Il film di Margarethe von Trotta ricostruisce questi mesi della sua vita: il processo (mostrato con le immagini originali in bianco e nero), gli articoli di giornale che diedero vita al suo celebre libro “La banalità del male - Eichmann a Gerusalemme (1963)”.
I suoi articoli crearono molte polemiche in Israele e nella comunità ebraica in America: la filosofa comprese che la persona che si trovava di fronte, dietro una lastra di vetro, non era un diavolo, l'incarnazione del male assoluto.
Adolf Eichmann era solo un burocrate, una persona grigia che aveva svolto con ordine e precisione il compito che il partito nazista e Hitler gli avevano assegnato, nell'ufficio B4 sottosezione 4 dell’RSHA, ufficio per la sicurezza nazionale delle SS.
Israele aveva bisogno del mostro, per imbastire un processo che non avrebbe potuto celebrare, avendo rapito Eichmann in Argentina.
Arendt raccontò di questa persona che aveva collaborato all'Olocausto “senza pensarci”: il crimine più brutale contro l'umanità (perché aveva colpito degli esseri umani negando loro la condizione di esseri umani) era stato eseguito da persone che non pensavano, non avevano idee, non ritornavano sulle loro azioni. Questa era la banalità del male che aveva reso il popolo tedesco in larga parte complice dello sterminio degli ebrei, senza un minimo di senso critico per le sue responsabilità individuali.
Eichmann poteva essere chiunque: chiunque fosse stato calato in una realtà, come la Germania di Hitler e avesse accettato la situazione senza porsi domande, senza nessuna riflessione, senza avere idee personali.
Un altro aspetto dei suoi articoli suscità enormi tensioni: le critiche rivolte a parte dei capi delle comunità ebraiche, che collaborarono con l'organizzazione messa in piedi dalle SS, per il trasporto verso i campi: “il capitolo più buio di questa storia”.
Così facendo molti ebrei accettarono i trasporti senza ribellarsi tranquillizzati dal comportamento dei capi.
Secondo la Arendt, se gli ebrei non si fossero lasciati nelle mani dei capi, almeno il 50% di loro si sarebbe salvato.
Il discorso finale (in inglese) di fronte alla sua aula
Uno degli ultimi passaggi del film:
Hannah Arendt: The whole world is trying to prove that I'm wrong. And no one sees my real mistake. Evil cannot be both ordinary and radical. Evil is always extreme. Never radical. Good is always deep and radical.
Heinrich Blücher: Would you have covered the trial if you knew what was expecting you?
Hannah Arendt: Yes. I would have covered it. Maybe to learn who my real friends are.
Heinrich Blücher: Kurt was your friend and would have remaind such.
Hannah Arendt: Kurt was my family.
Uomini ridotti ad ingranaggi
dentro un sistema che non giudicano e che si possono giustificare
delle loro azioni con frasi del tipo “obbedivo solo agli ordini”:
è questo l'effetto finale delle dittature o dei regimi totalitari.
Dove, non a caso, si bruciano i libri.
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