I nemici di Aldo Moro (e di Falcone e Borsellino)
Chi
erano i
nemici di Aldo Moro? C’erano
dei burattinai che manovravano i brigatisti, nello Stato o fuori?
Report torna sulla morte del presidente della DC, dopo il servizio
dello scorso gennaio
che aveva
suscitato tante reazioni polemiche.
In
quel servizio si mettevano in discussioni tutte le lacune della
versione ufficiale sul rapimento, la prigionia e l’esecuzione del
presidente della DC, si spiegava come ci fossero ancora oggi delle
piste non seguite allora dagli investigatori (sui covi
dove fu tenuto Moro, come
il covo in via Massimi 91).
Il
presidente non volle funerali di stato, non volle accanto i dirigenti
del suo partito, la famiglia nemmeno partecipò il 13 maggio 1978
alla commemorazione in San Giovanni in Laterano. Nel memoriale,
comparso come incanto 12 anni dopo (il secondo ritrovamento nel covo
di via Montenevoso a Milano), Moro accusava esplicitamente la DC e
Andreotti di averlo abbandonato ai suoi assassini e in una lettera
aveva presentato le dimissioni dal partito.
Paolo Mondani ha
intervistato l’ex presidente della commissione stragi che gli ha
rivelato una confidenza dell’ammiraglio Martini: “.. era stato il
più longevo tra i direttori del servizio segreto militare (Sismi) e
che all’epoca del sequestro Moro era al numero due del servizio. Mi
disse, ‘io non le ho detto la verità’, cioè che aveva avuto uno
scontro col ministro della Difesa Ruffilli”.
Pellegrini
riporta le parole dell’ex numero due del Sismi: “Mi ero fatto
dare delle dichiarazioni dagli uffici in cui si diceva che Moro non
era in possesso di segreti sensibili e Ruffilli disse ‘allora
possiamo stare tranquilli’ e io sbottai dicendo ‘proprio lei non
può stare tranquillo perché da una cassaforte del suo ministero è
sparito un documento su Gladio che esisteva soltanto in due copie.
Una custodita a Roma e una custodita a Londra..’”.
Andretti,
Cossiga, i membri del comitato di crisi tutti avevano la certezza che
Moro avesse fatto avere questo documento riservato su Gladio alle br?
Risponde Pellegrini: “Dai comunicati delle br, il numero 3 e
il numero 6, l’intelligence alleata capisce che le brigate rosse
erano entrate in possesso di quel documento e dal quel momento
decidono che non devono fare niente per salvare Moro.”
Nel
testo del memoriale trovato
in via Monte Nevoso a Milano nel 1990 mancano delle parti?
Mondani lo ha chiesto al direttore dell’archivio di Stato a Roma
Michele di Sivo: “Ci sono solo due punti in cui sembrano non
esserci e tutti e due riguardano i rapporti tra Giulio Andreotti e i
servizi segreti ..”
Anche lo storico e scrittore
Giovanni Fasanella, autore di un saggio sul caso Moro (Il
golpe inglese - Chiarelettere), ha toccato il punto delicato
sugli interessi stranieri in Italia: assieme
a Mario Jose Cereghino hanno studiato per anni i documenti via via
desecretati dello spionaggio inglese in Italia conservati nei
National Archives di Kew Gardens a Londra. Ed è qui che scoprono un
tesoro rimasto sepolto per decenni anche sul caso Moro:
“Una
serie di documenti sulle riunioni di una Commissione segreta del
governo britannico che lavorò nei primi sei mesi del 1976. Questa
Commissione aveva avuto il compito dal governo britannico di
elaborare dei piani di guerra clandestina, di operazioni illegali e
clandestine da attuare in Italia per neutralizzare la politica di
Aldo Moro. Molte le ipotesi prese in considerazione, alla fine ne
rimase una: colpo di Stato militare, classico. Questa opzione venne
discussa con la Germania federale, la Francia e gli Stati Uniti
d'America. All'epoca era Kissinger il referente di questa Commissione
dei quindici del governo britannico. E
naturalmente c’erano perplessità, c’era addirittura chi
prevedeva il bagno di sangue nel caso in cui ci fosse stato un colpo
di stato militare di destra. Alla fine cosa si decise? Si decise per
il piano B, appoggio ad una diversa azione sovversiva.”
Quali
sono queste azioni sovversive nel dettaglio – ha chiesto nel
servizio il giornalista di Report?
“La
propaganda occulta, influenzare i giornali, corromperli, pagare i
giornalisti, utilizzarli come strumento per condizionare la politica.
Una volta individuato un nemico, a livello più basso, la corruzione.
Se non funziona la corruzione, la macchina del fango,
l’intimidazione, fino all’eliminazione fisica.”
Il
vicesegretario socialista di quegli anni, Claudio Signorile, come
raccontato nel precedente servizio di Report, mediò con le Brigate
Rosse tramite alcune esponenti dell’autonomia operaia per la
liberazione dello statista democristiano. Signorile aveva raccontato
che nell’ultima settimana della prigionia le br furono “come
affiancate”.
Nella vicenda Moro sono intervenute realtà
esterne al brigatismo a condizionare la soluzione finale – è la
tesi di Signorile, ma a che cosa si riferisce?
“Le provenienze
sono queste, inglesi, americani ma in modo marginale, francesi, ma
gli inglesi hanno il primato, perché hanno il coordinamento, sono
quelli responsabili dei processi politici. Quando loro dicono ‘i
comunisti in Italia sono un problema serio che va affrontato fino
alle estreme conseguenze..’”.
Gli
inglesi erano anche nei partiti di governo, infiltravano anche i
partiti, gli apparati: “mi sorprende che lei si sorprenda, fa parte
della tecnica della capacità di infiltrazione inglese che in qualche
modo tenevano aperta una porta di dialogo col brigatismo, quando era
già passato alla lotta armata. Questo fatto mi è stato detto, mi
sono stati indicati i luoghi dove tutto questo avveniva..”
C’erano,
secondo quanto racconta l’ex vicesegretario del PSI, uomini dei
servizi inglesi che incontravano dei brigatisti.
Per cercare una conferma alla tesi sulla eterodirezione delle br, se ci fosse qualcuno che le manovrava, Paolo Mondani ha sentito il professor Giovanni Maria Ceci – ordinario di storia contemporanea a Roma – che racconta di come dagli archivi americani non emerge alcuna infiltrazione nelle br di uomini dei servizi americani. Ma il professore riporta la testimonianza dell’ambasciatore americano del tempo, Richard Gardner, che avrebbe confermato l’esistenza di un infiltrato dentro le br.
Il
generale Jucci, continua il servizio di Mondani, fu inviato da Moro
nella Libia di Gheddafi nei primi anni 70: fu capo del
controspionaggio comandando i carabinieri poi negli anni 80. Amico di
Moro e di Cossiga, oggi a 98 anni racconta che se non ci sono dubbi
che ad uccidere Moro siano stati i brigatisti, “ma certamente le br
avevano dei burattinai, almeno io lo penso, come i burattinai li
avevano chi cercava di liberare Moro”.
Sugli errori commessi
dagli investigatori aggiunge: “Quello che mi rammarica è che
probabilmente questi errori furono fatti per volontà di farli.”
I
nemici di Moro potrebbero essere gli stessi di Falcone e Borsellino,
personaggi provenienti dalla zona grigia dello stato: con la caduta
del muro di Berlino nel 1989 crolla il patto di omertà che legava
centinaia di agenti segreti, gladiatori, professionisti
dell’eversione di destra e altrettanti boss mafiosi che avevano
collaborato alla strategia della destabilizzazione del nostro paese
dal dopoguerra. Giovanni Falcone intuisce questo intreccio proprio
mentre, anni dopo, sta indagando sull’omicidio di Piersanti
Mattarella. Siamo a dicembre del 1991, Falcone è a cena da Pino
Arlacchi, suo collaboratore al ministero degli Interni: “non disse
una parola tutta la sera, finché non furono andati via tutti, gli ho
detto ‘Giovanni sei stato zitto, molti di questi volevano parlare
con te’. Lui disse non ho parlato perché sto appena tornando da
Palermo e sono ancora immerso in tanti pensieri tentando di decifrare
le informazioni che ho appena avuto, su tutta la situazione di cosa
nostra, e su tutta la situazione degli ambienti che circondano cosa
nostra, gli ambienti di Andreotti. Sono tutti in un grandissimo
allarme, perché si sentono traditi, non si sentono più protetti
dalla politica, il governo non fa più niente per loro. E inoltre ho
parlato con una fonte molto importante a cui do credito che mi ha
raccontato alcuni particolari dell’omicidio Mattarella che ha
confermato quello che pensavo da
tempo. Cioè che sia stato un caso Moro bis, c’erano la P2, Gladio
e la mafia, per eliminare Mattarella in quanto si era messo sulla
strada pericolosa, aveva superato la stessa linea rossa che aveva
superato Moro, stava cercando un accordo coi comunisti in
Sicilia.”
Giovanni
Falcone salterà in aria il 23 maggio 1992, l’8 giugno successivo
il ministro dell’Interno Scotti e di Giustizia Martelli approvarono
il decreto che istituiva il 41 bis, un regime di detenzione che
prevede l’isolamento dei boss di mafia per impedire il passaggio di
ordini tra il carcere e il clan sul territorio. Un mese dopo a
luglio, crollato il governo Andreotti, nasce il governo Amato, i due
ministri vengono rimossi anche perché dopo il decreto si era
scatenato l’inferno.
Lo racconta lo stesso ex ministro Scotti:
“immediatamente il giorno dopo fu dichiarato dagli avvocati lo
sciopero e la maggioranza alla commissione Affari Costituzionali pose
il problema di incostituzionalità del provvedimento ..”
Da
ministro dell’Interno – chiede Mondani – ebbe mai la sensazione
che esistesse una relazione, addirittura un rapporto sistematico tra
mafiosi corleonesi e alcuni componenti degli apparati dello Stato?
“L’ho sempre pensata così”.
Il governo Amato giura
nei primi giorni di luglio del 1992, al posto di Scotti all’Interno
viene nominato Nicola Mancino, al posto di Martelli al ministero di
Grazia e Giustizia fu nominato Giovanni Conso e poi arrivò
l’avvicendamento ai vertici del DAP di Niccolò Amato con Alberto
Capriotti: in poche settimana furono tutti sostituiti i responsabili
della linea dura contro la mafia.
Commenta Scotti oggi: “Prevalse la linea della convivenza che poi degenera facilmente in connivenza con la mafia.”
La scheda del servizio: I NEMICI DI MORO E FALCONE
Di Paolo Mondani
Collaborazione Roberto Persia
Le vite di Aldo Moro, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre e Piersanti Mattarella sono state sacrificate sull'altare dell'aspirazione italiana verso una maggiore indipendenza? Ma chi sono i veri responsabili delle loro morti? Queste domande, ancora oggi senza risposta, continuano a echeggiare, gettando un'ombra sulla verità storica e minando il legame tra cittadini e politica. È chiaro che le Brigate Rosse, il presunto dossier mafia appalti, o la pista mafiosa nell'omicidio di Mattarella, non bastano a spiegare la complessità di quei momenti cruciali. Per comprendere appieno il contesto, è necessario immergersi nei loro mondi, nei loro sforzi instancabili per un cambiamento. Attraverso testimoni di spicco dell'epoca emergono dettagli di un'Italia sottoposta da sempre a una sorveglianza speciale.
La politica svenduta
Le intercettazioni emerse dall’inchiesta sul presidente della regione Liguria Toti raccontano in modo abbastanza chiaro quale sia la concezione della politica da parte di questi partiti: non un servizio a favore dei cittadini, nel rispetto dei principi costituzionali, delle leggi. Ma un servizio per pochi amici, amici miei, quelli che poi ti ospitano in barca e finanziano le tue fondazioni con cui pagarti le campagne elettorali e comprare consenso.
Report
si era occupata già del caso Liguria (che non riguarda solo il
centro destra) con l’inchiesta “Gli
oligarchi del mare”, dove si raccontava di questo modello, non
distante da quello russo, dove potenti imprenditori, Aponte
di Msc e Spinelli, hanno un rapporto privilegiato coi vertici
dell’amministrazione regionale.
Il
servizio raccontava di un viaggio nel 2017 a Givevra dall’armatore
Aponte, su un aereo privato di Garrone, presenti il presidente del
porto di Genova Signorini, il sindaco Bucci e il Presidente Toti: “un
viaggio comodo e a costo zero per l’amministrazione pubblica” si
giustificò Toti, ma certamente poco opportuno.
In
quell’incontro si discusse della diga davanti al ponte, progetto
poi finito nell’inchiesta ligure di queste settimane.
Dal
servizio era emerso il rapporto “particolare” degli
amministratori locali con l’armatore Aponte, perché “ha una
visione strategica..” si era giustificato il presidente
dell’autorità di sistema del porto di Genova Signorini: tutto
regolare, le cene, i viaggi su aerei privati, come anche i
finanziamenti da parte di imprenditori privati come Spinelli
all’attività politica di Toti.
“Noi
facciamo beneficenza da tutte le parti” spiegava al telefono
Spinelli col giornalista di Report: aiutano le chiese, i giornali le
televisioni.. Ma quando si aiuta la politica lo si fa in modo
disinteressato o si aspetta qualcosa in cambio? Anche Aponte ha
finanziato con una sua società Toti.
Alla fine la diga,
il progetto fermo da 10-20 anni come diceva Spinelli, è stato
sbloccato e lo pagheremo noi: avrebbe dovuto portare ricchezza al
territorio, al momento la ricchezza l’hanno portata agli
imprenditori, per le concessioni.
La scheda del servizio: AGGIORNAMENTO OLIGARCHI DEL MARE
Di Luca Chianca
Collaborazione Alessia Marzi
A gennaio 2023 Report si era occupato di Msc, la più grande compagnia di shipping al mondo, con il cuore in Italia e il portafoglio in Svizzera. Ma se a Ginevra c'è la sede principale, il suo quartier generale italiano di fatto è Genova. Era emerso quanto Msc fosse interessata all'ampliamento dello storico porto per poter far attraccare navi container sempre più grandi.
Un racconto che aveva messo in evidenza i rapporti consolidati tra il più grande armatore al mondo, Gianluigi Aponte di Msc, il più grande armatore genovese, Aldo Spinelli, socio di Msc, la politica regionale guidata da Giovanni Toti e l'allora presidente dell'autorità portuale di Genova, Paolo Emilio Signorini.
Martedì scorso Toti, Spinelli e Signorini sono stati arrestati per corruzione. L’accusa: denaro in cambio di favori. Nel mirino concessioni portuali, l’apertura di supermercati Esselunga, Rolex, cene e presunti finanziamenti illeciti alla politica.
Il sindaco di Fiumicino e il finanziamento fantasma
Fiumicino non è soltanto un aeroporto, è una città di 83mila abitanti divisa in 14 località: da un anno la città ha un nuovo sindaco, l’ex politico Mario Baccini. Il sindaco ha mantenuto la carica di presidente del Microcredito, ente finanziato con fondi pubblici per sostenere le piccole imprese (lo gestiva anche quando era seduto in Parlamento).
“Ma
come fai a fare il sindaco di una città e poi fare il presidente di
un ente che prende i soldi dallo Stato” - si chiede ironicamente il
giornalista Sergio Rizzo – “un ente pubblico che hai fatto tu
però, che te lo sei creato a tua immagine e somiglianza e ne sei
presidente da 20 anni..”
Baccini sindaco si vanta di aver
portato in comune la sua esperienza manageriale: “abbiamo fatto una
operazione di spending review, di azzeramento di consulenze, c’è
posto anche per lei nell’ufficio stampa se vuole assumiamo anche
lei” spiega sornione alla giornalista di Report.
Gli
uffici comunali sono già affollati racconta a Report la consigliera
di opposizione Paola Meloni: “ci è capitato di vedere che mi
risulta non abbiano ruoli ufficiali all’interno del comune che
hanno addirittura parlato alle conferenze dei capigruppo, alle
riunioni di giunta ..”
Chi sono queste persone? Risponde il
consigliere PD Ezio di Genesio Pagliuca “il nostro sindaco è anche
presidente del Microcredito e quindi sono persone che lo hanno
accompagnato in questo percorso”.
Una delle consulenze che il
comune non ha azzerato è quella per l’avvocato Graziano: “non è
una consulenza” risponde il sindaco “è un incarico che noi
abbiamo affidato al capo di gabinetto.. lui è capo di gabinetto e
anche consulente giuridico”.
Ma come consulente giuridico in
comune esiste già la figura del segretario generale, che per legge
ha le funzioni di consulente giuridico: “il segretario generale ha
le sue funzioni, io ho il mio gabinetto con le mie persone, i miei
consulenti, con le mie persone, con gli esperti..”
Dunque come
la mettiamo con le consulenze azzerate?
La scheda del servizio: IL SINDACO E IL DIPARTIMENTO MISTERIOSO
Di Rosamaria Aquino
Collaborazione Marzia Amico
Fiumicino, la città dell'aeroporto sul litorale romano, da un anno ha un nuovo sindaco: Mario Baccini. Baccini è stato deputato, sottosegretario agli Esteri, ministro della Funzione pubblica, vicepresidente del Senato e oggi mantiene ancora la carica di presidente del Microcredito, l’ente pubblico non economico che favorisce l’accesso al credito delle microimprese e delle categorie sociali maggiormente svantaggiate.
Tra consulenze, grandi progetti come quello del porto crocieristico e spese per gli eventi, Report analizza la sua gestione del Comune. Tra i finanziamenti alla sua campagna elettorale però compare il sostegno di un dipartimento di un'università sconosciuta persino al sindaco. Chi c'è dietro?
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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