08 novembre 2009

Che la festa cominci di Niccolò Ammaniti


Ecco, arrivati all'ultima pagina, finiti i botti (in tutti i sensi) della festa a Villa Ada del palazzinaro Vip Sasà Chiatti, la domanda sorge spontanea.
Cosa ha voluto raccontarci, Niccolò? Quale metafora dei tempi moderni è contenuta in questo racconto che mette assieme un gruppo di satanisti in cerca di un'azione che li farà passare alla storia, uno scrittore di successo in cerca del libro che lo iscriverà nel firmamento della cultura italiana e, come coreografia di sottofondo, tutto lo stuolo di vip, calciatori, registi, attori e attrici, presentatori, sottosegretari, onorevoli … che infestano le pagine delle riviste di gossip?

Forse è sbagliato porsi la domanda, o quantomeno porsela in questa maniera: “Che la festa cominci” può essere solo un divertissement dell'autore.
Che infila questi personaggi in cerca di riscossa (nella vita), in cerca del gesto che li faccia entrare nella storia (“per secoli parleranno di me”). La simpatica canaglia Fabrizio Ciba, lo scrittore quarantenne, ossessionato dalla sua immagine (persino per la resa estetica che da di sé, in un video porno casereccio che gli è stato estorto), dal desiderio di suscitare piacere, desiderio, e da parte dei suoi lettori e da parte delle donne che incontra.
Saverio Moneta in arte Mantos, a impiegato in una ditta di mobili tirolesi di giorno, stressato dalla moglie e dal suocero di giorno. Di notte capo della setta delle belve di Abaddon, da Oriolo Romano: una specie di armata brancaleone di ex metallari, amanti delusi.
In realtà una setta satanica sfortunata: dei bravi ragazzi che, come per lo scrittore, vengono invitati a questa festa.

Festa che procede come una catastrofe allegra, anche per colpa dei satanisti (per il piano che hanno in mente): in mezzo mille storie e mille sfaccettature e tutto il groviglio di situazioni comiche, al limite del grottesco.

Se in “Come Dio comanda” il punto di vita era spostato sul paese della periferia italiana, dove la gente passa il tempo tra il lavoro, la messa e i centri commerciali, alla ricerca dell'ultimo modello di telefonino, qui il fuoco è all'estremo opposto.
Se ne rende conto quanto Ammaniti racconta della presentazione del libro del premio nobel indiano (di cui Ciba non ha letto nulla). Oppure alla festa del palazzinaro Chiatti, in una villa Ada che si immagina sia stata vendita dal comune per fare cassa e trasformata in una immenso giardino zoologico, con annessa zona savana per la caccia alle bestie.

Un quadro molto decadente, stile “cafonal”, con tratti veramente estremi: “abbiamo sdoganato le brutte figure” si dicono due protagonisti della festa. La popolarità dei personaggi della festa da un senso a ogni gesto che fanno: non esiste morale, non esiste una coscienza. Non esiste quasi una umanità.

Nessuno dei protagonisti sembra avere una abilità particolare - spiegava nell'intervista a Che tempo che fa l'autore - , persone senza talento oppure, come per lo scrittore Ciba, con un talento ma che con questo continuano a campare. Che deve la sua fama sia a quel libro fortunato scritto ormai tanto tempo fa, ma anche alla televisione.
Personaggi che covano dentro un senso di rancore per la sensazione di aver subito un torto da qualcuno o dalla vita. Che sia la casa editrice, che lo vuole mollare, per scrittori più giovani; che sia la famiglia, che lo soffoca, come per Saverio. Che sia la vita, che lo ha fatto conoscere amore, come scrive ai posteri Zombie, una delle bestie di Abaddon.
Si ride, leggendo le pagine, ma sono risate amare: forse l'ha già detto qualcun altro, ma sembra di rivedere gli stessi personaggi crudeli, infantili, vuoti e pieni di se del Dino Risi regista de “I mostri”.
Mostri infantili: un generazione che vive nell'attesa del grande evento, che dia un riscatto alla propria vita.

– Si mise in piedi. Gli occhi neri gli erano diventati rossi, riflettevano le fiamme del forno delle pizze. – Ora discepoli onoratemi!
Gli adepti abbassarono il capo. Il leader sollevò gli occhi al soffitto e allargò le braccia.
– Chi è il vostro padre carismatico?
– Tu! – dissero in coro le Belve.
– Chi ha scritto le Tavole del Male?
– Tu!
– Chi vi ha insegnato la Liturgia delle Tenebre?

– Tu!
– Chi ha ordinato le pappardelle alla lepre? – fece il cameriere con una sfilza di piatti fumanti sulle braccia.
– Io! – Saverio allungò una mano.
– Non toccare che scottano.
Il leader delle Belve di Abaddon si sedette e in silenzio cominciò a mangiare.

Due piccole precisazioni: la presenza nel parco di Villa Ada di atleti russi è solo una leggenda romana.
Non è una leggenda invece il brutto stato del parco: prima che sia troppo tardi, è l'invito di Ammaniti, bisogna che qualcuno lo salvi dall'incuria in cui è lasciato.

Technorati: Niccolò Ammaniti
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