Anche questa sera le inchieste di
Report toccano argomenti che ci riguardano da vicino:
- Aumentano i pazienti che hanno bisogno di impiantare dispositivi medici e protesi. Sono sempre necessari e sicuri?
- Nuovi studi chiedono di rivalutare i rischi per chi usa il cellulare
- Quanto pane viene buttato dalla grande distribuzione?
L'anteprima di
questa sera è dedicata al pane:
Ogni anno ne sforniamo quasi 2 milioni di tonnellate, l'85% è artigianale. Nel nostro paese ne esistono 300 specialità diverse: un'eccellenza tutta italiana, che però sta andando in sofferenza. Perché?
Pane
a rendere – di Giulia Presutti
La scheda del servizio:
Ogni anno sforniamo quasi due milioni di tonnellate di pane. L'85% è artigianale: circa un milione e 600 mila tonnellate sono impastate da piccoli fornai. Nel nostro Paese ne esistono fino a 300 specialità diverse: un'eccellenza tutta italiana. Ma il consumo cala di anno in anno: dal 2016 al 2017 la produzione è scesa dell'1,7%, e se fino a dieci anni fa ne mangiavamo in media 100 grammi al giorno, ora ci fermiamo a 80. I panettieri sono in difficoltà e per allargare il mercato scelgono di rifornire la grande distribuzione. Auchan, Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Eurospin sono le sei catene più grandi e nei loro confronti l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha aperto sei istruttorie: secondo l'Antitrust, i supermercati comprano il pane dai forni, ma poi a fine giornata riconsegnano loro l'invenduto. E tutti questi avanzi che fine fanno?
La sicurezza dei
dispositivi medici
Grazie a pacemaker,
protesi ortopediche, agli erogatori di insulina milioni di persone
vivono meglio e più a lungo: ma dietro questi dispositivi impiantati
nel nostro organismo, c'è un mercato in forte espansione, che vale
quasi 200mln $, dove gli interessi delle multinazionali non sempre
coincidono con gli interessi dei pazienti.
In Europa sono 50
le società provate che danno il via libera all'immissione di questi
dispositivi nel mercato: ma chi le controlla? I controlli sulla
sicurezza funzionano davvero?
Monaco, agosto
2018: migliaia di medici si sono incontrati qui per il convegno
europeo della Società della cardiologia, dove si discute di nuove
terapie per le malattie del cuore.
Ma vicino ci sono
anche gli sponsor, le multinazionali che producono i dispositivi
medici per il cuore.
Come la Tavi,
una valvola che cura la Stenosi dell'aorta, una delle malattie più
diffuse al mondo: al convegno te la fanno provare come se fossi in un
videogame.
Una cura
rivoluzionaria perché è alternativa alla chirurgia, se non ci sono
complicazioni, con questa valvola dopo pochi giorni sei a casa.
Ma è una
metodica nuova di cui ancora non si conoscono bene gli effetti nel
lungo periodo - racconta a Giulio Valesini un medico
nell'intervista.
Il giornalista ha
raccontato di un rapporto poco trasparente tra medici e le
multinazionali che producono questi dispositivi: spesso ci sono
medici che aiutano delle startup a produrre il loro brevetto, poi
acquisito da una multinazionale da cui il medico incassa poi i soldi,
continuando a lavorare in studi finanziati dalla multinazionale
stessa.
E prendere altri
soldi per andare poi ai convegni a parlar bene dei prodotti
sponsorizzati.
Questo è quello
che è successo per il pacemaker senza fili: sperimentato in
repubblica Ceca su alcune pecore è stato poi comprato da una
multinazionale.
Che aveva garantito
che la batteria doveva durare almeno 10 anni ma che invece è durata
molto poco.
Questo servizio è
frutto di un lavoro di indagine dell'ICIJOrg,il
gruppo investigativo internazionale in cui Report lavora assieme ai
giornalisti de l'Espresso:
sul sito del periodico potete trovare infatti
il video del direttore che presenta tutto il lavoro fatto.
La
scheda del servizio
Affari di cuore di Giulio Valesini, Cataldo Ciccolella e Simona
Peluso (qui l'anteprima su Raiplay)
I pacemaker, le protesi ortopediche, gli erogatori di insulina. Grazie a questi e altri dispositivi oggi viviamo meglio e più a lungo. Ma l’espansione frenetica di un mercato da quasi 200 miliardi di dollari, guidato da multinazionali europee e americane, non sempre coincide con gli interessi dei pazienti. Il servizio illustrerà diverse tecnologie che hanno mostrato problemi rilevanti, dal pacemaker senza fili Nanostim alle protesi all’anca, passando per valvole cardiache e retine pelviche. Lo stesso ministero della Salute ha ammesso a Report che in fase di vigilanza molto spesso gli incidenti non vengono riportati, cioè non sappiamo davvero quanto un device sia pericoloso per la salute. La Commissione europea si è resa conto che le cose non vanno e nel 2017 ha varato una riforma del settore, il regolamento MDR 745. Ma funzionerà davvero o è stato scritto per lasciare tutto com’era?
Gli effetti
delle onde – effetti collaterali del cellulare
Non c'è solo il problema della dipendenza dal nostro smartphone, il
boom delle notizie sparate in rete che ci stanno facendo regredire ad
animali della giungla, incapaci di fare un ragionamento dall'inizio
alla fine.
C'è anche il rischio per l'inquinamento per le onde
elettromagnetiche cui siamo esposti: quelle della rete dei cellulari
e quelle dei dispositivi connessi alla rete.
Siamo esposti a questo inquinamento quando usiamo il cellulare in
auto e perfino quando siamo a tavola dove accanto al tovagliolo
posiamo il nostro cellulare (si arriva ad una misurazione di 11v/m).
Quando andiamo al lavoro usando i mezzi pubblici e dove tutte le
persone stanno col volto chinato sul display dello smartphone, in un
ambiente chiuso e metallico, dove le onde fanno fatica ad uscire.
In Italia esistono dei limiti per legge (6 volt per metro) eppure
alla stazione Termini il giornalista di report riporta un dato due
volte superiore al limite (fino a 13v/m), dato segnalato all'Arpa
regionale.
Ma i controlli sulle radiofrequenze sono sicuri?
All'ARPA ammettono di non aver mai fatto controlli alla stazione
Termini, ma sono disposti a farle anche subito se qualcuno glielo
segnala.
Così Lucina Paternesi ha seguito il controllo a sorpresa dei tecnici
dell'ARPA dentro la stazione: che cosa succederà ora?
La scheda del
servizio: Onda
su onda di Lucina Paternesi (qui su Raiplay)
Auto che si guidano da sole, droni che consentono di capire quando è ora di irrigare e avviare servizi di emergenza in caso di terremoto. Sono solo alcuni degli esempi dell’Internet of things, la rete di quinta generazione che stiamo già sperimentando anche in Italia. Mentre la tecnologia procede spedita verso le nuove frontiere, la scienza, invece, mette in luce alcuni rischi connessi all’uso dei cellulari. Quest’anno, infatti, si sono conclusi due importanti studi scientifici portati avanti da un prestigioso ente di ricerca pubblico americano e da un centro privato italiano. Entrambi gli studi hanno analizzato l'esposizione dei ratti alle radiofrequenze e, seppure uno studio si sia concentrato sulle radiazioni emesse dai cellulari e l'altro su quelle delle antenne, i risultati sono molto simili. Ma che valori emette un telefono cellulare mentre è in funzione? E, soprattutto, chi ha deciso quali sono i limiti di esposizione per la popolazione?
Intanto, tra associazioni private che decidono le linee guida che poi i governi adotteranno e modelli di misurazione delle esposizioni stabilite dagli stessi produttori di telefoni, in Francia scoppia lo scandalo ‘Phonegate’: due modelli di cellulare sono stati ritirati dal mercato perché le emissioni superavano le soglie stabilite dalla legge. E in Italia cosa accade? Chi controlla su emissioni e cellulari?
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Mi raccomando, siate umani