23 gennaio 2014

La trama di un giallo

“Qua c’è di fare tremare i muri” dice, e Lorusso subito acconsente “è così è così”. Le parole di Riina sono perentorie: ” E allora organizziamola questa cosa. Facciamola grossa e non ne parliamo più”. Poi ‘U curtu continua nella sua escalation di minacce: “Perché questo Di Matteo non se ne va, ci hanno chiesto di rinforzare, gli hanno rinforzato la scorta. E allora se fosse possibile ad ucciderlo, un’esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo”.


Una cimice umana messa da qualcuno per carpire all('ex) capo dei capi tutti i suoi segreti?
Oppure un'abile manovra strategica per ingiuriare il capo dello stato (che non deve testimoniare a Palermo), contro Berlusconi, per ingigantire l'immagine del pm di Palermo Di Matteo?

Qualche settore d’apparato dello stato italiano è coinvolto in una spaventosa messinscena il cui obiettivo è mostrificare il presidente della Repubblica, calunniare Berlusconi e monumentalizzare il pm Di Matteo e il suo traballante processo.
Comunque la si veda c'è qualcosa che non torna, nella storia delle intercettazioni carpite durante l'ora d'aria nel carcere di Opera tra Riina e il boss della Sacra Corona unita, Lorusso.

Ogni volta che si toccano certi argomenti, le cose non tornano: a parole tutti sono favorevoli a che si faccia luce sui misteri, le stragi di mafia del biennio 1992 1993. Arrivare ai nomi delle persone che hanno messo le bomba e anche ai mandanti.
A parole tutti (ministri, presidenti, onorevoli, prefetti) dalla stessa parte: stato e mafia non possono stare dalla stessa parte.

Ma solo a parole.
Ad esempio, che fine ha fatto la proposta per il reato di autoriciclaggio?
Perché non si lavora sul reato di voto di scambio aumentando le pene?
Perché non si riesce a togliere di mezzo la ex Cirielli che uccide tutti i processi degli imputati che si possono permettere di tirarla per le lunghe (e non sono i poveri Cristi)?
E poi gli scudi fiscali, le norme blande contro gli evasori, i condoni edilizi, il filone delle ecomafie completamente ignorato.

Fino a ieri si poteva dire che al governo c'era B., l'uomo di Dell'Utri, la cerniera tra cosa nostra e B.
Poi sono arrivate le larghe intese, che della mafia si sono proprio dimenticate.
Ora dovrebbe toccare a Renzi.
Quello che ha deciso di fare le riforme (e la legge elettorale) proprio con B., per togliere di mezzo i partitini (che poi era un pallino anche del cavaliere).
Niente preferenze, (forse la) possibilità di candidarsi su più seggi.
Non solo, ieri il PD ha votato assieme al PDL una norma che salva le case abusive in Campania.

Insomma, se speravamo in un nuovo corso del governo che facesse veramente piazza pulita delle mafie, credo che rimarremo delusi.
Capire quali pezzi dello Stato hanno trattato con la mafia per chiudere la stagione delle bombe e preparare il terreno al nuovo che avanza non è prioritario. Marcare il territorio aiutando le aziende che non pagano il pizzo, che resistono alle pressioni e alle minacce, non è all'ordine del giorno.

Potrebbe essere la trama di un noir, la storia del rapporto mafia politica: una ha bisogno dell'altra e viceversa.

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