I 18 milioni di euro in arrivo per la sanità, dai fondi del pnrr, salveranno solo le mura degli ospedali o anche i pazienti?
Dopo la sanità, un servizio sulla fu Scala del calcio, lo stadio di San Siro, ex Meazza, che oggi rischia di essere abbattuto per lasciare spazio all’ennesima speculazione edilizia camuffata dal progetto per il nuovo stadio.
Poi un servizio su come il Fondo monetario sta aiutando l’Ucraina e un aggiornamento sulla morte del ricercatore Giulio Regeni.
Come il fondo monetario aiuta l’Ucraina
In che modo il fondo monetario sta aiutando l’Ucraina, ancora da prima della guerra che sta sostenendo dopo l’invasione dell’esercito russo?
Nel 2018 FMI ha concesso un prestito da 3,9 miliardi di dollari in cambio della liberalizzazione esplicita delle terre agricoli cedute dallo stato alle grandi multinazionali del settore agricolo.
Campi che oggi sono rovinati dalle “big pharm” che fanno un uso intenso dei prodotti chimici: Report ha racconto le proteste dei piccoli agricoltori che si trovano schiacciati da questi giganti, come Vitaly Konfederat che nel passato è stato ufficiale di una brigata di assalto e che in guerra è stato ferito al petto. Ora Vitaly è nella riserva ed è tornato a casa nella regione di Odessa, nella terra nera dell’Ucraina, la più fertile del continente che rende questo paese da secoli il granaio d’Europa
“LE squadre delle grandi aziende arrivano, lavorano e se ne vanno” racconta Vitaly “noi piccoli agricoltori teniamo in vita i villaggi, gli asili, le scuole, ma nelle piccole fattorie mancano gli uomini, sono andati al fronte lasciando le terre incolte.”
La legge sulle liberalizzazioni delle terre agricole consente ai privati di acquistare fino a 10 mila ettari ed è entrata in vigore a guerra in corso nel gennaio 2024.
Anche l’Italia avrebbe voluto acquistare delle terre, anche Vitaly ha ricevuto delle richieste di acquisto della sua terra, “ma io ho combattuto al fronte per questa terra, voglio lasciarla ai miei figli, nipoti fa male vedere che lo stato lascia spazio a questi speculatori, loro possono comprare io no, ho chiesto un prestito alla banca e mi hanno risposto che non potevano darmelo perché sono un militare e potrei restare ucciso da un momento all’altro..”
La scheda del servizio: LAB REPORT: AAA UCRAINA VENDESI
Di Manuele Bonaccorsi e Chiara D’Ambrosio
Collaborazione Madi Ferrucci
L'Ucraina piegata dalla guerra rischia di vedersi sottratte le sue principali risorse: i terreni agricoli e i minerali. Non solo dalla Russia, che ha conquistato con le armi un terzo del territorio ucraino. Ma anche dagli alleati occidentali. Trump ha imposto un accordo che prevede la gestione del 50% delle royalties su qualsiasi nuova estrazione mineraria, con l'obiettivo di controllare materiali strategici per l'industria della difesa. E il Fondo monetario internazionale ha chiesto e ottenuto di liberalizzare la vendita delle terre agricole. Mentre gli agricoltori sono impegnati al fronte, poche grandi compagnie, spesso con sede in Europa e negli USA, si espandono e controllano ormai centinaia di migliaia di ettari di terreno fertile. Un modello di agroindustria che rischia di svuotare le campagne e di impoverire milioni di piccoli contadini.
Come spenderemo i fondi del Pnrr sulla sanità
Doveva essere l’occasione per rinforzare la sanità territoriale, quel presidio a tutela della nostra salute che avevamo scoperto essere fragile, per la carenza delle strutture.
Coi fondi del pnrr avremmo potuto finalmente avere ospedale sul territorio (e non solo nelle grandi città) per gestire visite ed esami e alleggerire il carico sulle grandi strutture e nei pronto soccorso.
Ma ci si è dimenticati di un aspetto importante: mancano medici e infermieri da mettere in queste case di comunità che potrebbero diventare delle strutture vuote.
Anche qui in Lombardia dove l’amministrazione di destra che governa da decenni la regioni si fregia di avere una sanità da eccellenza: il territorio della Martesana comprende 53 comuni e 630 mila abitanti ed è il distretto sanitario più popoloso della regione, ma anche qui mancano medici e infermieri tanto da essere ultima in regione coi suoi 4 sanitari per ogni mille abitanti. 13 mila cittadini poi sono senza medici di base, sono quasi 100 i posti vacanti nel 2024: tutto questo è causa di grani disagi per i cittadini che per settimane si sono dati appuntamento davanti la sede dell’azienda sanitaria per protestare.
I cittadini chiedevano ai sindaci della Martesana di attivarsi con tutti i mezzi a disposizione presso tutti gli organi competenti affinché si facciano carico della soluzione: trovare medici per assicurare un servizio garantito dalla Costituzione.
Secondo la regione in questo distretto le liste di attesa per le visite urgenti o a breve termine sono peggiorate negli ultimi anni, le dieci case di comunità previste dal piano di potenziamento sarebbero un toccasana.
Curzio
Rusnati è portavoce del comitato cittadini per la salute della
Martesana: per mesi hanno organizzato un presidio davanti ad una casa
di comunità, nel comune di Gorgonzola, “sono venuti i funzionari
della ASST” racconta a Report “a promuovere i servizi che ci
sarebbero stati per i cittadini, ad accesso libero, h24..”
Ma
cosa c’è veramente nella casa di comunità di Gorgonzola,
inaugurata a dicembre 2022 (prima della elezioni regionali del 2023)
poi chiusa a luglio 2024 per problemi alla struttura. I lavori alla
struttura dovrebbero terminare a gennaio 2026: in una domenica
mattina il giornalista di Report ha trovato dentro solo il medico di
guardia, spostato dentro la casa di comunità.
A Report il medico racconta che al di fuori dei giorni festivi non si trova sempre un medico: “perché o ti doti della possibilità di fare le rx, la possibilità di fare emogas, elettrocardiogramma, hanno messo semplicemente qua sopra per 4 mesi un hotspot dove facevi i tamponi di influenza covid .. quello che se ne sta più grave se ne va al pronto soccorso..”
Assenti anche i servizi infermieristici promessi, non c’è nessun infermiere ad aiutare il lavoro del medici di guardia che comunque rimane in struttura fino alle 20.30. Se uno si sente male dopo vai al pronto soccorso.
Come finirà la storia delle case di comunità? Finirà che saranno date in gestione ai privati che si ritroveranno gratis nuove strutture e un bacino di utenti bisognosi di cure, a pagamento.
Il presidio medico di Palazzo Chigi
Se devi sentirti male, meglio stare a Palazzo Chigi dove è presente un presidio medico ben fornito, diversamente da quanto visto nelle case di comunità e nei pronto soccorso.
Ben dotato non solo come medici e infermieri ma anche come strumentazione sanitaria con defibrillatori, cardiografo portatile, strumenti oculistici, sei lettini, farmaci per urgenze, dispositivi vari.. quasi un pronto soccorso, forse anche troppo considerando che Palazzo Chigi si trova al centro di Roma con diversi ospedali vicini.
Quanto costa questa struttura? Palazzo Chigi non ha risposto alle domande di Report così i giornalisti hanno fatto i conti da soli: il costo del personale ammonterebbe almeno a 2,3 ml l’anno.
La scheda del servizio: PALAZZO CHIGI HOSPITAL
di Chiara De Luca
Collaborazione Eleonora Numico, Carlo Tecce
A Palazzo Chigi c’è il Presidio sanitario più invidiato d’Italia: 4 medici dirigenti, 9 infermieri e 13 amministrativi, due oculisti e un medico del lavoro per alcune ore settimanali più una convenzione con l’ASL per medici rianimatori con uno costo di 2 milioni e 300 mila euro l’anno.
A dirigere il Presidio fino a qualche settimana fa è stata la Dottoressa Brunella Vercelli che è anche medico di base a Roma. Report è andato a verificare se i pazienti comuni sono stati trattati come gli inquilini di Palazzo Chigi.
Le luci si spengono su San Siro
La canzone di Vecchioni è forse quella adatta come colonna sonora per questi ultimi mesi dello stadio di San Siro: i privati hanno fatto una proposta di acquisto che è stata giudicata congrua per lo stadio e ora potranno farci quello che vogliono.
Lo stadio fu inaugurato nel lontano 1926, il secondo anello fu costruito nel dopoguerra e solo per i mondiali di Italia 90 viene realizzata la copertura e il terzo anello.
San
Siro ha una sola particolarità – racconta lo stesso Vecchioni –
è solo uno stadio, non ci sono ristoranti, bar, piste per
l’atletica, è solo stadio “quando sei dentor lì, il mondo non
c’è più”. La storia di questo stadio finirà come la canzone,
“le luci non si accenderanno più”..: sulle ceneri del vecchio
stadio ne sorgerà uno nuovo attorniato da ristoranti, centri
commerciali, palazzi per clientela vip.
L’appassionato
di calcio è visto come un limone da spremere – racconta a Report
l’ex vicesindaco di Milano Luigi Corbani – “il modello non è
quello delle tartine di gamberetti ma dovrebbe essere quello della
gente che vuole vedere il calcio ..”
Il
sindaco Sala, ancora nel 2019 per paura che le società andassero via
da Milano aveva messo il piatto anche la vendita dello stadio che,
all’epoca, non era la priorità per le società.
Il Milan
infatti rilanciò prima col nuovo stadio personale nel parco della
Maura e, infine, a San Donato Milanese in un’area nel mezzo
dell’autostrada e delle linee ferroviarie a sud di Milano.
Facendo
sorgere subito la reazione negativa dei comitati locali, contrari
all’opera: Innocente Curci è un esponente di questo comitato che a
Report racconta di come questa zona sia un imbuto “attualmente
accessibile solo da un sottopasso”.
In questo imbuto secondo
il Milano sarebbero dovuti arrivare circa 70 mila tifosi ogni partita
in un comune che conta solo 30 mila abitanti.
“Immaginate che San Donato non ha parcheggi” spiega la consigliera di opposizione Gina Falbo “addirittura hanno immaginato per i parcheggi dello stadio di far lasciare le macchine degli ospiti della struttura all’aeroporto di Linate, alcuni hanno addirittura rappresentato i parcheggi del supermercato Esselunga.”
Il sindaco di San Donato Squeri – area centro destra – si giustifica dicendo che quel fazzoletto di terra sembra piccolo ma “guardando il progetto lo stadio ci starebbe, verrebbero fatti dei parcheggi sotto, non sono tutti sufficienti, ma noi abbiamo ad un km e mezzo circa ci sono i parcheggi della metropolitana ..”
Ma che impegno economico ha assunto il Milan per comprare l’area? Il Milan parla di 40 ml di euro, una cifra alta se si pensa che il solo San Siro potrebbe essere adesso venduto dal comune di Milano per soli 73 ml di euro.
Il terreno è stato comprato definitivamente dal Milan? Parrebbe di si, spiega la consigliera Falbo “ma questo contratto non l’ha mai visto nessuno, nemmeno il comune ha copia di questo contratto ”.
Sullo stadio San Siro c’era il vincolo della Soprintendenza che scatta, per un’opera di proprietà pubblica, dopo i 70 anni dalla costruzione e diversi comitati che si oppongono al progetto di abbattimento dello stadio si sono basati su questo vincolo.
Veronica Dini è legale del comitato San Siro: “abbiamo raccolto documentazione fotografica che dimostra il fatto che a partire dalla fine del 1954 ma sicuramente dal gennaio – giugno 55 si sono giocate partite a San Siro nelle quali il pubblico era seduto anche al secondo anello, quindi non solo era eseguito lo stadio, come richiede la legge, ma era agibile per il pubblico. La cosa singolare che è venuta fuori dall’archivio di Stato è che non ci sono stranamente proprio o documenti progettuali di San Siro..”
Il sindaco Sala si è sempre speso per il progetto di abbattimento dello stadio, sin dal 2021, usando la scusa che le squadre erano contrarie ai vari progetti di ristrutturazione (come se il compito del sindaco non fosse anche quello, essendo sindaco anche dei cittadini contrari all’abbattimento), “se le squadre non lo vogliono fare [la ristrutturazione] se qualcuno si sente più bravo di me, venga avanti..”
Così a fine 2023 si fa avanti un gruppo di professionisti guidati dall’architetto Giulio Fenyves con un progetto da ristrutturazione da 300 ml di euro, obiettivo era creare un’area dedicata ai tifosi tra il primo e il secondo anello, per dare alle squadre l’opportunità di aumentare gli introiti con ristoranti, skybox, aree alberghiere, tutte strutture con vista campo. Con tanto di copertura acustica sul tetto dello stadio per non dare fastidio al quartiere, “che questo stadio smetta di essere così rumoroso.”
Il progetto prevedeva, nel rispetto del piano regolatore, anche due torri e attività terziarie come uffici e alberghi, “abbiamo dato una risposta laica al tema” spiega l’architetto a Report, per conservare e valorizzare l’attuale impianto.
Ma la scelta politica del sindaco di Milano è stata quella di vendere lo stadio di San Siro, inserendo l’opera nel piano di alienazione del comune. Fondamentale per questo è il documento chiesto all’Agenzia delle Entrate sul valore dello stadio, che secondo l’agenzia vale 73 milioni di euro, 124 ml quello delle aree circostanti per un totale di 197 ml di euro. Significa un valore di 440 euro al metro quadro, un prezzo molto basso considerando che in centro si viaggia anche fino a 5000 euro al metro quadro.
Ma l’Agenzia delle entrate è un ente dello stato, risponde Sala, a chi dovremmo chiedere il valore dello stadio? Ma di fatto si è preso a scatola chiuso quello che ha riportato nel suo documento – commenta l’ex vicesindaco Corbani che aggiunge “a Parigi il sindaco Hidalgo di fronte al qatariota che gli proponeva di acquistare il Parco dei Principi per 50 ml gli ha risposto no, perché è un’offesa ai parigini. Anche lì il qatariota minacciava di andare da altre parti a fare lo stadio e il comune gli ha detto ‘benissimo vai da altre parte’ ..”
Che qualcosa non vada nella valutazione dell’agenzia delle entrate lo dimostra l’ultimo atto di Sala: si scopre che a fine aprile ha affidato senza gara una consulenza a due professori della Bocconi e del Politecnico per un’altra valutazione.
“è stata fatta per avere maggiore certezza” ha spiegato Sala a Report per poi aggiungere “i professori sono stati scelti in base alla loro capacità, ma l’agenzia delle entrate costituisce una grande garanzia”.
Un voler tappare il buco o rafforzare la valutazione dell’agenzia?
Report ha scoperto che entrambi i consulenti scelti da Sala hanno rapporti con l’Agenzia delle Entrate: Giacomo Morri della Bocconi fa parte del comitato scientifico di una rivista dell’ADE, mentre Alessandra Oppio del Politecnico è dentro la commissione censuaria dell’Agenzia.
La scheda del servizio: LUCI SPENTE A SAN SIRO
di Luca Chianca
Collaborazione Alessia Marzi
Il 3 ottobre del 2017, dopo che il Milan di Berlusconi era stato da poco venduto a Mr. Lì per 740 milioni di euro e l'Inter era già nelle mani del gruppo cinese Suning, il sindaco Sala ufficializza la volontà di ristrutturare lo stadio San Siro. È l'inizio di una telenovela che ci accompagna da quasi 8 anni e che a breve potrebbe terminare, con la vendita alle due squadre dello stadio e dell'area circostante per costruire un hotel, un centro commerciale e un nuovo impianto per aumentare i posti riservati dedicati ai tifosi. Chi realmente beneficerà della vendita è ancora un mistero, ma il sindaco tratta da 8 anni in via esclusiva con le squadre. Di sicuro c'è un profondo interesse tra la società Hynes, che qualche anno fa ha comprato l'area dell'ex-trotto accanto allo stadio per realizzare immobili, e il nuovo progetto presentato ufficialmente dalle due squadre.
Ancora sul rapimento e sull’omicidio Regeni
Report tiene accese le luci sull’omicidio Regeni, prima che prevalga l’oblio o la ragione di stato, per difendere i nostri interessi in Egitto.
Nel servizio di stasera si racconterà dei viaggi in Egitto dei vertici di Eni, all’indomani del rapimento del ricercatore italiano, come quello del numero due di Eni, il 27 gennaio. Un viaggio che equivaleva a quello di un diplomatico di alto livello – racconta a Report una fonte all’interno dell’azienda, come fosse un capo di stato.
Vella, come emerge da delle mail di cui Report è entrata in possesso, avrebbe incontrato il primo ministro egiziano, ufficialmente per definire dei dettagli per un accordo su un giacimento di gas in mare che faceva gola ad Eni. Erano però i giorni dove il governo egiziano aveva chiuso le porte a quello italiano per la scomparsa di Giulio Regeni.
In aula, nelle udienze per il processo sulla morte del nostro connazionale, l’AD di Eni è stato chiamato come testimone: quegli incontri erano per concordare gli ultimi dettagli prima di chiudere il contratto per il giacimento.
Ma il 28 febbraio 2016, dopo il ritrovamento di Regeni e quando la macchina egiziana dei depistaggi è già al lavoro, una mail interna all’Eni comunica l’arrivo di Descalzi a Il Cairo: in Eni la prima linea della dirigenza era consapevole che quella visita poteva generare imbarazzo di fronte all’opinione pubblica.
Sono i giorni in cui la diplomazia e la magistratura italiana sono ai ferri corti con le istituzioni egiziane per cui a fine febbraio il capo della security Rapisarda manda due mail, nella prima chiede che sia mantenuto il riserbo sulla visita e nella seconda aggiunge “da non diffondere..”
Viaggi
riservati, non pubblicizzati: “i miei viaggi sono sempre riservati
per la sicurezza mia” ha spiegato in aula lo stesso Descalzi (poi
non sempre
è così).
La realtà che sta dietro i comunicati ufficiali, le parole di circostanza per la morte del nostro connazionale Giulio Regeni è ben diversa e parla dei rapporti commerciali e strategici tra l’Italia e l’Egitto di Al Sisi, con a fianco l’Europa.
Per l’Italia, dopo la fine del gas russo, l’alternativa doveva essere il gas egiziano (alla faccia della transizione ecologica): lo ha ammesso lo stesso Descalzi in aula, parlando di gas dall’Algeria, dalla Libia e dall’Egitto (e pazienza se non sono proprio esempi di democrazie).
Né i nostri governi e nemmeno l’Unione Europea (vi ricordate i famosi valori occidentali che dobbiamo difendere?) può permettersi di infastidire Al Sisi – racconta a Report un diplomatico in forma anonima.
Con le bombe in Ucraina e a Gaza l’Egitto è un partner importante per l’Europa nel Mediterraneo, anche nella gestione delle politiche migratorie: ecco perché il 7 maggio 2024 il governo italiano lo inserisce nella lista dei paesi sicuri, quelli dove non esistono atti di persecuzione, tortura né altre forme di pena con trattamenti degradanti.
A voler l’Egitto nella lista dei paesi sicuri è stato il ministro degli Interni Piantedosi, dopo uno scontro col ministro degli Esteri (Tajani si era opposto proprio per la vicenda Regeni) – continua la fonte dentro la Farnesina.
Piantedosi ha dovuto forzare la mano per questa scelta: nell’aprile del 2024 Piantedosi ha scritto una lettera a Tajani in cui chiede esplicitamente che l’Egitto fosse incluso nella lista. L’Unione Europea (che nel 2024 aveva già promesso all’Egitto un pacchetto di aiuti europei da 7 miliardi) si accoda alla scelta italiana il 16 aprile 2025 inserendo Egitto e Bangladesh nella lista comune europea dei paesi sicuri.
Il giornalista di Report ha provato a chiedere al ministro Piantedosi le ragioni della sua scelta, senza ottenere una risposta, Report ha poi presentato richiesta di accesso agli atti negata dal ministero dell’Interno.
La scheda del servizio: ALLA CORTE DEL FARAONE
di Daniele Autieri
Collaborazione Andrea Tornago, Alessandra Teichner
L’inchiesta ricostruisce le dinamiche di potere che hanno consolidato il legame profondo tra Italia e Egitto e tra il Paese guidato dal Presidente Al-Sisi e l’Unione Europea. Una delle voci autorevoli è quella del Ministro del Turismo Egiziano, Sherif Fathy, che rilascia a Report un’intervista esclusiva nella quale risponde sui rapporti politici tra il governo Meloni e il governo Al-Sisi.
L’inchiesta rivela anche i retroscena della decisione politica che ha portato all’inserimento dell’Egitto nella lista dei “Paesi sicuri” nonostante il presunto coinvolgimento di membri degli apparati di sicurezza egiziani nel rapimento, nelle torture e nell’assassinio di Giulio Regeni.
L’influenza di Mori e De Donno sulla commissione antimafia
Diceva Falcone, in una audizione al Csm, che qualora le sue ipotesi sugli omicidi politici avvenuti in Sicilia tra gli anni settanta e ottanta, fossero confermate, la storia della mafia e dell’Italia andrebbe riscritta.
Mettendo assieme, non in contrapposizione, la pista nera con quella mafiosa dietro delitti come quello del presidente della regione Mattarella.
Ma sono piste che danno fastidio, mettendo in discussione quel racconto consolatorio che si è consolidato in questi anni: la mafia è stata sconfitta, ha vinto lo stato, amen.
Non cercate altre piste dietro le stragi di mafia Capaci, via d’Amelio, altro che servizi, altro che trattativa, tutta colpa dei colleghi di Borsellino.
Questa sera Paolo Mondani si occuperà dell’attivismo del generale Mori per condizionare l’azione della commissione antimafia presieduta dalla deputata Colosimo, per spingere le indagini sulle stragi del 1992-93 verso il famoso dossier mafia-appalti, togliendo di mezzo l’imbarazzante (per il governo) pista nera. Riscrivere la storia dell’antimafia secondo una formula consolatoria e che tolga una volta e per sempre di mezzo i famosi rapporti tra mafia e politica, tra cosa nostra e apparati dello stato.
Ne parla Marco Lillo in un articolo del Fatto Quotidiano
Ranucci&C.: “Mario Mori pilota così l’antimafia”. Il generale intercettato nel 2023-‘24
di Marco Lillo
Nel racconto inedito di un investigatore le trame dell’ufficiale (indagato a Firenze) per riscrivere la storia del 1992-1993
Uno scoop che farà discutere quello annunciato da Report per la puntata di domenica dal titolo “Mori va alla guerra”: il generale dei carabinieri in pensione è stato intercettato dalla Dia di Firenze (per altri fatti) mentre parlava con ex collaboratori, avvocati, giornalisti e soggetti legati alla politica per influenzare le mosse della Commissione Antimafia, guidata dalla presidente FdI, Chiara Colosimo.
Report ricostruisce il contenuto delle conversazioni risalenti al 2023-24 grazie alle dichiarazioni di un investigatore anonimo. Mario Mori è indagato per le stragi del 1993 con l’aggravante della finalità mafiosa e terroristica. Per Mori vale la presunzione di non colpevolezza e va ricordato che è stato già processato altre tre volte per accuse diverse e sempre assolto. I pm di Firenze, coordinati allora dall’aggiunto Luca Tescaroli, gli hanno inviato a maggio 2024 un invito a comparire nel quale l’accusa era così riassunta: “Pur avendone l’obbligo giuridico, non impediva, mediante doverose segnalazioni e/o denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e/o preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto plurime anticipazioni” eventi poi verificatisi a Firenze, Roma e Milano tra maggio e luglio 1993. In particolare, secondo l’accusa, Mori era stato “informato, dapprima nell’agosto 1992, dal maresciallo Roberto Tempesta, del proposito di Cosa Nostra, veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale della nazione e, in particolare, alla Torre di Pisa” e, qualche tempo dopo, anche dal pentito Angelo Siino “il quale [il 25 giugno 1993] gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord”.
Lapista nera di cui Report più volte si è occupata è quella che vede coinvolte nelle stragi del 1992-93 gli stessi personaggi delle stragi degli anni ‘70, tra questi Stefano Delle Chiaie.
Nel servizio di questa sera Report rivelerà un nuovo testimone che afferma come il fondatore di Avanguardia Nazionale fosse presente a Palermo nel marzo del 1992, confermando la versione che l’allora capitano dei carabinieri Gianfranco Cavallo aveva raccolto grazie alle confidenze di Maria Romeo, sorella dell’autista di Delle Chiaie e compagna del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero: ne parla ancora Marco Lillo in un secondo articolo
“Nel ’92 vidi Delle Chiaie a Palermo, era al giornale”
di Marco Lillo
Il giornalista siciliano Intervistato da Paolo Mondani. La testimonianza inedita può rilanciare la “pista nera” dietro all’attacco allo Stato da parte di Cosa Nostra
Stefano Delle Chiaie era a Palermo nel febbraio-marzo del 1992. L’ennesima smentita all’informativa dell’allora capo della Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera del dicembre 1992, che negava la presenza dell’estremista di destra in Sicilia giunge da un testimone scovato da Report. Si tratta di un giornalista che allora lavorava per Il Giornale di Sicilia, Giuseppe Martorana. A Paolo Mondani, autore del servizio che andrà in onda domani, ha raccontato che il fondatore di Avanguardia Nazionale, più volte indagato per le stragi della strategia della tensione degli anni 60, 70, 80 e pure 90, ma sempre prosciolto, per due volte fu avvistato in redazione. “Una mattina vennero una coppia di persone (…) vidi un viso che conoscevo. Era Stefano Delle Chiaie (…) era l’inizio del ’92. Tra febbraio e marzo”. La testimonianza inedita è la leva argomentativa per rilanciare la ‘pista nera’ delle stragi di mafia alle quali la trasmissione di Rai3 ha dedicato già numerosi servizi. Report ripercorre la vicenda della nota dell’ottobre 1992 del capitano dei Carabinieri di Palermo (ora generale di corpo d’armata) Gianfranco Cavallo. La nota era basata sulle confidenze riferite anonimamente da Maria Romeo, sorella dell’autista di Stefano Delle Chiaie in Sicilia (Domenico Romeo) ma allo stesso tempo compagna del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, autista del boss di Cruillas Mariano Tullio Troia.
La scheda del servizio: MORI VA ALLA GUERRA
di Paolo Mondani
Collaborazione Roberto Persia
Mentre proseguono le indagini sulla pista nera a Caltanissetta, Report aggiunge una testimonianza sulla presenza di Stefano Delle Chiaie in Sicilia a ridosso della morte di Giovanni Falcone.
A Roma invece continuano i lavori della Commissione parlamentare antimafia. Nelle ultime audizioni il generale Mori e il colonnello De Donno hanno sostenuto che proprio il dossier mafia e appalti sarebbe dietro l’accelerazione della morte di Paolo Borsellino, lanciando accuse ai magistrati della procura di Palermo quali responsabili morali della sua morte. Report propone una testimonianza che racconta quanta influenza, il generale Mori e il colonnello De Donno, avrebbero avuto sui lavori della Commissione Antimafia.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.