Una magistratura non indipendente ma
condizionata è un rischio per la nostra democrazia.
Diffidate sempre da quanti propongono
modelli di Costituzione dove il potere giudiziario è sottostante il
potere esecutivo (citando Francia e Stati Uniti): la nostra
Costituzione che prevede la separazione dei poteri, con tutte le
imperfezioni che volete, è la migliore al mondo da questo punto di
vista.
Significa un potere giudiziario non
condizionato dai potenti di turno, dai desiderata del governo e dei
suoi amici.
Significa una legge uguale per tutti e
una giustizia che sia veramente il “potere di chi non ha potere”.
Cosa succede quando invece questa
indipendenza viene a mancare?
Lo racconta Riccardo Iacona nel
suo ultimo libro uscito per Marsilio:
“Palazzo d'ingiustizia. Il caso Robledo e l'indipendenza della
magistratura. Viaggio nelle procure italiane”.
«L’autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Da essa dipende il funzionamento della democrazia: se si scardina l’equilibrio tra i poteri e la politica mette le mani sulla giustizia, ogni arbitrio è possibile». Forte di questa convinzione, Riccardo Iacona ci conduce nelle stanze dei Palazzi in cui si esercita la «malagiustizia» italiana, puntando i riflettori su un intricato groviglio di lotte fratricide e interessi inconfessabili. I retroscena del lavoro delle procure, le vicende dalle quali sono nate indagini su banche, corruzione, malaffare, e i processi che dalla stagione di Mani Pulite a oggi hanno occupato le prime pagine dei quotidiani rivivono nell’avvincente ricostruzione di una delle migliori voci del giornalismo investigativo italiano. L’incontro con l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, protagonista di eclatanti contrasti che lo hanno indotto a presentare un clamoroso esposto al Consiglio superiore della Magistratura, innesca un’appassionante inchiesta sulla realtà delle aule di giustizia, tra documenti inediti e dichiarazioni esclusive, con il racconto in presa diretta delle vicende giudiziarie che hanno segnato la storia recente del paese, delle interferenze della politica, dello strapotere delle correnti, dei condizionamenti all’indipendenza dei giudici.
La magistratura
italiana è politicizzata, come diceva Berlusconi? In parte, ma non
per le ragioni di cui parlava l'ex presidente del Consiglio.
Gli attacchi alla
politicizzazione, di certe procure e solo di quelle, era legato alla
necessità di difendersi dai processi, impedire il loro svolgimento,
farli finire in prescrizione, attaccare i magistrati colpevoli di
lesa maestà (il voler processare un politico che ha preso voti, non
come certi magistrati, che hanno solo vinto un concorso).
Oggi, racconta
Iacona citando la storia del magistrato Alfredo Robledo e i
suoi scontri con l'ex procuratore capo Bruti Liberati, i fascicoli
rimangono nel cassetto e lì rimangono, fino a che non si arriva
all'archiviazione. Oppure vengono bloccati tra primo grado ed
appello.
Sul Fatto
Quotidiano di oggi, potete leggerne uno stralcio: “Expo 2015,
storia di una inchiesta mancata”
È appena arrivato in libreria “Palazzo d’ingiustizia”, il libro di Riccardo Iacona (Marsilio) sul conflitto che ha opposto a Milano il procuratore aggiunto Alfredo Robledo al suo capo, Edmondo Bruti Liberati. Subito il giudice Andrea Mirenda, che nel libro attacca il peso politico delle correnti, è stato denunciato dall’ex membro laico del Csm di Forza Italia Pierantonio Zanettin, che chiede al ministro della Giustizia una sanzione disciplinare per quanto ha detto nel libro.
“L’Expo non doveva esserci, ma si è fatta grazie a Cantone e Sala, grazie a un lavoro istituzionale d’eccezione, al prefetto e alla Procura di Milano che ringrazio per aver gestito la vicenda con sensibilità istituzionale”. È il 5 agosto 2015, Expo è in pieno svolgimento, e nel corso di una visita ufficiale in Giappone l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi si lascia andare a questi sentiti ringraziamenti.
Sulla grande vetrina internazionale garantita dall’Esposizione universale il suo governo ha puntato molto. Bisognava quindi che nessuno rovinasse la festa. Il 24 aprile 2015 era uscito su giustiziami.it un articolo a firma di Frank Cimini e Manuela D’Alessandro dal titolo La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo): “‘Magari adesso il porto delle nebbie siamo noi’, dice un pm critico con la gestione della procura da parte del capo Edmondo Bruti Liberati, evocando la storica definizione che tanto tempo fa era stata utilizzata per gli inquirenti romani”. (…) Il 12 luglio 2012 viene intercettata una conversazione tra Antonio Rognoni (il numero uno di Ilspa, società della Regione coinvolta in Expo, ndr) e i suoi collaboratori in cui l’ad di Ilspa rivela che tre giorni prima, il 9 luglio, era venuto a trovarlo nel suo ufficio Ottaviano Cinque, proprietario della Socostramo srl, un’altra società di costruzioni che faceva parte della cordata Mantovani.
L’imprenditore, senza dirgli nulla, gli aveva dato un biglietto su cui c’era scritto a mano: “Sappiamo di essere in testa nella parte qualitativa della gara della piastra”. Informazione che nessuno poteva avere, perché la commissione aggiudicatrice per la gara d’appalto non aveva ancora finito di valutare le offerte. In sostanza, Cinque comunica a Rognoni che la gara la vincerà l’associazione di imprese guidata dal gruppo Mantovani. (…) Il bigliettino è per Rognoni la dimostrazione che qualcuno dentro la commissione lavorava per far vincere la Mantovani. “Non so per quale ragione Ottaviano Cinque abbia ritenuto di mostrami il bigliettino”, dichiara Rognoni rispondendo a una domanda di Robledo quando viene interrogato: “Penso che l’abbia fatto per dare una notevole dimostrazione di forza, come a significare che lui aveva il favore della commissione. Non ho dubbi sul fatto che l’offerta della Mantovani complessivamente superasse la soglia dell’anomalia”. (…)
“Rognoni continuava a trovare difficoltà nell’appalto Mantovani. Io ne ho parlato con Giuseppe Sala, gli ho anche consigliato di andare in procura a denunciare, ma lui mi disse che dovevo essere io a denunciare”, fa mettere a verbale Angelo Paris (braccio destro di Sala, ad di Expo, ndr), interrogato dai magistrati di Milano.
Rognoni chiede che si faccia una verifica di congruità dell’offerta al ribasso: “Sono andato da Sala e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani”, dichiara a Robledo. “Sala mi ha risposto che loro sarebbero andati avanti, perché non avevano il tempo di fare una verifica sui prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani per capire se l’offerta era anomala o meno”. (…)
Gli uomini di Robledo scoprono uno strano giro di vendite di quote societarie tra il gruppo Mantovani e la società Socostramo srl, in associazione d’impresa non solo sul cantiere di Expo (…). “La situazione appariva anomala”, mi racconta Robledo, “perché su alcune partecipazioni acquistate dalla Socostramo la Mantovani aveva effettuato ingenti svalutazioni poco tempo dopo il loro acquisto. (…) Si trattava evidentemente di uno spunto investigativo di notevole interesse, poiché le differenze tra le somme pagate e quelle rimaste in bilancio dopo la svalutazione erano elevate e avrebbero potuto rappresentare una modalità di costituzione di disponibilità ai fini del pagamento di tangenti”.
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