29 luglio 2019

Rocco Chinnici - il mostro di cosa nostra


A furia di inseguire fantasmi (l'invasione dei migranti, Soros, l'Europa cattiva..) ci dimentichiamo dei mostri veri che hanno riempito le pagine della nostra storia criminale.
Come il mostro della mafia, che ancora esiste in mezzo a noi sebbene in forma meno riconoscibile: la mafia dei colletti bianchi, quella capace di spostare soldi e usare i nuovi mezzi di comunicazione.
Quella che sposta pacchetti di voti, che dispone di enorme masse di denaro con cui comprarsi protezione e con cui colonizzare il mondo dell'imprenditoria.

Non è più la mafia militare dei Riina, che non si faceva scrupoli di eliminare col piombo e col tritolo i suoi nemici: come Boris Giuliano, il capo della Mobile di Palermo uccisio nel luglio del 1979, colpevole di voler mettere le mani sui soldi della mafia.
Come il capo dell'ufficio istruzione Rocco Chinnici, colpevole di voler colpire la mafia dei capitali, di voler entrare in quei santuari che erano le banche che riciclavano i soldi delle famiglie mafiose, i Bontade e gli Inzerillo e poi dei corleonesi, dopo che questi ultimi avevano sterminato i primi nella mattanza.
Rocco Chinnici aveva intenzione di creare un pool di magistrati specializzati nelle inchieste di mafia, in modo che i reati dei mafiosi, gli omicidi e i reati collegati, non si perdessero in mille processi slegati tra di loro.
«Ma cosa credete di fare all'ufficio istruzione? La devi smettere Chinnici di fare indagini nelle banche, così rovini tutta l'economia siciliana .. ». Giovanni Pizzillo, Procuratore Generale di Palermo nel 1982.

Rocco Chinnici, come anche gli altri magistrati del pool, non era amato dai colleghi e nemmeno dalla classi dirigente dell'isola: la sua ostinazione nel voler combattere la mafia dei colletti bianchi, nel voler toccare i suoi capitali gli costò la vita, il 29 luglio del 1983 quando un'autobomba lo uccise in via Pipitone.

Oggi la mafia non mette più le bombe, se deve uccidere un magistrato importante ci pensa due volte.
Ma non per questo è meno potente: semplicemente è più subdola, più difficile da riconoscere e da distinguere, anche perché, oggi come allora, la politica non ha messo quei filtri per tenere cosa nostra a distanza (e la vicenda Montante ex presidente di Confindustria in Sicilia, ex paladino dell'antimafia, dovrebbe far riflettere in tanti).
Si fa in fretta oggi a parlare di antimafia: ma oltre alle parole di circostanza, il mostro di cosa nostra fa ancora paura. A quelli che veramente vogliono sconfiggere la mafia.

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