Incipit
Il colpevole era nudo. Giaceva privo di sensi sul pavimento della stanza. Il narcotico gli aveva fatto perdere conoscenza e non si era ancora ripreso. Il piccolo ambiente dalle pareti bianche era illuminato solo da una lampada d’emergenza. Non c’erano aperture che lasciassero filtrare la luce naturale, ...
Un uomo rinchiusa in una stanza della tortura con tante domande e
senza più voce per aver gridato invano al suo carceriere.
Un corpo semi carbonizzato ritrovato in una discarica.
Un delitto che sembra risolversi in fretta, forse troppo in fretta …
Ma dietro la soluzione, facile, si apre uno spiraglio che porta
dritto ad una comunità che si occupa di adolescenti senza famiglia e
dentro cui è difficile avvicinarsi.
Questi tutti gli
ingredienti del terzo noir del criminologo Antonio Fusco, con
protagonista il commissario Casabona e i suoi colleghi della squadra
Mobile della Questura di Valdenza, nome inventato di una cittadina di
provincia, vicino Firenza.
Siamo nella
bella e romantica provincia Toscana, regione che sa anche nascondere
storie delittuose piene di sangue e violenza.
Il caso da cui
parte tutta la storia è il ritrovamento, a seguito di una telefonata
anonima, del cadavere di una giovane donna, strangolata con un
sacchetto di plastica e semi carbonizzata.
Accanto al
corpo, un peluche colorato.
“Il corpo della donna aveva assunto una posizione plastica. Dava le spalle alla strada ed era girato su un lato, completamente nudo, sopra un cumulo di calcinacci lasciati da qualcuno che aveva voluto liberarsene in modo sbrigativo ed economico”.
Casabona è il
primo ad accorrere sul posto, prima che arrivino i suoi
collaboratori, l'ispettore Proietti e il sovrintendente Bini: da
giorni, a seguito della separazione dalla moglie, vive in un alloggio
dentro la Questura.
Non è uno di quei
funzionari di polizia di primo pelo, alle spalle ha tanti, forse
troppi anni alla Mobile: seguiamo i suoi pensieri da sbirro..
“La scena del crimine è come la pellicola di un film i cui fotogrammi siano stati tagliati e buttati via in modo casuale. Sparsi tutto intorno senza una logica precisa. È compito degli investigatori ritrovarli uno per uno e rimetterli insieme nell’ordine corretto..”
… e di uomo:
nonostante tutte le morti morti cui ha assistito, nessuna lo lascia
insensibile e nella testa iniziano a girare le prima domande. Chi era
la ragazza morta, come un manichino bruciato? Cosa c'è stato
all'origine del delitto? Su quali altre persone si riverserà il
contagio del male ..?
“Se fosse possibile, basterebbe non amare per bloccare le conseguenze del male. Diventare insensibili al dolore altrui. Se fosse possibile…”.
Il caso sembra uno
di quelli destinati a risolversi in fretta: grazie alla testimonianza
di un esponente di una comunità che vive nei boschi, si riesce a
risalire alla macchina che ha scaricato il corpo della ragazza e al
suo proprietario. La pista porta subito ad un probabile sospettato,
un porno attore noto nella zona, Luca Simoni:
“uno a cui piace fare la bella vita e spassarsela con le donne. Fa l’attore porno per una casa di produzione amatoriale”.
Incrociando i tabulati telefonici e le
amicizie del ragazzo, si riesce a risalire anche all'identità della
ragazza: Tania Orlosky, una ragazza ucraina di ventiquattro anni,
ufficialmente ballerina nei locali, in realtà una entraineuse come
tante altre ragazze dell'est.
Ma Luca Simoni è morto, finito in
fondo ad un lago, affogato. Un suicidio forse.
Caso chiuso, allora?
Non per Casabona, secondo cui “le
soluzioni troppo rapide e precise mi lasciano sempre un’ombra di
dubbio”.
Perché nel frattempo, ai dubbi di
Casabona (l'assenza di un movente per esempio) si aggiungono
altre cose che non tornano: il DNA del presunto assassino viene
ritrovato dentro un fascicolo di un “cold case”, passato
all'Unità delitti insoluti, presso la Direzione Centrale Anticrimine
della Polizia di Stato. Come quello di Loretta Magnani, uccisa dentro
una cascina nel 1970.
Come è possibile?
Chi ha scritto la lettera anonima che
ha fatto riaprire il caso è stato riaperto dopo tanto tempo?
La squadra di Casabona inizia a
fare delle domande sul passato di Simoni, che da piccolo era finito
in una comunità che accoglie bambini senza genitori in attesa di
essere adottati, la comunità “La siepe”. Anche qui recentemente
è avvenuto un fatto di sangue: il direttore della struttura ha
trovato la figlia morta, in casa, e per il dolore è finito in una
struttura psichiatrica.
La giovane, che si chiamava Laura,
si era scambiata parecchi SMS negli ultimi mesi con Simoni.
Ma si è veramente suicidata, come ha
stabilito l'inchiesta? Oppure anche questo è un delitto mascherato?
Il padre, dopo giorni di mutismo, di fronte alla dottoressa che l'ha
in cura, se ne è uscito con una frase che riapre il caso:
«Renzo, potresti ripetere, per cortesia?». «Mia figlia non si è suicidata. È stata uccisa. Ne sono certo.»
Ma alle prime domande, ai primi
tentativi di avvicinarsi alla comunità, Casabona viene stoppato
malamente. “La siepe” è una comunità su cui è difficile
perfino fare domande, figuriamoci entrare.
Una comunità florida, frequentata da
politici, magistrati, giornalisti.
Così, per trovare il filo che unisce
le morti di Tania Orlosky, Laura Chellini e Loretta Magnani, si
dovranno muovere con molta cautela, sfruttando i propri contatti in
modo non ufficiale. Perché l'intrigo, la matassa, man mano che si
cerca di ricomporre i pezzi, diventa sempre più complicato e vasto:
«Proviamo a ragionare un attimo. Abbiamo due donne trovate morte, a più di trent’anni di distanza, nella stessa zona. Tralasciando, per il momento, la figlia di Renzo Chellini.[..]
Poi abbiamo due uomini, la cui morte è riconducibile a un eccesso di alcol, che sono i perfetti candidati per essere considerati i loro assassini.
Non aspettatevi un lieto fine alla fine
del racconto: Casabona e i suoi uomini riusciranno ad impedire alla
“Fenice” che da il titolo al libro di risorgere dalle sue ceneri,
ma i veri responsabili dietro rimarranno intoccabili.
Ma questa volta è il turno di Casabona
stesso, di risorgere ad una nuova vita, rimettendo nell'ordine giusto
le priorità della sua vita. Per cercare di risistemare i suoi
problemi familiari con la moglie. Mettendo da parte tutto l'orrore
che gli anni di lavoro hanno lasciato dentro:
“Questo lavoro mi è entrato dentro al punto da condizionare il mio modo di vedere il mondo. I miei occhi sono diventati come una lente deformata, piegata dal male con cui abbiamo a che fare tutti i giorni[..] Questa indagine mi ha lasciato dentro una sola cosa positiva: mi ha insegnato che è sempre possibile ricominciare da capo”.
Il metodo della Fenice è un
noir ben scritto che porta il lettore dentro il lavoro di
investigazione: nella storia ritroviamo tutta l'esperienza
dell'autore, Antonio Fusco funzionario di polizia, che è stato
bravo nel raccontare, in modo preciso, il lavoro di squadra, le
regole, le routine, i rapporti con la stampa e coi superiori, con la
loro ansia di arrivare a risultati in tempi brevi (e bravi
nell'evitare rogne se l'inchiesta tocca persone importanti) ..
Molto reale e credibile il protagonista
delle storie di Fusco, il commissario Tommaso Casabona qui alla terza
indagine (Ogni giorno ha il suo male e La pietà dell'acqua i precedenti romanzi), e di cui siamo curiosi di conoscere il futuro, sia dal
punto di vista professionale, come poliziotto. Sia dal punto di vista
personale.
La scheda del libro sul sito di Giunti
editore (da
cui potete leggere un estratto)
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