Sono due le notizie che mi hanno
colpito e che è opportuno sottolineare: sono notizie che in questi
giorni stanno facendo rumore mediaticamente ma che sono uscite mesi
fa e che sono riferite a fatti avvenuti nel passato, anche lontano.
L'inchiesta sui finanziamenti di Gelli
all'estrema destra, su cui sta indagando la Procura Generale di
Bologna, come nuovo filo di indagine sulla strage di Bologna. La
bomba per cui sono stati ritenuti responsabili i neofascisti dei Nar
(Mambro, Fioravanti e Cavallini), su cui sono stati condannati per
depistaggio Gelli e due ufficiali dei servizi (Santovito e Belmonte)
e su cui ogni tanto torna a spuntare la pista internazionale (come
anche per Ustica).
Esiste una traccia di soldi usciti
dall'Ambrosiano di Calvi, passati per i conti di Gelli e finiti ai
neofascisti nei giorni della strage e usati anche per proteggerne la
latitanza a Londra.
Ne parla oggi Giorgio
Mottola e Andrea Palladino sul Fatto Quotidiano, dopo essersene
occupato in
un'inchiesta con Report, e Paolo
Biondani sull'Espresso.
Forse la nostra storia è veramente da
riscrivere, ma non per tirare in ballo le toghe rosse come
sostengono i giornali della destra, ma per ricordarci quando la
nostra democrazia sia fragile e legata ad interessi che si muovono al
di fuori delle regole e delle leggi.
La seconda notizia, di cui oggi parlano
tutti i giornali, è l'inchiesta che tocca il presidente della
Lombardia Attilio Fontana, per l'inchiesta sui camici.
Una donazione, non una vendita, no ma
io non ne sapevo niente, no ma poi ho ripagato io a mio cognato, con
soldi provenienti da un conto svizzero, frutto di una eredità che
stava in due trust nascosti al fisco alle Bahamas, poi scudati grazie
alla volontary disclosure di Renzi nel 2015.
La solita giustizia ad orologeria,
violazione del segreto istruttorio, la regione non ha cacciato un
euro, sono indagato per una donazione … queste le scuse puerili con
cui la Lega e i suoi esponenti, cominciando da Salvini, sperano di
difendersi.
Di mezzo però ci sono le morti per
Covid, il personale medico che non aveva dispositivi e camici nelle
settimane del picco del virus, un presidente di regione che non è
trasparente, che racconta bugie.
Anche questa storia è stata raccontata
per la prima volta da Report,
a giugno, in una puntata che non aveva suscitato tante reazione,
se non il solito annuncio di querela.
Ecco, questo è il giornalismo vero,
quello che informa, che parte da un fatto per raccontare una storia
per informare i lettori.
Su quella che è stata l'Italia negli
anni settanta, ottanta, terreno di scontro per la guerra fredda, un
paese dove la democrazia era bloccata per l'impossibilità di una
alternanza politica tra destra e sinistra.
Un paese sotto forte influenza
dell'alleato americano.
E sull'Italia di oggi, un paese con
regioni che vantano buon governo e reclamano autonomia per gestirsi i
soldi pubblici su sanità, scuola, sicurezza e che poi non sanno
essere trasparenti né efficienti per tutelare la nostra salute.
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