05 settembre 2008

Un gioco infame di Massimo Polidoro

La storia della della Banda della Uno Bianca, raccontata attraverso gli occhi, le vicende, le emozioni e le paura, ma soprattuto la fatica dei due agenti di polizia che ne hanno permesso lo smantellamento e l'arresto dei suoi membri. Pietro Costanza e Luciano Baglioni, assieme al magistrato Daniele Paci.

Un'indagine complessa, difficoltosa, per la mancanza di indizi, per le troppe piste che si erano aperte (terrorismo, mafia, una banda di slavi), per le gelosie che si erano trovate tra gli investigatori e per la mancanza di coordinamento tra i giudici dei vari pool (creati per risolvere il caso) e delle procure interessate dai fatti criminosi.
Poliziotti che indagano e arrestano altri poliziotti: eccetto Fabio Savi, tutti gli altri quattro componenti della banda erano agenti di polizia.

Chi era la banda della Uno Bianca: si è detto di tutto su questi rapinatori, che partendo dai caselli autostradali, si è via via specializzata puntando a supermercati poi uffici postali e banche?
Chi c'era dietro i fratelli Savi?
I servizi segreti? Un grande vecchio che usava la banda per destabilizzare una regione rossa considerata una "terra felice"?

Uno dei pregi del libro è mettere in chiaro che, come raccontarono al processo:
Cosa c’è dietro la Uno bianca? chiesero a Fabio Savi.
Rispose: la targa. Una targa, evidentemente, di cui ancora oggi le vittime non leggono bene i numeri.


E i numeri testimoniano di una violenza feroce: dal sito di Massimo Polidoro
Ventiquattro omicidi. Centodue feriti. La cruda contabilità della Uno bianca è quella di una strage. Novantuno rapine. Anche per pochi spiccioli, per massacrare benzinai, zingari, extracomunitari, carabinieri, impiegati, semplici testimoni. Un eccidio pianificato. Una violenza bestiale per un rebus che pare senza soluzione.
Quello messo in piedi dai Savi era diventato un "gioco infame": partendo da piccole rapine fatte per necessità di soldi, si erano resi conto che derubare, intimidire le persone, sparare e uccidere, in poche parle, creare il terrore era qualcosa che a loro piaceva. Era diventata come una droga.

Nessuno nuovo mistero d'Italia, nessuna protezione occulta dunque: se non la mancanza di coordinamento delle indagini, una questura, quella di Bologna, divisa in correnti, piena di figli di, dove si erano già registrati atti di violenza su extracomunitari da parte di poliziotti, poi archiviati. Contribuirono al caos investigativo anche i giornalisti: crearono loro il marchio della Uno Bianca (mentre usavano anche altre utilitarie); crearono loro le false piste investigative che divisero in mille rivole le forze investigative.

Contribuirono alla lunga vita della banda anche alcune gravi omissioni da parte della polizia: i mancati controlli della questura bolognese sui possessori di AR70 (l'arma usata nella strage del Pilastro); l'identikit di Roberto Savi dopo gli omicidi all'armeria di Volturno fu tenuto da parte; il mancato controllo dei proiettili sparati dalle rapine, i 9 x 19 in uso alle forze dell'ordine ....

Forse, senza tutti questi errori, omissioni, si sarebbe arrivati ai fratelli Savi molto prima.Ma l'importante, per Baglioni e Costanza, era mantenere la promessa fatta ad un amico, un collega morto anni prima: il sovrintendente Antonio Mosca, una delle prime vittime della banda della Uno bianca.
Per scrivere questo libro Massimo Polidoro si è basato sulle testimonianze dei due poliziotti, sulle testimonianze delle vittime, su atti processuali: i protagonisti parlano con le parole effettivamente usate nella realtà.Perchè, non dimentichiamoci che questa è una storia vera.
Unica nota inventata, per motivi narrativi, la figura del professore, ex uomo del Sismi, usato come collante tra le vicende della Uno e le rivendicazioni della famigerata Falange Armata.

Alcuni libri sulla Uno Bianca:
"Erba alta" di Maurizio Matrone
La puntata di Blu notte sulla Uno Bianca
Antonella Beccaria "Uno bianca e trame nere"
Il sito di Massimo Polidoro, la sezione dedicata al libro.
Il link per ordinare il libro su ibs.
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