori, sempre che si voglia finanziare la ricerca.
Ma la politica oggi si sta battendo anche contro la rivoluzione dell’auto elettrica: l’industria automobilistica ha raccolto la sfida dell’elettrico, abbandonando il vecchio motore a benzina.
Significa fare ricerca sulle batterie, ricerca delle materie rare, una grande competizione con la Cina: ma in Italia non siamo pronti, la vecchia Fiat di Marchionne non credeva all’elettrico, abbiamo perso dunque il treno dell’innovazione e ora sono a rischio i posti di lavoro ancora rimasti nel nostro paese.
Non saranno certo le ridicole battaglie della nostra destra a difesa del motore termico a fermare la rivoluzione elettrica.
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