Otto autori di giallo si sono cimentati
nello scrivere un racconto breve, dalla durata di un giorno (o poco
più), da cui il risultato della raccolta di Sellerio “Una giornata
in giallo”.
Sono storie di delitti e di indagini,
di casualità impreviste e di incontri particolari, di vendette e di
amore.
Nonostante la vita metta i protagonisti
di queste storie alle prese coi loro problemi, queste sono giornate
che non dimenticheranno troppo facilmente.
Andrea Camilleri in “Ventiquattr'ore
di ritardo” porta indietro nel tempo il suo commissario
Montalbano, novello proprietario della sua casa di Marinella, il cui
acquisto brinda al telefono con la sua Livia.
Ma quella bottiglia di Champagne lo
metterà di fronte al dilemma di tanti siciliani, fidarsi dello Stato
o chinare il capo alla mafia?
Non s'arricordava quali scrittori tanto tempo passato aviva affirmato che i siciliani si vinivano ad attrovari tral'incudini e il martello. Un'incudini legali che rapprisintava lo Stato e un martello illegali che rapprisintava la mafia
Gaetanno Svattari
ne “La città perfetta” ci porta a Gibellina, la
città distrutta nel terremoto del 1968 e che un gruppo di artisti
pensò di ricostruire con le sue opere d'arte.
Ma una città, per
vivere, ha anche bisogno di altro
«Gli artisti volevano aiutarvi, per questo sono venuti a Gibellina», accenna Suleima.
«Lo so» fa Leone. «Lo so. E io li ringrazio. Di cuore. Ma non basta l'arte, ci vuole il pane e il companatico. E ci vuole il rispetto per le persone, per chi ha sofferto, per chi ha visto cadere il mondo … Ci hanno trattato da cavie di laboratorio. Hanno detto: sono trogloditi, sono animali, costruiamo un paese tutto nuovo così li civilizziamo»
Marco
Malvaldi in “L'uomo vestito di arancione” sposta
l'azione dalla sua Pineta in Olanda, ad Amsterdam, nel giorno della
festività nazionale, dove la città si riempie di turisti in giro
per le bancarelle.
Come
Tiziana e Marchino, vittime di una storia ai limiti
dell'inverosimile, per le troppe coincidenze che accadono nella
stessa giornata.
Dominique
Manotti costruisce il racconto breve con maggiori attinenze con
quello che stiamo vivendo oggi in Italia e in Europa, in “Una
giornata d'odio”: siamo a Marsiglia nel 1973 il
commissario Daquin deve indagare sul delitto di un giovane immigrato
algerino in cui sono invischiati anche poliziotti.
Una
giornata d'odio, nata per un delitto compiuto da un immigrato con
problemi mentali, per quel clima di odio contro gli immigrati su cui
soffiano in tanti. L'estrema destra, finanziata dai fascisti
italiani, i giornali e anche un pezzo dell'amministrazione pubblica.
Nessuna precauzione, di nessun tipo. La cultura dell'impunità, in tutto il suo splendore. Fra gli sbirri e i loro amici. Che cazzo ci faccio in questo merdaio?
Santo Piazzese in
“Ballata della lucciola e di Maria Walewska” mette
il suo personaggio Lorenzo La Marca di fronte alle sue paure, quelle
dei serpenti: in una giornata di un luglio torrido a Palermo, la sua
vita incrocia quella di uno scorsone, una biscia nera, che sembra
ostinato a voler entrare dentro un negozio di pelletterie.
Scappare via o
cercare di risolvere l'enigma di quello scorsone che sembrava perfino
“ammaestrato”?
Però qualcosa mi frenava. La consapevolezza che la soluzione andava trovata nel quartiere. Emme Dabliu non doveva essere arrivata da molto lontano. Ma da dove?
Chi l'ha detto che
le bisce non siano animali affettuosi e che le prostitute non leggano
libri gialli?
Con Francesco
Recami si sale su fino a Milano, la Milano delle periferie
problematiche per la presenza degli immigrati, periferie che fanno
notizia solo per le storie di cronaca. Quelle che legge il pensionato
e vedovo signor Consonni nella sua casa di ringhiera che per un
giorno deve accudire il suo nipote.
“La rete
nera e la rete bianca” è una storia di coincidenze
fortuite che mette assieme l'imbranataggine di un uomo nei confronti
dei problemi di un neonato, l'improvvisazione di un ladro di rame
sfortunato e un idraulico che l'occasione trasforma in ladro.
Non conoscevo Gian
Mauro Costa e nemmeno Angela Mazzola, protagonista del suo racconto
“La grande rapina al furgoncino”: agente della
Mobile alla sezione rapine, si imbatte in uno strano caso, un
commando armato di Kalashnikov che rapina un furgoncino di
“cacocciuli”, carciofi.
O forse portava
qualcosa di diverso, come la droga. Ma perché quella rapina, perché
in quel modo
Ammesso che i colleghi avessero trovato tracce di droga o d'altro, l'anomalia persisteva. Anzi si amplificava: perché dare così nell'occhio, con l'impiego di un intero commando, quando ai banditi sarebbe convenuto far passare l'episodio come una rapina qualsiasi, di routine, senza suscitare clamori e interrogativi?
E l'agente Mazzola,
saprà trovare la pista giusta e che la porterà dentro la borgata
della Guadagna, dove la mafia recluta la sua manovalanza, in mezzo a
giovani dallo sguardo spento cresciuti in mezzo a soprusi, con
l'illusione di una vita normale e una realtà con poche speranze.
Chiude la racconta
Alicia Giménez-Bartlett con “Una strana giornata”:
è la giornata che non si dimenticherà più l'ispettrice Petra
Delicado. Rapita da una ragazza sotto il commissariato, come merce di
scambio per un piccolo criminale appena arrestato per uno scippo
finito male, in cui la vittima è finita accoltellata.
Un duro faccia a
faccia tra la poliziotta e questa ragazza che, poco più di
vent'anni, dopo tante amarezze, si è aggrappata a questo piccolo
criminale come ciambella di salvataggio per una vita migliore.
«.. Aveva la disgrazia scritta in fronte, come un motto. Per molta gente è così, l'infelicità è un destino. Ma il peggio è che quando provano ad uscire dal copione tentano sempre soluzioni sbagliate, direi quasi opposte a quelle che potrebbero davvero aiutarle. Le loro vite sono costellate di errori».
La scheda del libro sul sito
dell'editore Sellerio
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