Prima avevamo solo una verità storica, che si era consolidata a partire dal lavoro di storici, analisti, dei magistrati che avevano portato avanti le istruttorie.
Non era la giustizia, per le vittime e per le stragi che hanno insanguinato l'Italia degli anni '70 e condizionato la storia del nostro paese.
Ma era comunque una verità.
La matrice fascista degli esecutori materiali e di chi ha pianificato quelle stragi.
Le coperture da parte di pezzi delle istituzioni e i depistaggi.
Da ieri, dopo la sentenza della corte d'Appello di Brescia (per la strage di piazza della Loggia), abbiamo anche un pezzetto di verità giudiziaria: il reggente di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi e la fonte dei servizi Maurizio Tramonte sono stati ritenuti responsabili della strage.
Non andranno in galera e non era questo l'obiettivo del processo, della parte civile e delle tante persone che hanno seguito questo processo.
Sappiamo, dalla sentenza, che i servizi sapevano che Ordine Nuovo aveva pianificato l'attentato, portato la bomba a Brescia.
E il generale Maletti, del SID, si guardò bene dall'informare i magistrati.
E non è pensabile un simile atteggiamento da parte dei nostri spioni, senza una qualche protezione politica.
Qualcuno nel palazzo sapeva.
Il giudice Salvini, che aveva aperto un'istruttoria sulla pista fascista per Piazza Fontana, commenta:
“Questo esito è il premio per un impegno, quello della Procura di Brescia,che non è mai venuto meno in tanti anni. Se la Procura di Milano avesse fatto altrettanto,credo che sarebbe stato possibile andare anche per piazza Fontana al di là di quella responsabilità storica che comunque le sentenze han-no accertato in modo indiscutibile nei con-fronti delle stesse cellule di Ordine Nuovo al centro del processo per piazza della Loggia”.
Con questa sentenza si apre la possibilità di aprire una riflessione sulle stragi degli anni '70, su quanto la nostra storia, la nostra politica, sia stata condizionata da fattori esterni. Manlio Milani, presidente dell'associazione vittime: “La sentenza impone una profondissima riflessione su quegli anni dal ’69 al ’74”.
Sempre che ci sia la volontà di aprirli quei cassetti, quegli armadi. Sempre che ci sia la volontà da parte dello stato di mettere in discussione se stesso.
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