Sempre per Chiarelettere,
i due giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza avevano scritto
il saggio “Profondo
nero”: l'intreccio tra oro nero, potere e politica che
legava assieme il presidente dell'Eni Enrico Mattei, il giornalista
Mauro De Mauro e lo scrittore Pier Paolo Pasolini.
Caro lettore,Questo libro, che esce solo in formato ebook, si concentra solo sul mistero italiano della fine del fondatore dell'Eni, Enrico Mattei: morto in un incidente aereo (così disse la prima inchiesta del 66 e anche l'inchiesta ministeriale della Difesa) sui cieli di Bascapè nella sera del 26 ottobre 1962, mentre stava rientrando da una visita in Sicilia, agli stabilimento di Gela e a Gagliano Castelferrato dove l'Eni aveva scoperto la presenza di petrolio nel sottosuolo. Oltre a Mattei morirono Irenio Bertuzzi il suo pilota e il giornalista americano Mc Hale.
prendi fiato: stai per fare un salto nel tempo, una corsa a ritroso nella storia italiana, per scoprire il mistero del complotto che potrebbe avere provocato la morte di Enrico Mattei, il presidente dell'Eni precipitato nel 1962 con il suo aereo nella campagna pavese di Bascapè.
Ma stai per scoprire qualcosa di più.
Che quel complotto sarebbe stato orchestrato “con la copertura di organi per la sicurezza dello stato”, e poi occultato in un intrecciodi omertà e depistaggi pronti a ricompattarsi ogni volta che, nella storia del paese, qualcuno minaccia di rivelarne il segreto.
Per questo motivo sarebbe sparito nel nulla a Palermo il giornalista Mauro De Mauro, eliminato in circostanze misteriose per volontà di un mandante invisibile. Per questo motivo lo scrittore Pier Paolo Pasolini, ucciso ufficialmente in una lite tra “froci”, sarebbe vittima di un agguato studiato a tavolino. Come si legano i tre delitti? Un filo nero come il petrolio avvolge la fine di Mattei, De Mauro e Pasolini.
Questa la prima pagina del libro che, mettendo assieme tre dei misteri d'Italia più enigmatici, racconta di trame di potere, di uno stato dentro lo stato, che vede assieme pezzi dei servizi, esponenti del mondo politico, mafia e logge massoniche.
La solita storia?
E allora chi ha stoppato la rivoluzione impossibile di Mattei? Rendere l'Italia independente dal punto di vista energetico, emanciparla dal giogo delle sette sorelle, allontanarla dagli influssi atlantici. Rendere l'Italia un paese con gli stessi diritti delle altre potenze occidentali, non più un paese a sovranità limitata.
Chi ha messo a tacere la voce del giornalista Mauro De Mauro: scomparso nel nulla; le indagini stoppate dai servizi. Molti di coloro che hanno indagato sono stati uccisi: Boris Giuliano (commissario della Mobile a Palermo), Giuseppe Russo (cap. dei carabinieri), Carlo Alberto Dalla Chiesa (comandante della Legione Carabinieri di Palermo) e il procuratore Scaglione. Quest'ultimo ucciso poco prima di andare a testimoniare su una telefonata tra “Mister X” Don Vito Guarrasi e il commercialista Antonino Buttafuoco in cui si parlava del giornalista scomparso.
Infine, come è morto e perchè il poeta Pier Paolo Pasolini, nella notte tra il 1 e 2 novembre 1975?
C'erano altre persone? E chi ne garantito l'impunità per più di 30 anni?È morto per aver detto “io so” sul corriere, per aver messo assieme i fatti (le stragi, le violenze), con i gruppi di potere e gli attori degli anni 70 (la DC, la P2)?
Strane presenze sul luogo del disastro.Il libro parte dalla ricostruzione delle ultime ore del presidente, fino all'incidente di Bascapè. Se già gli ultimi spostamenti in Sicilia sono un piccolo giallo (come mai Verzotto lo chiamò in Sicilia?), un altro giallo riguarda le strane presenze sul luogo della tragedia.
Che ci faceva l'investigatore Tom Ponzi a Bascapè (negli anni '70 si scoprì che era a libro paga dell'Eni di Cefis)?
Il luogo della tragedia nel giro di poche ore si riempie di persone: anche agenti dei servizi segreti. C’è anche Tom Ponzi, il noto detective privato arrivato a bordo di una Jaguar e, dopo di lui, un misterioso dirigente Eni (Cefis, che era stato silurato da Mattei a gennaio 62?)E poi, la ritrattazione del primo testimone, l'agricoltore Ronchi: “La fiammata tra le nuvole la vede l’agricoltore Mario Ronchi, che abita nella cascina Albaredo” e la racconta in una prima intervista alla TV. Testimonianza poi ritrattata davanti ai carabinieri e ai giornalisti che in seguito lo intervisteranno: c'entra qualcosa il fatto che fu chiamato subito dopo negli uffici dell'Eni e che per anni prese uno stipendio dall'azienda?
Da quel momento, infatti, il contadino negherà tutto. Niente «palla di fuoco», Dice il contadino che il giorno successivo all’incidente aereo, la domenica, alcuni dipendenti della Snam (Società nazionale metanodotti, consociata all’Eni) si presentano alla sua cascina e lo accompagnano a San Donato Milanese[..]Ascesa del corsaro del petrolioChi era Mattei e perché faceva così paura all'establishment italiano, al sistema dei partiti, alle sette sorelle che in un unico oligopolio gestivano l'estrazione del petrolio nel mondo?
Niente «palla di fuoco». Niente esplosione. Niente sabotaggio.
La filosofia del fondatore dell'Eni, sin dai tempi in cui fu chiamato a liquidare l'Agip, era quella di rendere l'Italia autonoma dal punto di vista energetico. Aveva capito che senza questa autonomia, osteggiata dal clima della guerra fredda e dagli americani che consideravano l'Italia una colonia, non ci sarebbe stata alcun sviluppo industriale.
Mattei fu :
“il primo «stregone» dell’informazione, finanziando e comprando agenzie di stampa e quotidiani per imporre il proprio punto di vista e manipolare l’opinione pubblica sui grandi temi della finanza e della politica.”
[..]
Mattei è un innovatore, un autentico «corsaro» del petrolio:
“Mattei dice chiaro e tondo che l’Eni può e vuole trovare mercati nuovi, [..] disturba profondamente i potentati angloamericani del petrolio, soprattutto gli Stati Uniti, [..] guardano all’Italia niente più che come a una provincia del nuovo impero occidentale[..]non ha remore a offrire ad altri interlocutori, paesi «poveri» fino ad allora fuori dal gioco dei contratti economici internazionali, condizioni più favorevoli.”
Tutta la filosofia si racchiude in
questa racconto, l'apologia del gattino affamato:
«C’era una volta un gattino gracile e smunto che aveva fame. Vide dei cani grossi e ringhiosi che stavano mangiando e timidamente si avvicinò alla ciotola. Non fece nemmeno in tempo ad accostarsi che quelli, con una zampata, lo allontanarono. Noi italiani siamo come quel gattino».
Il
gattino divenne una tigre: riuscì a non far chiudere l'Agip, aiutò
la campagna elettorale di De Gasperi nel 1948 e in cambio, il 10
giugno 1948 De Gasperi fa eleggere un nuovo cda dell’Agip: Mattei
torna baldanzosamente in sella.
Nel 1949 l’Agip trivella un pozzo a
Cortemaggiore e trova metano, lo Stato italiano riserva per sé le
concessioni (suscitando il risentimento delle compagnie
americane).
Mattei ebbe con i partiti un rapporto spregiudicato: fu un grande elemosiniere dei partiti. Per la sua battaglia politica contro le “sette sorelle” Mattei ha bisogno di alleanze dentro i partiti.
Mattei ebbe con i partiti un rapporto spregiudicato: fu un grande elemosiniere dei partiti. Per la sua battaglia politica contro le “sette sorelle” Mattei ha bisogno di alleanze dentro i partiti.
Qui inizia l’invenzione del sistema
tangentizio in Italia, dei bilanci paralleli per la creazione
di «fondi neri» con cui pagare cordate politiche, condizionare le
elezioni. Compra giornali e giornalisti, sindaci.
Enrico Mattei fa la vera politica
economica del paese. Si muove come un manager di Stato e il
disordine morale della politica italiana gli attribuisce di fatto
pieni poteri: il suo motto è
«Per me i partiti sono come taxi.
Salgo, pago la corsa e scendo».
Riesce a far approvare dal Parlamento
una legge che autorizza l’Eni a disporre delle concessioni in
Italia.
E non è sua solo l'impronta in termini di politica economica: l'Eni, di fatto, condiziona la politica estera del paese. L'Italia non è più la colonia americana, con una sovranità limitata:
E non è sua solo l'impronta in termini di politica economica: l'Eni, di fatto, condiziona la politica estera del paese. L'Italia non è più la colonia americana, con una sovranità limitata:
“Il presidente dell’Eni costruisce nuovi rapporti con l’Iran, ne avvia con la Libia, stabilisce contatti con l’Egitto, tratta col re di Giordania con un rispetto mai mostrato dai petrolieri anglosassoni, si infila nei rapporti fra Algeria e Francia, segnati dalla guerra di liberazione anticolonialista”.
I generali del Patto atlantico lo
tengono d’occhio: due rapporti dei servizi segreti americani e
inglesi indicano nella politica dell'Eni una minaccia per la politica
estera dei due paesi, abituati a muoversi come ai tempi del
colonialismo nei paesi del termo mondo.
I nemici di Mattei: Eugenio Cefis, Vito Guarrasi e Graziano VerzottoPer capire chi potrebbero essere i mandanti occulti dell'attentato, gli autori si sono concentrati sulla domanda: chi , dalla morte di Mattei, ha avuto maggiori vantaggi, tra le persone che erano a fianco dell'ingegnere. Il saggio si concentra su tre persone: l'ex braccio destro Eugenio Cefis, senatore DC Graziano Verzotto e mister X, l'enigmatico avvocato palermitano Vito Guarrasi.
Eugenio Cefis
Come mattei, che fu a capo delle formazioni bianche dei partigiani, anche Cefis lottò dentro la resistenza, col nome di combattente «Alberto».
Tanto Mattei svolse un lavoro sul territorio, costruendo alleanze con preti, quanto Cefis fu uomo vicino agli americani. I suoi rapporti si fanno stretti con il capitano Emilio Daddario, esponente dell’Oss, incaricato di mettere le mani sui caporioni fascisti prima che i partigiani li catturino.
Scrivono gli autori:
I nemici di Mattei: Eugenio Cefis, Vito Guarrasi e Graziano VerzottoPer capire chi potrebbero essere i mandanti occulti dell'attentato, gli autori si sono concentrati sulla domanda: chi , dalla morte di Mattei, ha avuto maggiori vantaggi, tra le persone che erano a fianco dell'ingegnere. Il saggio si concentra su tre persone: l'ex braccio destro Eugenio Cefis, senatore DC Graziano Verzotto e mister X, l'enigmatico avvocato palermitano Vito Guarrasi.
Eugenio Cefis
Come mattei, che fu a capo delle formazioni bianche dei partigiani, anche Cefis lottò dentro la resistenza, col nome di combattente «Alberto».
Tanto Mattei svolse un lavoro sul territorio, costruendo alleanze con preti, quanto Cefis fu uomo vicino agli americani. I suoi rapporti si fanno stretti con il capitano Emilio Daddario, esponente dell’Oss, incaricato di mettere le mani sui caporioni fascisti prima che i partigiani li catturino.
Scrivono gli autori:
“Sono due caratteri temprati dalla guerra. Quanto Mattei è impulsivo e passionale, tanto Cefis è freddo e determinato. La sola cosa che hanno in comune è un anticomunismo viscerale”.Mattei, quando inizia l'avventura dell'Eni, si ricorda del combattente “Alberto” che diventa vicepresidente.
Mattei scopre che Cefis fa il doppio gioco ed è collegato con i servizi segreti americani: con una trappola, pesca Cefis mentre sta frugando dentro la cassaforte del suo ufficio.
Sembra un pezzo di una fiction, ma non lo è: “gli dice, secco: «Hai una sola possibilità: le dimissioni. Se non ti dimetti entro ventiquattr’ore, ti sbatto fuori». Eugenio Cefis, direttore generale dell’Eni, si dimette” nel gennaio1962.
Iniziano ad arrivare le lettere di minacce: dall'OAS, l'organizzazione terroristica che lottava contro l'indipendenza dell'Algeria (con cui Mattei stipulava contratti convenienti) dalla Francia.
All’Oas sono collegati i servizi di spionaggio americani, attraverso il vicedirettore della Cia Richard Bissell Junior. L’Oas, inoltre, è in stretto contatto con i gruppi neofascisti italiani.
Chi ha ucciso allora Mattei? Forse qualcuno, vicino agli ambienti atlantici, ai servizi americani e dunque all'arcipelago neofascista, che aveva raccontato loro di come Mattei con la sua politica fosse un pericolo?
L’ingegnere è morto alla vigilia di
appuntamenti cruciali:
Kennedy che si apprestava finalmente a
riconoscere il suo peso internazionale, un nuovo accordo con
l’Algeria, un’intesa con l’Iraq.
Con la sua morte cambia la politica estera dell'Eni. A cominciare dal rientro di Cefis. Nel novembre 1962, appena otto giorni dopo la tragedia di Bascapé, e nove mesi dopo le sue dimissioni, Cefis viene nominato dal governo al vertice dell’ente petrolifero di Stato.
Con la sua morte cambia la politica estera dell'Eni. A cominciare dal rientro di Cefis. Nel novembre 1962, appena otto giorni dopo la tragedia di Bascapé, e nove mesi dopo le sue dimissioni, Cefis viene nominato dal governo al vertice dell’ente petrolifero di Stato.
Cefis sostenuto dall’allora
presidente del Consiglio Fanfani, con un diverso collocamento
politico:
Mentre “Mattei prediligeva la
“linea di sinistra” della Dc che aveva forti radici a Milano,
mentre Cefis era più orientato verso la “linea di destra” della
Dc che aveva la sua base a Roma ed era rappresentata da Fanfani”.
La carriera di Cefis, che una nota dei
nostri servizi indicavano come il vero fondatore della Loggia P2
(prima di Licio Gelli), prosegue. Nel 1971, il «grande
elemosiniere» conquista infatti il vertice del gruppo
industriale privato Montedison. Sempre grazie all'aiuto della stampa
prezzolata e dei politici a libro paga.
Graziano Verzotto
Verzotto è il segretario della Dc siciliana, poi eletto senatore, viene dalla Resistenza, dove si guadagna la fama di «doppiogiochista».
Fu accusato di aver depositato fondi neri dell’Ems, l’Ente minerario siciliano, in una banca del finanziere mafioso Michele Sindona.
Graziano Verzotto
Verzotto è il segretario della Dc siciliana, poi eletto senatore, viene dalla Resistenza, dove si guadagna la fama di «doppiogiochista».
Fu accusato di aver depositato fondi neri dell’Ems, l’Ente minerario siciliano, in una banca del finanziere mafioso Michele Sindona.
E' Graziano Verzotto, senatore DC e dirigente Eni in Sicilia, che richiama Mattei in Sicilia a pochi giorni da un precedente viaggio sull'isola (il 20 ottobre).
È sempre Verzotto che telefona a Mattei parlandogli di un attentato ai Morane Saulnier, per dirottare gli aerei dell'ingegnere su Catania ritenuto più sicuro. Per consentire il sabotaggio a Fontanarossa, agevolando così il lavoro degli attentatori?
Verzotto accompagnò il pilota Bertuzzi nelle ultime ore (lo ha scoperto il giornalista Mauro De Mauro): Bertuzzi stava per diventare imprenditore, convinto anche da Verzotto. Stava lanciando l'Eni, per entrare in una compagnia aerea locale siciliana.
Verzotto telefona alla moglie del pilota, in tarda notte del 26 ottobre, chiedendole del marito. Perché?
Come Cefis e Guarrasi, Verzotto non è stato condannato in nessuna inchiesta della magistratura (né la prima, né l'ultima del pm Calia). Eppure rimane una figura enigmatica: le sue deposizioni di fronte ai magistrati sono state ritenute “un groviglio di «contraddizioni, incongruenze, palesi menzogne, ritrattazioni”.
Verzotto viene sentito due volte, ma
muore il 12 giugno 2010, alla vigilia dell’ultima deposizione in
aula.
È stato coinvolto anche nell'inchiesta sulla morte del giornalista Mauro De Mauro, che stava indagando sulle ultime ore in Sicilia di Mattei, per conto del regista Francesco Rosi.
È stato coinvolto anche nell'inchiesta sulla morte del giornalista Mauro De Mauro, che stava indagando sulle ultime ore in Sicilia di Mattei, per conto del regista Francesco Rosi.
Il giornalista scoprì che quel
pomeriggio del 27 ottobre di 50 anni fa il Morane Saulnier dell’ente
petrolifero di Stato venne sabotato a Fontanarossa grazie a due
telefonate che attirarono il pilota Bertuzzi lontano dal suo aereo.
Verzotto fu accusato di essere uno dei
mandanti dell'omicidio di Mattei, e inseguito avrebbe poi ordinato
l’uccisione del giornalista Mauro De Mauro, ormai vicino alla
verità sul delitto Bascapè, quel 16 settembre 1970.
Un assunto, quello dei magistrati, che “lega la borghesia mafiosa palermitana (e Verzotto), e le cosche «perdenti» di Bontate e Badalamenti alle famiglie mafiose catanesi, nissene e gelesi”.
Un assunto, quello dei magistrati, che “lega la borghesia mafiosa palermitana (e Verzotto), e le cosche «perdenti» di Bontate e Badalamenti alle famiglie mafiose catanesi, nissene e gelesi”.
Vito Guarrasi, mister X
La storia dell'avvocato Vito Guarrasi
parte dall'armistizio di Cassibile del settembre 1943, dove Guarrasi
in una celebre foto, è ritratto a fianco del generale Castellano.
Per arrivare al governo di Milazzo, l'esperimento politico in cui in
Sicilia si sperimentò una maggioranza, dove la Dc era
all'opposizione, guidata “da Silvio Milazzo (ex Dc, poi
fondatore dell’Unione siciliana cristiano sociale), appoggiata
dalla mafia, finanziata dagli esattori Nino e Ignazio Salvo”.
Scrivono gli autori su di lui:
“Vito Guarrasi, è considerato l’autore di tutte le norme economico-finanziarie della Sicilia [..]l’eminenza grigia di governi regionali, accordi economici, leggi, società finanziarie[..]È l’uomo che scrive materialmente le leggi che governano lo sviluppo.”
Guarrasi, vicino a Cefis
“Il sodalizio tra Cefis e Guarrasi
si salda alla fine degli anni Cinquanta durante l’operazione
Milazzo”.
Siamo nel 1958: nel 1962, ai tempi del
viaggio in Sicilia di Mattei, era presidente il Dc D'Angelo: secondo
l'inchiesta, viene salvato dall'attentato (informandolo della bomba)
dagli stessi fratelli Salvo, perché “D’Angelo era promotore
in quel periodo del disegno di legge regionale di riordino del
sistema esattoriale” che favoriva proprio loro. Gli uomini
d'onore di Salina.
È Verzotto a parlare di Guarrasi ai
magistrati:
“Ma che rapporto esiste tra Verzotto e Guarrasi? I due, depositari entrambi di inconfessabili e terribili segreti, sono legati da un ricatto reciproco
[..]Verzotto è anche l’uomo chiave del delitto De Mauro[..]Verzotto è vicino a Mattei poche ore prima che il presidente dell’Eni venga assassinato[..]E Verzotto è tra i finanziatori del volume Questo è Cefis di Giorgio Steimetz”
Il complotto tutto italiano.
Nella
sentenza di archiviazione il giudice Calia scrive di una attività
occulta
“protrattasi nel tempo, prima per la preparazione ed esecuzione del delitto e poi per disinformare e depistare, [attività occulta che] non può essere ascritta esclusivamente a gruppi criminali economici, italiani o stranieri, a “sette (o singole) ” sorelle o servizi segreti di altri paesi, se non con l'appoggio e la fattiva collaborazione – cosciente, volontaria e continuata – di persone e strutture profondamente radicate nelle nostre istituzioni e nello stesso ente petrolifero dello Stato”.
Questa sentenza di archiviazione mette
nero su bianco l'ipotesi del complotto, tutto italiano,
all'interno delle istituzioni, per far fuori Mattei. Un complotto
portato avanti da “persone e strutture profondamente radicate
nelle nostre istituzioni e nello stesso ente petrolifero”.
L’uccisione di Mattei potrebbe essere considerata (dopo la
strage di Portella della Ginestra), il primo capitolo della strategia
della tensione: Mattei era considerato un un rischio internazionale
(per le sette sorelle), ma è soprattutto un pericolo per la
stabilità italiana.
Quella stabilità per cui l'Italia non doveva conquistarsi una sua autonomia industriale, una sua sovranità politica piena, aprirsi economicamente ai paesi dell'est Europa o del terzo mondo (considerati come colonie da sfruttare), per cui non c'erano alternative ai governi Dc .
Il caso Mattei (come fu chiamato il bel film di Rosi) è un delitto che vede al centro il lato oscuro della nostra democrazia: la politica, l'oltranzismo atlantico (che sarebbe venuto fuori anche per la strage di Piazza Fontana) e la mafia come braccio armato. Per far sparire il giornalista De Mauro o per sabotare l'aero dell'ingegnere.
Oronzo Reale, esponente del Pri, ministro di Grazia, trovandosi un giorno di fronte alla nipote di Enrico Mattei, ebbe a dire: «Ah, la nipote di quello che fu fatto fuori da Girotti, Cefis, Fanfani».
Quella stabilità per cui l'Italia non doveva conquistarsi una sua autonomia industriale, una sua sovranità politica piena, aprirsi economicamente ai paesi dell'est Europa o del terzo mondo (considerati come colonie da sfruttare), per cui non c'erano alternative ai governi Dc .
Il caso Mattei (come fu chiamato il bel film di Rosi) è un delitto che vede al centro il lato oscuro della nostra democrazia: la politica, l'oltranzismo atlantico (che sarebbe venuto fuori anche per la strage di Piazza Fontana) e la mafia come braccio armato. Per far sparire il giornalista De Mauro o per sabotare l'aero dell'ingegnere.
Oronzo Reale, esponente del Pri, ministro di Grazia, trovandosi un giorno di fronte alla nipote di Enrico Mattei, ebbe a dire: «Ah, la nipote di quello che fu fatto fuori da Girotti, Cefis, Fanfani».
Cefis fu l’ossessione di Pasolini,
tanto da diventare, col nome di Troya, uno dei protagonisti di
Petrolio. Il libro mai finito del poeta.
Il saggio di Giuseppe Lo Bianco e
Sandra Rizza termina senza fare il nome di nessun mandante, sebbene
la pista portata avanti indichi chiaramente chi furono i maggiori
interessati alla fine di Mattei.
Enrico Mattei, Mauro De Mauro e infine Pier Paolo Pasolini: tre delitti sepolti dal tempo, su cui ancora c'è tanto da scoprire.
La scheda del libro sul sito di Chiarelettere.
Il link per ordinare l'e-book su ibs e su Amazon store.
Enrico Mattei, Mauro De Mauro e infine Pier Paolo Pasolini: tre delitti sepolti dal tempo, su cui ancora c'è tanto da scoprire.
La scheda del libro sul sito di Chiarelettere.
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