Ultima puntata della stagione, dove nei vari servizi si è fatto il punto sulla gestione dell'epidemia in Italia e nelle regioni.
L’ANALISI di Antonella Cignarale in collaborazione di Simona Peluso
L'anteprima della puntata è dedicata ai test sierologici: che giro fanno le provette col siero e i nostri dati?
Molti piccoli laboratori sono stato fagocitati dai grandi gruppi dietro cui hanno i fondi di investimento: la protezione dei nostri dati è affidata alla nostra firma, sull'informativa alla privacy.
La giornalista ha cercato di capire come gestisce i dati LifeBrain: i dati sono conservati sui loro server, fanno collaborazione con enti certificati, per interessi scientifici.
Altro test alla Synlab, dove non sanno come saranno usati i dati del test, al massimo sono conservati per pochi mesi. Synlab è un network strutturato per piattaforme regionali, in ciascun centro si possono fare esami complessi, perché tanto i campioni viaggiano nei centri più grandi.
In ogni caso i laboratori devono leggere le informative, non far firmare le carte e basta: il titolare della privacy sarebbe il singolo laboratorio, ma poi i dati sono noti a livello nazionale.
Così, scopriamo che dietro Synlab ci sono fondi e aziende del farmaco che, dei nostri dati, ne hanno molto bisogno. “Il vero valore dell'impresa sono i dati” ammette alla giornalista il garante della privacy.
A loro insaputa di Giorgio Mottola
Nel modello dell'emergenza in Lombardia mancavano reagenti per fare tamponi: fin dall'inizio è stato impossibile circoscrivere il coronavirus. Fontana ha chiesto la disponibilità ai privati, per i tamponi: molti laboratori si sono messi a disposizione, ma mancavano i reagenti.
Ma a Report risulta che alcune strutture private i reagenti li avevano e se li facevano pagare cari, mentre medici e infermieri non potevano fare i test.
Al San Raffaele un cittadino ha speso 180 euro per un tampone ad aprile: Giovanna Muscietti è una signora milanese che ha sporto denuncia su questo sistema, “si è passati da un diritto universale ad un privilegio per chi se lo può permettere”.
Al San Raffaele ammettono che è stata una svista e hanno rimborsato l'utente: la tamponatura dovrebbe essere un servizio pubblico, spiega lo stesso Fontana.
Altro materiale molto richiesto è stato quello dei camici: Armani si è offerto per donarli alla regione, ma Aria, l'azienda di acquisti regionali, si è mossa per reperire camici sul mercato.
Una società ne ha forniti alla regione per 500mila euro, una società del cognato del presidente Fontana, la Dama Spa: nessuna gara pubblica dietro questa fornitura pubblica.
Giorgio Mottola ne ha chiesto conto direttamente all'AD di Paul & Shark: inizialmente si parla di donazione, “chieda pure ad Aria .. sono un'azienda lombarda, devo fare il mio dovere”.
Ma nelle carte si parla di acquisto, non donazione, per un valore di 513mila euro, da Dama Spa alla regione: pagamento tramite bonifico.
Dini, successivamente, spiega che si sia trattato di un equivoco, lui non era in azienda, si tratterebbe di una fornitura “a sua insaputa”, senza gara, per affidamento diretto. Solo un automatismo burocratico, si giustifica Fontana, sulle note di pagamento: ma, in base alle carte che ha mostrato Report, si è parlato di donazione solo dopo che Report ha iniziato ad occuparsi del caso, con le prime domande che ha fatto in giro Report.
Perché questa donazione non ha avuto pubblicità, per questa operazione che sarebbe anche meritoria?
Autonomia Covid di Rosamaria Aquino in collaborazione di Alessia Marzi
Tutto in famiglia anche a Bolzano: gli scaldacollo comprati dalla provincia, che ne ha comprati 300mila, senza gara, da una azienda di un cugino dell'assessore alla sanità.
“E' la politica dei cugini” si giustifica l'assessore: ma gli scaldacollo, che non hanno convinto della loro efficacia nemmeno i medici, sono prodotti in Romania.
Anche le mascherine avevano dei problemi: non aderivano al volto, si dovevano tenere con la mano. Mascherine e camici arrivati dalla Cina, bocciati a Vienna, e poi comprati dalla provincia autonoma di Bolzano.
Nemmeno l'Inail ha certificato questi camici, ma nonostante questo la provincia ne ha ordinato un altro carico. Chi pagherà per queste partite di mascherine e camici non a norma? Il numero due della provincia non ha saputo rispondere, pagherà forse la protezione civile?
Anche a Trento hanno preso decisioni in famiglia: mentre le altre regioni decidevano di chiudere, a Trento invitavano le persone sulle piste di sci, nella prima settimana di marzo.
Nelle settimane successive la provincia di Trento la pandemia esplode, anche grazie alle persone andate sulle piste da sci. La giunta provinciale ha invitato le persone a sciare: l'assessore al turismo, tra i maggiori supporter dei turisti è anche l'albergatore preferito di Salvini, avendo un albergo noto a Pinzolo.
Un piccolo conflitto di interessi? “Questo lo dice lei” la sua risposta.
Trento ha la percentuale più alta di morti nelle RSA: c'è stata una circolare dell'azienda sanitaria che di fatto ha bloccato il ricovero in ospedale delle persone anziane ospitate.
Gli anziani sono stati tenuti nelle RSA, finché in molti non si sono aggravati e sono morti. La politica ha deciso chi curare e chi no? Reparti vuoti negli ospedali pubblici e morti nelle RSA: chi ha deciso questa politica?
Stress Test di Emanuele Bellano in collaborazione di Greta Orsi
Il servizio di Emanuele Bellano cerca di spiegare come funzionano i test sierologici: alcuni indicatori del test possono indicare se una persona è stata contagiata e ha sviluppato gli anticorpi.
L'insieme dei test, i loro risultati, permette di comprendere l'evoluzione del virus nel territorio: i test massivi, gratuiti su un campione di cittadini, sono partiti a fine maggio. Ma 250mila campioni sono poco significativi.
A BNembro e ad Alzano Lombardo non stanno facendo i test: l'ATS sta facendo test sulla provincia bergamasca, per un totale di 10000 campioni, in totale in Lombardia sono 80mila.
La regione ha comprato i test dalla Diasorin: questa società collabora con un ospedale pubblico da marzo (il San Matteo di Pavia), questo è stato per Diasorin un vantaggio per la preparazione dei test.
Vantaggio illegittimo secondo il TAR e ha trasmesso gli atti alla Corte dei Conti: Diasorin ha incassato 2ml di euro dalla regione, per i test, conseguenza del patto con l'ospedale di Pavia. Il titolo della società è cresciuto in modo significativo proprio ad aprile, dopo la vendita dei test alla regione Lombardia.
La regione avrebbe potuto avere test
gratis, dalla Technogenetics: non vendo ricevuto una risposta da
Gallera, questa società li ha donati ad altre regioni.
A Nembro volevano fare una mappatura
del contagio: il progetto, presentato al papa Giovanni, è stato
bloccato perché in parallelo al test fatto dalla regione Lombardia.
Il 12 maggio la regione Lombardia da il via libera ai privati per i test sierologici: a Canonica d'Adda i test sono fatti in collaborazione coi privati convenzionati (Habilita). Si paga dunque per i test, il tampone verrà rimborsato solo se positivo.
Molti laboratori privati si sono messi a fare i test, dopo la delibera regionale: ma chi viene rilevato positivo al test, deve mettersi in quarantena volontaria, in attesa del tampone. Così ci sono persone che sono rimaste a casa, nel bergamasco, aspettando il tampone.
Il giornalista di Report ha raccolto poi una testimonianza di un imprenditore che confessa che ci sono pressioni per non fare test sierologici, dalla regione stessa. In Umbria fanno i test sierologico rapidi, comprati senza gara dalla Vim Spa (che doveva essere l'unico distributore in Italia): ma la Vim non è l'unica azienda che distribuisce questi test rapidi, come la Carminati.
Eravamo in una situazione di emergenza – spiegano in regione: ma non si fatte verifiche per capire se il test fosse affidabile, se fosse stato testato in modo efficace. Questi test non erano conformi dunque, ma la regione aveva bisogno di test immunologici rapidi, che ha pure pagato caro. L'Umbria ha speso 150mila euro in più per i test della VIM: “errori dal fatto che c'era esigenza di avere dei test a breve”.
Report ha scoperto che l'intermediario da cui la regione ha comprato i test dalla Vim era politicamente vicino alla governatrice Tesei. Erano solo cene elettorali, fanno sapere dalla regione.
App .. però di Lucina Paternesi
Come funziona la App Immuni che oggi è in test in diverse regioni? Cosa avverrà a livello regionale quando arriverà ad un utente l'avviso di possibile contagio?
L'App non funziona bene sui modelli Huawey, sui modelli vecchi più di tre quattro anno. Chi pagherà in caso di danni? Il sistema bluetooth usato dalla App è affidabile?
La giornalista è andata in Calabria, dalla startup Gipstech: qui spiegano come la distanza tra due cellulari non è misurata in modo preciso, dipende dalla rotazione del telefono, se le due persone sono di spalle, se ci sono ostacoli di mezzo..Il bluetooth non misura una distanza precisa, col risultato che si creino tanti falsi negativi.
Inoltre sui sistemi Android la App richiesta l'abilitazione della geolocalizzazione: come mai? Un favore a Google? E in caso di danni, paga pantalone.
Ti conosco mascherina di Manuele Bonaccorsi in collaborazione di Giusy Arena
Mascherine prodotte in Italia e vendute a cinquanta centesimi: ci sono aziende che le producono in Italia, grazie a dei finanziamenti pubblici.
Il problema è il materiale base, il meltblown, il tessuto traspirante usato per le mascherine che è prodotto, ad oggi, solo da un'azienda vicino Padova (la Ramina) la quale, durante l'emergenza, ha messo in produzione un loro prototipo.
Si parte da un polimero in polipropilene, che sembra sale, e si arriva alla produzione del meltblown: è un tessuto con delle fibre molto fini, in grado di bloccare un batterio della grandezza di un micron (per una capacità filtrante del 99% assicurano).
Essendo produttori di macchinari – spiegano al giornalista di Report – sono riusciti a vendere l'impianto ad altre aziende, in Italia e anche in Francia.
Arcuri invece ha comprato i macchinari per produrre le mascherine, non le materie prime, che saranno prodotte negli stabilimenti della Fiat e di Luxottica, con l'obiettivo di arrivare a 35ml di mascherine al giorno. Ma Arcuri avrà la materia prima sufficiente?
Con la macchina della Ramina producono 100kg di materiale al giorno, necessari per 70ml di mascherine al mese: i responsabili dell'azienda spiegano come, al momento, sia impossibile produrre materiale per arrivare alla quota fissata da Arcuri. E dunque, come faremo?
La filiera italiana non sarà indipendente, dunque, senza il meltblown: nessuno ha pensato a comprare i macchinari dalla Ramina, che sta vendendo i suoi macchinari alla Francia.
Così molte aziende stanno pensando di rinunciare alla commessa. I 35 ml di mascherine sono un obiettivo raggiungibile?
Un nuovo modello energetico di Michele Buono
La terra può fare a mano di noi, ma noi non possiamo fare a meno della terra: dobbiamo proteggerla dall'inquinamento dell'acqua, dell'aria. Dobbiamo creare modelli energetici puliti, usando la nostra inventiva. Come l'invenzione dell'ingegnere Palazzetti: una barriera biologica da mettere tra i tavoli di bar e ristoranti, per farci stare in sicurezza.
E' l'inventore di Totem e Abs, è un vecchio amico della trasmissione e dei giornalisti: Michele Buono ha portato la sua invenzione al Politecnico di Torino che ne stanno testando la funzionalità.
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