Il confronto televisivo su La7 tra il
presidente del Consiglio e il presidente emerito della Consulta è
stato interessante, più che per le ragioni del si o del no, perché
ha raccontato agli italiani le due visioni della democrazia che oggi
si scontrano.
Semplificando al massimo (e anche
rischiando una banalizzazione) possiamo parlare di una democrazia
parlamentare, basata sul confronto e sul dibattito per l'approvazione
delle leggi e dove (solo raramente) si procede con decreti.
Dall'altra parte abbiamo una visione
decisionale per cui, quando si tratta di prendere le decisioni su
argomenti strategici, non si può aspettare i tempi lunghi dei
dibattiti.
Il governo, in quanto organo esecutivo,
deve prendere una decisione e questa deve avere una corsia
preferenziale.
Da una parte la complessità, talvolta
difficilmente comprensibile, percepita come un peso che non sempre si può
sopportare.
Dall'altra la semplificazione, che
diventa spesso in banalizzazione. O peggio.
Se non passa la riforma non taglieremo
più i costi. Non potremo fare più altre riforme per anni .. (quando
in questi ultimi anni abbiamo toccato la Costituzione più volte, tra
cui l'inserimento del pareggio di Bilancio).
Avevamo così di fronte da una parte un
professore universitario che cercava di argomentare, di spiegare, di
fare ragionamenti alti. Dall'altra il presidente (e segretario) che
parlava per slogan semplici, guardava in televisione, parlava con
Mentana mentre l'altro esponeva le sue tesi (e più volte Zagrebelsky l'ha richiamato, “mi sta ascoltando?”).
È stata più efficace la narrazione
del si o quella del no? Dal punto di vista televisivo penso che sia
stato più efficace Renzi, le sue risposte sono arrivate più
facilmente e direttamente agli spettatori che ascoltavano.
Che questo sposterà i voti da una
parte (o l'altra) è tutto da vedere.
Andremo a votare una riforma
costituzionale (che non si può più cambiare) ma in queste settimane
forse si discuterà solo della legge elettorale.
La minoranza PD continua a raccontarci
che voterà si solo se cambia le legge elettorale, che pure oggi
Renzi vuole modificare (proprio sulle preferenze dove fino a ieri ci
dicevano che erano un vulnus per il problema del voto di scambio e clientelismi).
Tutto questo non suona grottesco?
Cosa c'entra la legge elettorale con la
riforma Costituzionale? Ci avevano sempre detto che non erano affatto
legati (per esempio il ministro per le Riforme Boschi). Allora il
famoso “combinato disposto” tra riforma e Italicum su cui
il fronte del no punta il dito, esiste veramente?
E qui veniamo al punto finale: perché
questa riforma non è stata presentata come veramente è? Ovvero,
perché non si è presentata come il passaggio ad un presidenzialismo
forte, punto e basta.
Sarebbe stato tutto molto più
semplice. Forse anche più trasparente.
Anche perché ora il presidente del
Consiglio che vuole spersonalizzare il voto inizierà la sua campagna
per il si, in giro per l'Italia. Giusto per spersonalizzare.
E già si parla di “blitz” per
approvare le modifiche entro il 4 dicembre..
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