Sul corriere di oggi, 15 giugno, potete leggere l'editoriale di Panebianco, sugli Stati Generali: solo una passerella perché l'Italia è bloccata dai veti (di impiegati e funzionari pubblici).
Nel duello fra «l’Italia della decisione» e «l’Italia dei veti» (dell’immobilismo assicurato dalla forza e dal numero dei poteri di veto), la seconda Italia è, da tanto tempo, molto più forte della prima. Non è un caso che tutte le volte che si è cercato di rafforzare l’Italia della decisione tramite riforme costituzionali, l’Italia dei veti sia riuscita a sconfiggere tali tentativi. Da ultimo è accaduto con il referendum costituzionale del 2016 (la riforma Renzi). L’Italia dei veti capì benissimo quale fosse il «succo» della riforma: dare più potere al governo ridimensionando almeno in parte quantità e vitalità dei poteri di veto. Capì, si mobilitò e vinse.
Qui ci vorrebbe un vero governo decisionista, par di capire.
Strano che tra i veti non si inserisca tra chi ha potere di veto gli avvocati, contrari ad alcune proposte di riforma del processo telematico.
Gli impiegati pubblici col potere di bloccare le potenti riforme costituzionali (come quella di Renzi, perché sempre lì si cade) è una frase senza senso.
Il paese è bloccato perché manca una dorsale informatica all'altezza, colpa di Tim e di Open Fiber.
Il paese è bloccato perché le varie riforme della giustizia hanno ingolfato i tribunali, a cui manca il personale.
Il paese è bloccato perché i servizi dello Stato non sono allo stesso livello in tutte le regioni.
Il paese è bloccato dalle mafie, dall'evasione che tutti vogliono combattere a parole, ma poi si torna sempre ai soliti condoni.
Certo, combattere mafie, evasione, lobby e consorterie varie è difficile, mentre parlare di burocrazia negli uffici pubblici è così facile.
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