30 dicembre 2014

L'equivoco su Syriza

Syriza, diversamente da quanto ripetono giornalisti e TG, non chiede l'uscita dall'euro, ma semplicemente la rinegoziazione del debito greco. 
Non è detto che vinca alle prossime elezioni, potrebbe non avere i numeri necessari per governare da sola: ma è sufficiente lo sprettro della vittoria di un partito di sinistra (sinistra e basta) per spaventare le borse.
Forse è questo l'equivoco: mettere sopra alla democrazia, ai diritti dei cittadini, alle tutele, al welfare, qualcosa di impalpabile, di sovranazionale, che sfugge ai cittadini (ma non ai grandi investitori, alle grandi banche d'affari) e che pure è capace di influenzare fortemente la nostra vita.
In merito al rapporto con l’Europa, il tratto forte di Syriza è la richiesta di un cambiamento nel ruolo della Bce perché finanzi direttamente gli Stati e i programmi di investimento pubblico: «Siamo in attesa di vedere la portata e soprattutto i risultati del Quantitative Easing, che Draghi ha promesso e che dovrebbe apportare benefici tangibili all’economia reale», ha spiegato recentemente Dimitrios Papadimoulis, vicepresidente del Parlamento Ue e principale esponente di Syriza nella Ue. Non è esattamente una posizione bolscevica, né lunare.Ovviamente non mancano gli interrogativi, il primo dei quali riguarda la stessa Syriza (che, non dimentichiamolo, nasce come coalizione, per di più di sinistra: dunque con tutti i limiti di compattezza derivati) e la possibile maggioranza di governo che attorno a Syriza può formarsi.Ma credo che gli elementi forti di una possibile vittoria di Syriza trascendano gli aspetti programmatici che riguardano la Grecia e siano invece altri due; questi sì, potenzialmente molto rilevanti anche per il resto d’Europa.Il primo è che per la prima volta, nel Continente, potrebbe andare al governo una forza esterna all’accoppiata classica centrodestra-centrosinistra, le due forze che si sono alternate per oltre mezzo secolo e che oggi ancora dominano (talvolta in alleanze più o meno allargate) dalla Germania alla Francia, dalla Spagna al Regno Unito, Italia compresa. In altri termini, sarebbe la prima prova di governo, con tutte le responsabilità connesse, per uno di quegli aggregati politici che – in diversissimo modo – tendono a rappresentare la cosiddettamaggioranza invisibile (il turno dopo potrebbe essere quello spagnolo).Il secondo aspetto, ancora più fondamentale, è che per la prima volta da molto tempo avremmo uno Stato europeo che tenterebbe di rapportarsi alla stessa Ue, alla Troika e più in generale ai poteri economici con tutta la forza che deriva dal suo essere uno Stato e una democrazia, cioè cercando di restituire alla politica la sovranità che le spetta.Questa sì che sarebbe una rivoluzione, dopo gli ultimi trent’anni.Chissà se gliela lasceranno fare.


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