25 giugno 2020

Quarant'anni di bugie

Andrea Purgatori è un giornalista che ha seguito la vicenda di Ustica sin dall'inizio, dal giorno successivo a quel 27 giugno 1980 quando un aereo civile dell'Itavia fu abbattuto sui cieli del Tirreno. A metà tra l'isola di Ustica e quella di Ponza. 


Ustica vuol dire 81 morti: i due piloti, i due assistenti e altre 77 persone tra cui molti bambini.

Ustica vuol dire anche i quarant'anni di bugie, depistaggi, le nuove rivelazioni che per anni uscivano fuori ad ogni anniversario per poi rivelarsi inutili.

L'atteggiamento dei generali dell'aviazione italiana, a cui spettava il compito di vigilare sulla sicurezza di quelle persone in volo, che si sono sempre trincerati dietro una verità di comodo: quella sera l'aereo è caduto da solo (senza portare alcuna evidenza se non l'incredibile bugia della corrosione per sale), nessun radar militare ha visto nulla, tracciati radar spariti, documenti parziali consegnati ai magistrati (l'elenco dei controllori di volo con dentro persone in ferie). Si è parlato di muro di gomma, per indicare un atteggiamento omertoso, chiuso a riccio, a difesa di una verità, poi venuta fuori, che si doveva proteggere a qualunque costo.

Ieri sera ad Atlantide Andrea Purgatori ha ricostruito la storia dell'I-Tigi, il volo IH870 della compagnia Itavia, fallita anche a causa di quell'evento.

Le sentenze della corte d'Appello di Palermo e della Cassazione, che assolvono (art 530 comma 2, la vecchia insufficienza di prove) i generali, che non dicono se sia stato un missile o una bomba. La sentenza della Cassazione però ritiene che sia molto improbabile l'ipotesi della bomba, il volo era in ritardo di due ore, a bordo non risultava essere presente un kamikaze, se la bomba fosse esplosa nel bagno come si spiega che la tavoletta sia rimasta integra?

In studio ieri sera era presente un telefono per raccogliere le testimonianze di chi oggi ha, tardivamente, qualcosa da dire su quella sera. Come quella famosa telefonata del giugno 1988 durante Telefono Giallo, la trasmissione di Augias quando chiamò un aviere di Marsala “abbiamo visto tutto ma ci hanno detto di stare zitti”. Non era vero che i radar militari non avevano visto nulla: il giudice Borsellino sequestrò la telefonata, voleva riaprire le indagini, arrivando a minacciare l'uso dei carabinieri per circondare la base, se l'aeronautica non gli avesse dato l'elenco dei presenti alla base quella sera.


Dopo tanti anni, possiamo dire di essere ad un passo dalla verità dopo essere stati quella notte ad un passo dalla guerra, come il titolo di un libro scritto da Purgatori coi giornalisti Miggiano e Lucca: questo anche grazie al lavoro del giornalista di Rainews Pino Finocchiaro che ha ripulito il nastro del voice recorder, dove il copilota, prima dell'esplosione, dice “guarda cos'è”.

Potrebbe essere una svolta nelle indagini, riaperte a Roma: i due piloti si erano accorti di un evento esterno (altro che bomba), qualcosa che veniva da destra rispetto all'aereo, ovvero ad ovest, proprio dalla direzione da cui proveniva il caccia in quella manovra di attacco spiegata anni (dall'analisi dei tabulati di Ciampino) dai due esperti americani, John Macidull e John Transue.

Perché quella sera sui cieli del Tirreno c'era una intensa attività volativa: lo dicono le telefonate dei controllori di volo di Roma anche all'ambasciata americana (dove si parla di razzolare, di un Phantom, un aereo americano). Lo dicono le analisi fatte dalla Nato sugli stessi nastri, su richiesta del giudice Priore negli anni novanta: gli aerei c'erano, ma molti avevano i transponder spenti, molti di questi atterravano sull'acqua, ovvero c'era anche una portaerei in mare.

La Saratoga, forse. O anche la Clemenceau francese.

C'è una registrazione, da Marsala, di un controllore che dice ad un altro, prima che l'aereo dell'Itavia venga abbattuto: “adesso vedi che questo fa il salto del canguro”.

A chi si riferisce? Ad un altro aereo che viaggiava accanto (sopra, sotto) il DC9 per non farsi vedere dai radar?

Eppure per anni è stato un continuo negare: a Marsala c'era la Synadex, l'esercitazione. Il registro della Saratoga, guarda caso proprio in quel giorno, è stato riscritto a mano da una stessa grafia (un militare che si è fatto 24 ore di turno da solo?). E' stato un cedimento strutturale (l'aereo trasportava pesce). No una bomba.

L'avvocato Davanzali, presidente della compagnia Itavia, fu incriminato dal giudice Santacroce per aver tirato fuori l'ipotesi del missile, che già girava all'indomani della strage sui giornali: non si potevano dare notizie false tese a turbare l'opinione pubblica.

Però si poteva parlare di bombe inesistenti o di un aereo che è caduto da solo.

Per capire cosa sia successo quella notte si deve ripartire dai tracciati, da quei plot doppi a fianco del DC9, come se ci fosse una doppia scia (spiegabile con due aerei che viaggiano vicini), ai plot che da sinistra destra attraversano la scia del DC9 e poi proseguono verso sud, verso la Calabria.

Verso la Sila, dove il 18 luglio 1980 fu rinvenuto (o fatto rinvenire) un Mig 23 libico, abbattuto sui nostri cieli, con dentro un pilota morto.

Pilota che, dicono le perizie di due medici, era morto da giorni, da almeno tre settimane.

Bisogna ripartire dal volo dei due piloti istruttori Ivo Nutarelli e Mario Naldini: sul loro caccia F104 erano in volo sull'Appenino e quella sera incrociarono il volo dell'Itavia. Non solo, lanciarono un segnale di allarme generale, al rientro alla base.

Cosa avevano visto, tanto da allarmarsi? Si erano accorti che un aereo si stava infilando sotto il DC9 (il Mig, un altro aereo)?

Sono morti in un incidente aereo, a Ramstein, pochi giorni prima di essere convocati a Bologna dal giudice Priore.

Come sono morte altre persone, legate a vario modo a questa storia: si muore anche per cause naturali, certo. Ma il suicidio di Mario Dettori è molto strano: era di turno a Poggio Ballone quella sera, aveva visto qualcosa che lo aveva turbato. Alla cognata disse “eravamo stati ad un passo dalla guerra”, e alla moglie “è successo un casino... qui vanno tutti in galera”.

Altro che volo solitario quella notte del 27 giugno 1980: era in corso anche un volo programmato dall'Inghilterra verso Il Cairo di aerei F111, con bombe tattiche. Volo che nell'ultimo tratto passava proprio per quella maledetta aerovia.

Dalla base di Solenzara, in Corsica, quella sera si alzarono in volo coppie di Mirage: lo dice la testimonianza di un ex ufficiale dei carabinieri, il generale Bozzo, collaboratore di Dalla Chiesa.

Viene fuori una situazione di guerra fredda sui nostri cieli che coinvolge la Francia, la Libia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti. C'erano le tensioni tra la Francia e la Libia per la guerra in Ciad. C'erano le tensioni tra gli Usa e Gheddafi, per la vicenda del Billygate (gli affari del fratello del presidente Carter con la Libia). C'era poi l'Italia, con la sua ambigua politica internazionale, con la moglie americana e l'amante libica. La Libia possedeva una grossa fetta di azioni della Fiat, poteva ricattare i nostri servizi, che consentirono ai sicari libici di muoversi nel nostro paese per uccidere gli oppositori del regime.

Perché dopo tanti anni è così importante arrivare ad una verità chiara, senza zone d'ombra, sulla strage di Ustica? Perché c'è di mezzo la credibilità dello Stato, delle istituzioni.

Perché lo dobbiamo alle vittime, ai loro parenti che da troppo anno si aspettano giustizia – ha spiegato nel corso della puntata Daria Bonfietti a Purgatori.


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