I dimostranti per il diritto alla casa davanti al teatro Lirico a Milano (Wikipedia) |
Fine decennio, punto di svolta Milano, Piazza Fontana, sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Alle 16,37 del 12 dicembre 1969 esplode un ordigno che provoca 17 morti e 88 feriti. È il più grave atto terroristico mai compiuto sino a questo momento nell’Italia repubblicana, un’estremità temporale che trancia un’epoca.
Pensavo che, 49 nove anni dopo la strage di Piazza Fontana, a più di dieci anni dall'ultima sentenza della Cassazione (quella che ha sancito le responsabilità degli ordinovisti Freda e Ventura sulla strage che però non sono più processabili) non ci fosse più molto altro da dire sulla bomba alla Banca dell'Agricoltura del 12 dicembre 1969.
Invece no: il libro del professor Mirco Dondi dell'università di Bologna riesce a colmare quelle lacune che mancavano nel racconto della strage di Milano all'interno della strategia della Tensione.
Per la semplicità della narrazione (gli atti giudiziari sono citati alla fine di ogni capitolo), perché ci racconta chi erano le vittime (contadini e allevatori della provincia milanese o di altre province lombarde). E chi erano i colpevoli, i fascisti e chi li allevati e protetti all'interno delle istituzioni (forze armate, servizi, uffici dei ministeri..)
Perché, soprattutto, ci racconta il contesto sociale e politico di quegli anni: che non erano ancora gli anni di piombi ma anzi, erano anni molto ferventi e positivi per il progresso della nostra democrazia.
Molte delle riforme approvate poi (da quelle sul lavoro, alla legge sul divorzio) nascono dallo spirito di quegli anni in cui studenti e operai scendono in piazza e scoprono il gusto del manifestare per i propri diritti.
Manifestare per cambiare le cose in un paese che erano ancora ingessato, legato al passato fascista (nelle Questure e nelle Procure erano presenti magistrati e dirigenti cresciuti col regime).
Un paese che stava per sbocciare, racconta Giorgio Boatti in un suo libro (e nella puntata di Blu Notte sulla strage).
Ecco, da qui bisogna partire per capire il perché di quella strage e chi si è mosso dietro gli attentatori fascisti di Ordine Nuovo:
Le mobilitazioni politico-sociali legate al rinnovo dei contratti di lavoro mostrano un seguito mai visto nel Novecento italiano, nemmeno durante il biennio rosso (1919-1920). Una forza contrattuale che modifica la distribuzione del reddito e sancisce, con l’approvazione dello Statuto dei lavoratori, nuove condizioni giuridiche nei rapporti di lavoro. La stagione riformatrice, abortita nel 1964 con la minaccia autoritaria del Piano Solo, torna a manifestarsi sospinta dalla pressione popolare. La legge sul divorzio e l'attuazione dell'ordinamento regionale - due provvedimenti da sempre osteggiati dal fronte conservatore - sono in corso di approvazione così come i nuovi contratti di lavoro (quello dei chimici è firmato il 7 dicembre) sono ad un passo dalla chiusura.Si passa dal Sessantotto studentesco al Sessantanove operaio, un condensato di rivendicazioni che in Francia si racchiude nell'intenso maggio del 1968 mentre in Italia si spande nell'anno successivo con maggiore efficacia. L'attivismo della piazze è avversato, con varia intensità, dai principali giornali di informazione. La richiesta di maggiori diritti si innerva anche di aspirazioni rivoluzionarie, specie tra i gruppi giovanili e studenteschi.Il quadro sociale è fortemente polarizzato. Il fronte più conservatore, sfruttando i suoi rivoli interni alle istituzioni, è intenzionato a fermare questo processo non disdegnando soluzioni fuori dalla prassi democratica.D'altronde il contesto della guerra fredda consente informali spazi di azione oltre la legge, al fine di raggiugere un equilibrio politico gradito. E' questo lo scenario che si muove attorno alla strage di Piazza Fontana. [12 dicembre 1969 di Marco Dondi Laterza]
Ho erroneamente titolato 12 dicembre 1968, chiedo scusa per l'errore
RispondiEliminaAldo