La terza parte del film “La meglio gioventù”, di Marco Tullio Giordana, è incentrata sull'enigmatica figura di Matteo. Il film ha il suo culmine nella drammatica scena del suo suicidio, nella notte di capodanno. Scena drammatica perchè nulla, fino a quel momento, lasciava presupporre questa scelta definitiva. Quando l'ho vista per la prima volta, mi ha molto colpito: perchè Matteo si uccide?
Perchè in quel modo (quasi, permettetemi di dire, “elegante”)? Perchè quella sera?
Ho cercato di darmi una spiegazione.
Matteo è (era) una persona estremamente sensibile e intelligente: ma la sua sensibilità rappresenta la sua debolezza. Sempre alla ricerca di regole certe, è una persona destinata a trovarsi estraneo in ogni posto. Destinato a scappare da ogni posto: prima da Torino, poi da Palermo, infine a Roma. Una persona classificata come “problematica”.
Il suo superiore a Palermo gli chiede “ma lei cosa cerca nella polizia?” “cerco delle regole”.
Ma quando queste regole latitano (perchè non comprende l'omertà della Sicilia con la mafia, la violenza della piazza), ecco che il suo mondo, le sue certezze, cadono. Come un meccanismo con ingranaggi perfetti, che si inceppa. Meccanismo così perfetto che nessuno è in grado di comprendere e riparare.
Matteo è nna persona capace di grandi slanci (è lui che libera Giorgia dal manicomio per riportarla a casa), ma incapace di gestire i piccoli gesti quotidiani.
Le persone come Matteo sono alla ricerca del “grande amore”, degli alti ideali di giustizia e libertà. Ma in perenne ricerca dell'infinito, non si accorge delle persone che gli stanno accanto. E che magari lo vogliono anche bene.
La sua intelligenza lo porta a non riuscire ad entrare in sintonia con nessuno, come se non trovasse nessuna persona capace di capirlo. E se nessuno è in grado di capirlo, è costretto a fuggire, piuttosto che spiegare e cercare di farsi capire.
Scappare di fronte ai sentimenti: non riesce a stabilire un rapporto sincero con Mirella, cui dice di chiamarsi Nicola, nome del fratello, non le dice quale sia il suo lavoro e quando scopre che è un poliziotto e viene messo alle strette, reagisce duramente “tu preferisci i libri, perchè i libri si possono chiudere quando vogliono. Ma la vita non la puoi chiudere quando vuoi”. “Sbagli, ho sempre chiuso quando ho voluto io”, le risponde.
Sarà il preludio alla sua decisione.
Matteo si è costruito un muro attorno a sé: un muro ben rappresentato dal “muro” di libri che tiene in casa, impilati in cataste come se fossero mura a protezione di un castello. Nessuno può entrare nel mio mondo.
Tanto Matteo ha bisogno di sicurezze e leggi, tanto il fratello Nicola, in opposto, ha un carattere aperto e vorrebbe cambiarle le leggi. Lui che i pazzi li vorrebbe far uscire dai manicomi.
Ecco che, non trovando punti di riferimento nel mondo in cui vive, lasciato solo dalla famiglia, solitudine in cui lui si è spinto da solo, cresce la sofferenza. Sofferenza che viene tenuta dentro, non confidata a nessuno, perchè Matteo ha tenuto il mondo fuori da sé. E arriva a non conoscere nulla del mondo attorno: non va a trovare il padre malato, non sa che la madre ha fatto da insegnate all'amico Gigi.
E, nella giornata di capodanno, quando le persone “normali” si ritrovano a festeggiare assieme, scoppia la rabbia e la repressione. Anche a seguito dell'ennesima delusione lavorativa (lo spacciatore che riesce a farla franca), dello scontro con Mirella.
Davanti alle immagini ridenti e felici che rimanda la televisione, abbandona la sua di famiglia e torna nella sua casa, nel suo rifugio.
“Buon anno, mamma” uno slancio e una caduta. Per porre fine al suo disagio.
Rimarrà nel fratello il rimorso di non aver capito il suo male: “io che guarisco gli altri, non ho saputo far niente per mio fratello”. Le persone come Matteo non devono essere lasciate sole: anche a costo di litigarci, anche se essere lasciate soli è il loro desiderio. Vogliate bene a queste persone.
Technorati: La meglio gioventù, Marco Tullio Giordana
ottimo punto di vista che condivido..
RispondiEliminaAnche io condivido.
EliminaGRandi attori,super e bellissimo Alessio Boni.
RispondiEliminaSinceramente...dal profondo del cuore:
RispondiEliminaMatteo è la più bella figura del cinema italiano.
Di sempre e per sempre.
Sono con lui. In quello slancio e in quella caduta.
Ale
❤️ ti capisco e ti sento
EliminaBravo il regista, bravi gli attori, lo Cascio è superlativo.
RispondiEliminaUn film che rimarrà nella nostra storia, perché rispecchia una famiglia italiana che vive le sofferenza e le felicità, gli amori e le delusioni, gli avvenimenti storici Italiani.
Grazie.
.... un gran respiro e un mondo ti attraversa. La figura di Matteo incanta ad ogni istante; ricorda quanto scrive il Leopardi: ""È vero che l'abitudine di riflettere, che è sempre propria degli spiriti sensibili, li priva spesso della facoltà di agire e persino di gioire. La sovrabbondanza della vita interiore spinge sempre l'individuo verso l'esterno, ma al tempo stesso essa fa in modo che egli non sappia come porvisi in relazione. Egli abbraccia tutto, egli vorrebbe sempre essere pervaso; viceversa tutti gli oggetti gli sfuggono proprio perchè essi sono più piccoli della sua capacità di contenerli"".
RispondiEliminaSplendido spaccato degli 70
RispondiEliminaFilm splendido e commovente. Grazie
RispondiEliminaCondivido il punto di vista e gli altri commenti. Mi piacerebbe però aggiungere una cosa: ho visto il film diverse volte e ogni volta ho scoperto dettagli che mi colpiscono e che costruiscono i personaggi alla perfezione. Uno di questi dettagli l'ho trovato quando sono in biblioteca Matteo e Giorgia e lui gli legge una poesia, che dice così: "La percentuale della vita è difficile coprirla, essa serve le carte per cogliervi deboli e non per incontrarvi in piena forza, e vi da settant’anni per giocare. Se non riuscite in settant’anni non riuscite mai più. Andatevene della stanza se perdete. Andatevene quando il vostro tempo è finito..." Ecco un anticipo dalla scelta finale di Matteo, presente fin dal inizio. Anche in quel scontro con Mirella viene fiori questa riflessione, di chiudere quando gli pare, di andarsene. Un capolavoro del cinema italiano.
RispondiEliminaCondivido i commenti precedenti, visto tante volte ed è sempre una nuova scoperta. Forse perché, come per altre opere d'arte, guardare e ascoltare smuove qualcosa che abbiamo dentro, ed ogni momento della nostra vita è diverso dall'altro. Penso sia questo a renderlo sempre attuale. Almeno dal punto di vista umano.
RispondiEliminaNon sappiamo mai perché qualcuno si uccida, non sappiamo mai nulla in generale. Vero però che quando si sta male davvero l'affetto degli altri non è un lenitivo, anzi rende il dolore più acuto perché ci rende chiaro che niente può raggiungerci
RispondiEliminaStupendo film. Bravissimi gli attori, soprattutto chi interpreta Nicola, ma anche Matteo, tutti. Mi ha preso tanto
RispondiEliminaQuando ho visto questo film mi sono detta Ecco i veri attori italiani quali sono!!
RispondiEliminaHo visto delle interpretazioni stupende da parte di tutti, dagli attori più piccoli a quelli più grandi! È un film che merita di essere visto da più gente possibile. Io lo promuoverò tra tutti i miei amici. Mi spiace solo di averlo visto su Netflix e non sui nostri canali nazionali, dove hanno da poco riproposto un film nuovo, mai trasmesso: Pretty Woman.
Visto diverse volte stasera su RaiPlay quindi anche sui nostri canali nazionali
RispondiEliminaLe persone come Matteo, sono sole. Non è possibile, non lasciarle da sole, perché con gli altri sono ancora più sole perché è ancora più evidente la nostra diversità. Siamo soli perché nessuno è capace di avvicinarsi, perché nessuno è sensibile al punto da rispecchiare una sfumatura riconoscibile.
RispondiEliminaTroveremo dentro di noi l'infinito che cerchiamo. Nello spazio fermo della consapevolezza.