04 giugno 2006

Bilico di Paola Barbato

Leggerete questo libro per due motivi: nella prima parte perchè si sviluppa come un'indagine per scoprire l'identità di un serial killer, che sevizia e uccide le proprie vittime, facendole soffrire fino alla morte.
Nella seconda, quando l'autrice si prende lo sfizio di rivelarci l'identità del killer, per la curiosità di vedere come va a finire: poiché l'assassino inizia un gioco o, sarebbe meglio dire, una partita a scacchi, per incastrare l'agnello sacrificale e salvarsi.

Protagonista del libro e l'anatomopatologa Giuditta Licari, che collabora come consulente con la polizia. Uno strano personaggio questa Giuditta: una donna quarantenne, né bella né brutta, giudicata dai colleghi fredda ed efficiente. Con una difficile relazione alle spalle con un ispettore poi allontanato dalla polizia per i suoi comportamenti schizofrenici e violenti.

In qualità di “esperta” di crimini seriali, è lei che deve indagare sui delitti del “Seviziatore”: intuisce che questi lascia dei messaggi sulla scena del crimine i quali indicano chi sarà la prossima vittima. Una specie di “trailer” del delitto.
E' la persona ideale per questa indagine, per comprendere i perversi ragionamenti del serial killer: nessuno lo sa, ma Giuditta passa le sue giornate ad analizzare gli altri. E' come se fosse un serial killer anche lei. Saper guardare il mondo con gli stessi occhi dell'assassino:
Giuditta sapeva di non essere poi molto diversa dagli uomini cui contribuiva a dare la caccia. Nessuno lo era in realtà. Se parti dal presupposto che quello è un CATTIVO e tu sei un BUONO è meglio che lasci perdere e apri un negozio di verdura. Un killer è solo una pietanza con un ingrediente in eccesso. Ma siamo tutti la stessa pietanza, la ricetta è la stessa, stessi i condimenti e le spezie; poi è il cuoco a decidere quale sarà il sapore finale. Giuditta aveva stabilito un patto con se stessa: avrebbe cercato di comprendere, senza necessariamente condividere. Forse lei non era più brava degli altri. Ma solo più onesta.
La dottoressa vive un ambiguo rapporto di complicità anche col suo assistente, l'agente Michelangelo Giglio: che arriva quasi alla venerazione, da parte di lui, e che lei, in modo non cerca di bloccare. Ma coltiva anche una serie di serie di relazioni virtuali, con persone conosciute in chat.


[Non andate oltre se non avete ancor letto il libro...]
Rapporto che avrà un ruolo determinante nella seconda parte del libro.
Ma ad un certo punto la caccia prende una svolta inaspettata: il killer sembra voler prendere di mira proprio lei, o almeno renderla protagonista dello spettacolo. E qui il libro cambia di tono.
L'assassino, una volta svelata l'identità, inizia la sua partita per depistare le indagini e andare ad incastrare quella che lui ha individuato essere l'agnello sacrificale, per placare le coscienze dell'opinione pubblica, sconvolta (grazie alla solita enfasi dei media) da quelle morti.
E sarà un gioco crudele, sia per il killer, che per la l'agnello: vittime entrambi di una pazzia, di un gioco perverso cui non possono opporsi.
Non cercate un lieto fine in questo libro: rimarrà una sensazione di amaro in bocca per come vedrete disporre questi pezzi del puzzle. Delitti senza castigo né sensi di colpa, in un mondo in cui non esistono buoni o cattivi, non esiste giustizia, ma solo le ossessioni individuali.

Dove la legge non può (o non riesce) ad arrivare al colpevole, ma può trovare al massimo un capro espiatorio, che verrà sbattuto come un mostro in prima pagina. Agnello, vittima innocente, che sarà condannato da tutti, anche da una sfilza di esperti psichiatri (un mondo che il libro, in qualche modo, prende in giro e critica).
L'autrice è sceneggiatrice di Dylan Dog: in questo libro non c'è né sovrannaturale, né mistero, né spiegazioni paranormali: l'orrore peggiore è quello che sta dentro di noi.

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Technorati:

7 commenti:

  1. Posso dire qualcosa?
    Ho letto questo libro perchè mi è stato caldamente cosnigliato e allo stesso tempo sconsigliato -infatti insisteva molto dicendo che se non mi paiceva potevo smettere di leggere eccetera eccetera e non era necessario che leggessi...- da una amica che poi me l'ha prestato.
    Beh, l'ho letto.
    Un giorno mi sono letta una decina di pagine. Oggi, dopo una settimana e mezza da quando me l'ha prestato, da dopo pranzo fino a poco fa, ho letto il resto.
    Indignazione passione, compassione, odio, furia, calma, incredulità... non so fare un elenco delle sensazioni che ho provato, e nemmeno saprei dire se effettivamente le ho provate nel leggere questo libro.
    So solo che ho sentito qualcosa di sordo, e che ho sempre saputo, sin dall'inizio, sin prima di leggerlo, anche se la mia amica non me l'ha specificatamente detto, che sapevo già chi fosse il killer.
    E devo dire che forse quello che mi ha più colpito nel libro è stato lo sgretolamento.
    Prima l'autrice ci fornisce un'immagine della protagonista che a suo modo riesce anche a colpire e a farla sentire vicina, (perlomeno io ho sentito così...) una amica, in fondo, anche se certamente fuori dell'ordinario -ed essere fuori dell'ordinario secondo me non è affatto una colpa o un demerito.. cmq lasciamo perdere che altrimenti mi dilungo anche più di così- poi dopo, tutta la storia va imperterrita, ansante, impietosa, a sgretolare l'immagine costruita in precedenza di Giuditta Licari. è un processo così veloce e così distruttivo che non hai nemmeno il tempo di renderti pienamente conto che FORSE dovresti smetterla per tifare per lei, forse dovresti smetterla di illuderti, quando già sai come andrà a finire -immaginandolo- e di sperare che in qualche modo lei e Miglio si "salvino" entrambi.
    Ma, come in un vecchio film western "non c'è spazio per tutti e due in questa città", non esiste modo in cui sia Giuditta che Miglio, il caro Miglio benvoluto da tutti, restino entrambi insacrificati. E poi Giuditta ha bisogno di Alessandro, nonostante all'inizio dia impressione di non volerlo più nella sua vita, e così è inevitabile la scelta che sarà sancita per sempre e duramente -seppure con una parvenza di dolcezza nei toni di Giuditta- con quel No che chiude l'intera storia.

    Parafrasando tutto stò guazzabuglio di parole, in sintesi: ci sono rimasta di M***A.

    Marta, una che ha voluto esprimere la sua opinione. ^_^

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    1. Io l'ho trovato così ingiusto, e cattivo che l'ho strappato e buttato. E io non ho mai buttato un libro!

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  2. Marta credo proprio che tu abbia ragione e che questa sensazione sia proprio quella che l'autrice volesse comunicare.
    Il titolo del libro è appunto Bilico, qualcosa di instabile, precario ..
    Aldo

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  3. Ho preso questo libro al volo su uno scaffale, a 6 euro e 90....
    Beh, meglio di niente, mi sono detta : mi aspettano sei ore di treno...che noia.
    Una parola sola : orribile.
    Tornata a casa ho sbirciato vari siti e in quasi tutti ho trovato la conferma del mio giudizio, questo libro è stato stroncato in modo brutale da 9 persone su 10.
    Illeggibile, inverosimile, patetico....insomma, non spendete soldi a comprarlo, nemmeno a sei euro e novanta: c'è molto ma molto di meglio !

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  4. A ciascuno il diritto di dare il suo giudizio.
    A me il libro è piaciuto e lo consiglio.

    Il mondo è bello perchè vario!
    Aldo

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  5. a me il libro è piaciuto nonostante mi abbia lasciato con l'amaro in bocca..speravo che miglio sarebbe riuscito a salvarsi,anzi ad essere salvato da giuditta,che invece di fare la cosa giusta finisce per diventare la marionetta di alessandro..

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  6. Ho letto il libro in tedesco (vivo in Germania) dove l'hanno intitolato - molto appropriatamente - "Die Pathologin" e devo dire che ne sono rimasto entusiasta. Tra le numerose critiche negative ho notato che molte hanno come oggetto il linguaggio usato dall'autrice; questo non posso giudicarlo (la traduzione tedesca è okay), ma, esaminando la storyline in sé, devo dire che l'ho trovata geniale. Certo, alla fine ho sperato anch'io, come tanti, che la Giuditta venisse condannata e il capro espiatorio potesse salvarsi, ma in fondo è proprio così che va nella vita vera e, a posteriori, devo dire che apprezzo la scelta della Barbato di non far trionfare la giustizia.

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Mi raccomando, siate umani