E' sera, nei piani alti del palazzo di giustizia a Napoli, dove ha sede la DDA.
Un magistrato che, nei suoi otto lunghi e intesi anni nella direzione antimafia ha portato avanti importanti inchieste contro i clan della camorra del litorale domizio, sta mettendo via i suoi effetti personali.
Ricordi personali, crest dei vari comandi di polizia, carabinieri e finanza con cui Raffaele Cantone ha collaborato, la toga usata nei dibattimenti.
E' un giorno speciale: perchè questa sera sarà l'ultima dentro quelle stanze, perchè è l'ultimo giorno di lavoro alla DDA, prima di passare alla Cassazione, all'ufficio del casellario.
Questa sera non si va a casa: scorrono sul fiume della memoria i ricodi del passato.Il concorso in magistratura dopo una breve esperienza come avvocato.
Le prime esperienze alla procurina di Napoli, le reazioni all'interno della ANM della riforma Falcone sul codice penale.Il passaggio alla procura di Napoli, nel ramo dei reati finanziari.
Il rapporto con Cordova e gli altri procuratori, fino a Franco Roberti, suo ultimo coordinatore alla DDA.
L'indagine sull'assicurazione Themis per frode e la diffamazione da parte del proprietario, un discusso uomo d'affari napoletano.
E poi l'ingresso nell'antimafia nel 1999.
Nel libro (o sarebbe meglio dire, nel diario) si affrontano alcuni aspetti della vita di magistrato antimafia.
La reazione al sangue e alle morti (quei ragazzi che morivano in una guerra scatenata da altri, con i vestiti firmati addosso).
Il rapporto confidenziale che si crea con gli uomini della scorta.
Il rapporto di fidicia che si crea con gli investigatori della Polizia Giudiziaria, con cui spesso si passano più ore che con la famiglia.
Il rapporto con i boss (i clan di mondragone, di Casale, gli Zagaria..) e con i pentiti: sempre improntato al massimo rispetto. Un rapporto che metteva in difficoltà gli stessi camorristi, che non riuscivano ad interpretare i gesti di questo magistrato che non agiva contro di loro per motivi personali, ma solo per giustizia.
Poi c'è tutta la parte relativa al ruolo dei pentiti: quelli veri che hanno scleto di cambiare vita e quelli invece che scelgono la strada della collaborazione per raggiungere solo i benefici di legge.
Sopra a tutto il dover conciliare il lavoro con la famiglia, specie con i figli: il timore di renderli partecipi dei suoi pericoli, tenerli al riparo dalle paure, dalle minacce, dai rischi.
Infine il duro lavoro di indagine contro i clan della camorra: una realtà criminale molto legata e diffusa sul territorio, capace di conquistarsi consenso sociale e rispetto, andando ad inserirsi nei buchi scoperti dallo stato (un lavoro, l'assistenza, la protezione contro la microcriminalità).
Consenso che, associato all'omertà rende la lotta alla mafia sempre più difficile.
"In altri casi il clan, dopo aver stabilito accordi con gli organismi politici, riesce a indirizzare gli appalti verso alcuni imprenditori che diventano suoi veri e propri fiduciari.
Si crea così un circolo vizioso dove l'impresa produce utili per la camorra, ma soprattutto, attraverso le assunzioni, genera consenso sociale, prerogativa importante perché un sodalizio criminale possa prosperare e vivere. Tale consenso sociale significa, per esempio, avere a disposizione luoghi dove riunirsi tranquillamente anche con gli esponenti dei clan alleati o ricoveri sicuri per i propri latitanti".
Si può leggere "Solo per giustizia" a molti livelli: un libro sui meccanismi in cui si muovono i clan, come si strutturano, come investono i proventi dei loro reati. Un manuale sui metodo di indagine, sulle leggi, sui meccanismi della giustizia.Ma è anche una testimonianza, incoraggiato dal giornalista Roberto Saviano, autore di "Gomorra", un voler tramandare la propria esperienza, specie a quanti hano la fortuna di vivere lontano dalle zone di camorra.
"Forse a chi legge queste pagine, potrà apparire strano un attaccamento così forte a un lavoro che rende la vota difficile e piena di sacrifici. Tanto più che, come ho spesso ribadito, non ho mai sentito il ruolo dle pm antimafia come una sacra missione. La verità è che la procura non è stata per me un luogo di lavoro come un altro, ma molto di più. Non so dove ho letto che è un immenso privilegio poter fare un lavoro in cui il piacere di svolgerlo è esso stesso lenimento alla fatica. Ecco, se devo sintetizzare quel che è stata la procura, non posso che sottoscrivere questa frase".
Tra i ringraziamenti, in fondo al libro, non potevano mancare le persone della scorta: Fraco, Peppe, Raffaele, Luigi, Francesco, Valter, Luca, Gianpaolo, Peppe, Marino.
La presentazione del libro su Wuz.
Il link per ordinare il libro su internetbookshop.
Technorati: Raffaele Cantone
Un magistrato che, nei suoi otto lunghi e intesi anni nella direzione antimafia ha portato avanti importanti inchieste contro i clan della camorra del litorale domizio, sta mettendo via i suoi effetti personali.
Ricordi personali, crest dei vari comandi di polizia, carabinieri e finanza con cui Raffaele Cantone ha collaborato, la toga usata nei dibattimenti.
E' un giorno speciale: perchè questa sera sarà l'ultima dentro quelle stanze, perchè è l'ultimo giorno di lavoro alla DDA, prima di passare alla Cassazione, all'ufficio del casellario.
Questa sera non si va a casa: scorrono sul fiume della memoria i ricodi del passato.Il concorso in magistratura dopo una breve esperienza come avvocato.
Le prime esperienze alla procurina di Napoli, le reazioni all'interno della ANM della riforma Falcone sul codice penale.Il passaggio alla procura di Napoli, nel ramo dei reati finanziari.
Il rapporto con Cordova e gli altri procuratori, fino a Franco Roberti, suo ultimo coordinatore alla DDA.
L'indagine sull'assicurazione Themis per frode e la diffamazione da parte del proprietario, un discusso uomo d'affari napoletano.
E poi l'ingresso nell'antimafia nel 1999.
Nel libro (o sarebbe meglio dire, nel diario) si affrontano alcuni aspetti della vita di magistrato antimafia.
La reazione al sangue e alle morti (quei ragazzi che morivano in una guerra scatenata da altri, con i vestiti firmati addosso).
Il rapporto confidenziale che si crea con gli uomini della scorta.
Il rapporto di fidicia che si crea con gli investigatori della Polizia Giudiziaria, con cui spesso si passano più ore che con la famiglia.
Il rapporto con i boss (i clan di mondragone, di Casale, gli Zagaria..) e con i pentiti: sempre improntato al massimo rispetto. Un rapporto che metteva in difficoltà gli stessi camorristi, che non riuscivano ad interpretare i gesti di questo magistrato che non agiva contro di loro per motivi personali, ma solo per giustizia.
Poi c'è tutta la parte relativa al ruolo dei pentiti: quelli veri che hanno scleto di cambiare vita e quelli invece che scelgono la strada della collaborazione per raggiungere solo i benefici di legge.
Sopra a tutto il dover conciliare il lavoro con la famiglia, specie con i figli: il timore di renderli partecipi dei suoi pericoli, tenerli al riparo dalle paure, dalle minacce, dai rischi.
Infine il duro lavoro di indagine contro i clan della camorra: una realtà criminale molto legata e diffusa sul territorio, capace di conquistarsi consenso sociale e rispetto, andando ad inserirsi nei buchi scoperti dallo stato (un lavoro, l'assistenza, la protezione contro la microcriminalità).
Consenso che, associato all'omertà rende la lotta alla mafia sempre più difficile.
"In altri casi il clan, dopo aver stabilito accordi con gli organismi politici, riesce a indirizzare gli appalti verso alcuni imprenditori che diventano suoi veri e propri fiduciari.
Si crea così un circolo vizioso dove l'impresa produce utili per la camorra, ma soprattutto, attraverso le assunzioni, genera consenso sociale, prerogativa importante perché un sodalizio criminale possa prosperare e vivere. Tale consenso sociale significa, per esempio, avere a disposizione luoghi dove riunirsi tranquillamente anche con gli esponenti dei clan alleati o ricoveri sicuri per i propri latitanti".
Si può leggere "Solo per giustizia" a molti livelli: un libro sui meccanismi in cui si muovono i clan, come si strutturano, come investono i proventi dei loro reati. Un manuale sui metodo di indagine, sulle leggi, sui meccanismi della giustizia.Ma è anche una testimonianza, incoraggiato dal giornalista Roberto Saviano, autore di "Gomorra", un voler tramandare la propria esperienza, specie a quanti hano la fortuna di vivere lontano dalle zone di camorra.
"Forse a chi legge queste pagine, potrà apparire strano un attaccamento così forte a un lavoro che rende la vota difficile e piena di sacrifici. Tanto più che, come ho spesso ribadito, non ho mai sentito il ruolo dle pm antimafia come una sacra missione. La verità è che la procura non è stata per me un luogo di lavoro come un altro, ma molto di più. Non so dove ho letto che è un immenso privilegio poter fare un lavoro in cui il piacere di svolgerlo è esso stesso lenimento alla fatica. Ecco, se devo sintetizzare quel che è stata la procura, non posso che sottoscrivere questa frase".
Tra i ringraziamenti, in fondo al libro, non potevano mancare le persone della scorta: Fraco, Peppe, Raffaele, Luigi, Francesco, Valter, Luca, Gianpaolo, Peppe, Marino.
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Technorati: Raffaele Cantone
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Mi raccomando, siate umani