Il tilefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parsi, doppo ore e ore passate ad arramazzarisi ammatula dintra al letto. Le aviva spirimintate tutte, dalla conta delle pecore alla conta senza pecore, dal tintari d’arricordarisi come faciva il primo canto dell’Iliade a quello che Cicerone aviva scrivuto al comincio delle Catilinari. Nenti, non c’era stato verso. Doppo il Quousque tandem, Catilina, nebbia fitta. Era ’na botta d’insonnia senza rimeddio, pirchì non scascionata da un eccesso di mangiatina o da un assuglio di mali pinseri.
Addrumò la luci, taliò il ralogio: non erano ancora le cinco del matino. Di certo l’acchiamavano dal commissariato, doviva essiri capitata qualichicosa di grosso. Si susì senza nisciuna prescia per annare ad arrispunniri.
Aviva ’na presa tilefonica macari allato al commodino, ma da tempo non l’adopirava pirchì si era fatto pirsuaso che quella piccola caminata da ’na càmmara all’autra, in caso di chiamata notturna, gli dava la possibilità di libbirarisi dalle filinie del sonno che si ostinavano a ristarigli ’mpiccicate nel ciriveddro.
«Pronto?».
Gli era nisciuta ’na voci non sulo arragatata, ma che pariva macari ’mpastata con la coddra.
«Riccardino sono!» fici ’na voci che, al contrario della sò, era squillanti e fistevoli.
Riccardino è l'ultimo romanzo di
Camilleri, l'ultimo giallo col commissario Montalbano: il maestro ci
ha lasciati così, con questo giallo che è anche qualcosa in più.
Non doveva essere questo il titolo, è
rimasto così fin dalla prima stesura del 2005 (poi rivista nel
2016), Riccardino e basta: in questo Camilleri è sia autore che
protagonista della storia, così come Montalbano è sia protagonista
del racconto (per cui personaggio reale di una storia inventata) che
personaggio della serie televisiva (personaggio inventato di una
storia inventata), creando uno sdoppiamento che mette in difficoltà
non solo il lettore, ma anche i cittadini vigatesi, quando se lo
ritrovano di fronte.
«Talè! Talè! ‘U commissariu arrivò!»
«Montalbano è!»
«Cu? Montalbanu? Chiddro di la televisioni?»
«No, chiddro vero».
C'è un Montalbano che ragiona e un
Montalbano che si osserva, compiaciuto nei suoi confronti per la
recita che ha messo di fronte a dei testimoni, di cui sospetta che
nascondano qualcosa.
C'è un Montalbano che viene svegliato
alle cinque di mattina da una telefonata che non era diretta a lui e
c'è anche un Montalbano che si trova a discutere dell'indagine, di
come deve andare avanti il suo lavoro di sbirro con l'Autore, che
cerca di imporgli una sua soluzione.
E' un continuo scontrarsi tra l'autore,
inventato ma reale, e il commissario, reale nella storia ma inventato
pure lui, un duello in cui il primo rinfaccia al secondo la sua stanchezza, la confusione che crea nel lettore per le troppe piste mentre il secondo rinfaccia all'autore il volersi intromettere:
Bel duello, Commissario. Però finiamola qua, io non posso sfoggiare molta cultura, sono considerato uno scrittore di genere. Anzi, di genere di consumo. Tant'è vero che i miei libri si vendono macari nei supermercati.
In questo romanzo Camilleri fa tornare
anche il ricordo della madre di Montalbano, morta quando lui era
nicareddro e di cui gli rimanevano pochi ricordi. Il colore dei
capelli, la gioia nell'aspettare il regalo che la madre gli avrebbe
portato il 2 novembre (una volta i regali li portavano i morti)
Ma di subito gli vinni un pinsero: se arrinisciva a ristari vigliante, sicuramenti avrebbi viduto a sò matre.Di lei non s'arricordava nenti, tranne 'na speci di luci biunna 'n movimento, come le spiche di frumento quanno supra ci batte il soli, e delle spiche di frumento cataminate dal vento faciva lo stisso fruscio liggero liggero.
Ma questo è anche un racconto giallo
anche se, una volta arrivati all'ultima pagina, vi rimarrà in bocca
un sapore strano.
Un uomo viene ucciso davanti ai propri
amici, mentre si stanno preparando per una gita in montagna.
Il morto è proprio quel Riccardo, o
Riccardino, aveva telefonato a Montalbano a cui quest'ultimo,
maligno, aveva nascosto l'errore nella chiamata.
Un motociclista spuntato da una
stradina gli ha sparato, appena completata la telefonata: per
sottrarli alla curiosità morbosa della folla, Montalbano li convoca
in ufficio, per iniziare a capirci qualcosa di questo delitto che,
per sua stessa ammissione, non ha voglia di affrontare.
I tre, o i quattro, erano molto amici,
i “quattro moschettieri” si chiamavano tra di loro: un rapporto
molto stretto, dai tempi della scuola. Le risposte alle sue domande
non persuadono Montalbano che ingegna un tranello, una messinscena,
per aprire una crepa nel muro, forse omertoso, che i tre hanno
costruito.
Per quale motivo è stato ucciso
Riccardo o Riccardino? L'indagine viene prima sottratta e poi
riassegnata a Montalbano, perché qualcuno in alto loco spinge
affinché torni al commissario.
E non è l'unica cosa strana: c'è uno
strano interessamento da parte del vescovo di Montelusa (zio di uno
dei tre moschettieri) sull'indagine. Il morto che era un fimminaro
peggio di Augello, con una moglie pacenziosa che accettava le sue
corna e le tante amanti, tutte all'interno della cerchia delle mogli
dei suoi amici. Corna confermate dalla solita, immancabile lettera
anonima.
Perché i tre moschettieri accettavano
quelle corna? Che rapporto avevano con Riccardo o Riccardino?
E poi c'è il mistero del camion
notturno, che ogni notte disturba il sonno (oltreché i tubi
dell'acqua) della chiromante Tina Macca: un camion che arriva,
scarica un pacco, lo getta nell'immondezzaio dall'altra parte di un
muro. Pacco che viene poi recuperato poco dopo.
Ma allora, per cosa è morto
Riccardino? Per una storia di corna, come sembra chiaro a tutti, ma
non a Montalbano? E che ci trase questo camion, che è guidato
proprio da un autista della miniera presso cui lavoravano, come
impiegati, tre dei “quattro moschettieri”?
A tia non ti nni futti nenti né della logica dell'indagini né delle regole da seguiri. Parlamonni chiaro: tu mi vuoi solo sputtanare, Montalbà. Vuoi fari tirreno abbrusciato torno torno a mia. Vuoi che i miei romanzi su di te diventino illeggibili.
Il fiuto del
Montalbano sbirro si è acceso: dietro quei quattro personaggi, le
cui vite sono tutte intrecciate tra loro come la “corona dei surci”
(un'altra efficace metafora di Camilleri, quella dei topi con le code
intrecciate tra loro che non possono separarsi), c'è qualcosa di
molto più grosso, che porta ad un costruttore nonché trafficante di
droga su su fino ad un deputato in odore (o puzza) di mafia e per
questo promosso al ruolo di sottosegretario.
«Che è 'sta curuna, dottore?»
«'Na cosa che vitti quanno ero picciliddro e che non ho cchiù scordata, tanto mi 'mpressionò. Mè nonno aviva addiciduto d'abbattiri il forno di casa, che era 'na speci di cammareddra allato alla casina di campagna, e acchiamò i muratori. Chisti accomenzaro a picconari e avivano abbattuto squasi mezzo muro quanno da un pirtuso scapparo 'na decina di surci bastevolmentei grossi. Era 'na tana e dintra ci stavano sei surci con le code longhe longhe 'nturciuniate tra loro, a formari 'na speci di coruna, appunto. Le code erano accussì stritte stritte che i surci non potevano cataminarisi perché ognuno tintava di fuìri in una direzione diversa ..»
Ma questa è una
pista che non piace al vescovo, non piace al “signori e questori”
e, cosa che fa girare i cabasisi al Montalbano personaggio, nemmeno
all'autore:
.. stai lustrando i soliti pupi del tuo consueto teatrino dell'opera dei pupi. E cioè quello dove s'inscena il fritto e rifritto rapporto mafia e politica sul quale i miei lettori cominciano a dare più che giustificabili segni di stanchezza. Sai quanti mi chiedono «una semplice storia gialla» che sia semplicemente tale, vale a dire senza che c'entri la politica o la mafia?
Un maestro, come
Camilleri, sa quando è il momento di uscire di scena, quando non hai
più la libertà e la serenità di scrivere quello che vuoi, quando
sente di non aver più nulla di interessante, quando sente di essere
vittima del suo stesso genere letterario, del suo personaggio..
Ed ecco allora la
gomma, per cancellare la pagina, per scomparire, per andarsene.
E per lasciarsi,
come eredità per noi e per chi verrà dopo di noi, la sua enorme
opera letteraria.
La scheda del libro
sul sito di Sellerio.
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