10 giugno 2020

10 giugno


Il 10 giugno 1940 il governo Mussolini dichiarava guerra a Francia e Germania in un discorso al balcone di Palazzo Venezia di fronte ad una folla oceanica, “la dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori ..”

Guerra che avrebbe smascherato per sempre e in modo tragico, la bugia del fascismo di fronte agli italiani: i milioni di baionette, l'impreparazione dell'esercito e dei suoi generali (alcuni pure criminali di guerra, come Roatta e Graziani), il cinismo di Mussolini che sacrificava migliaia di italiani per la sua gloria al tavolo della pace.

Il fascismo è stato questo, una grande bugia, una grande opera di propaganda per ingannare il paese, puntando sui disvalori di noi italiani: il maschilismo, il plauso dell'uomo forte, le pubbliche virtù (la sparizione di omicidi e reati sui giornali) e i privati vizi (le ruberie dei gerarchi e dei signorotti del regime).
E anche delitti politici, come la morte dell'onorevole Giacomo Matteotti, ucciso il 19 giugno 1924 da dei sicari fascisti, a Roma (dopo un discorso duro contro i brogli alle elezioni, mentre stava raccogliendo prove per denunciare la mazzetta nera in cui erano coinvolte casa Savoia e i vertici del regime).

Piccola premessa storica necessaria, per parlare dell'Italia di oggi, scampata alla pandemia (con migliaia di lutti, problemi personali delle persone costrette a casa, imprese in crisi, tanti dubbi sul futuro) e che ora deve decidere come spendere e investire i miliardi dall'Europa.
Anche per un discorso personale Conte, il generale senza esercito, ha inventato questa formula degli “stati generali”, incontri con personalità politiche e imprenditoriali per capire dove mettere i soldi.

Sarà purtroppo l'ennesimo occasione persa, specie se leggiamo la proposta Colao presentata al governo: tante promesse (gli asili), tante proposte che questa Confindustria gradirà (i contratti a termine da prorogare, le concessioni, gli sgravi e i soldi a pioggia).

E che ne sarà degli infermieri, dei medici, della sanità sul territorio, di ambiente, della scuola, della ricerca?
Report lunedì scorso ha raccontato, in modo impietoso, quella parte di paese che non vorremmo vedere più. Appalti senza gara a parenti (del presidente lombardo) poi trasformati in donazioni, ma dopo un mese, quando Report iniziava a fare delle domande, “perché sono lombardo”.
Test sierologici affidati a privati, che poi possono usare i nostri dati senza informare troppo l'utente ignaro.
Tamponi che non sono fatti, nemmeno nelle zone più colpite dalla pandemia.
E persone lasciate a casa, qui in Lombardia, in una sorta di quarantena volontaria, proprio per quei tamponi che non ci sono.

Tutti a prendere in giro l'attuale ministro dell'istruzione che però paga di tanti errori del passato: scuole non a norma e con aule stipate di studenti.
Insegnanti che mancano, anche quelli di sostegno, costringendo lo Stato a ricorrere a precari, rinnovati di anno in anno.

Dovrebbe essere il Parlamento a decidere, a proporre, di concerto col governo, come cambiare il paese, come usare i miliardi in arrivo nei prossimi mesi. Non manager prestati dal privato (e che speriamo verranno lì restituiti).

Mentre scopriamo che le ndrine arrivanoal nord, fino a Bolzano, noi siamo ancora qui a discutere di ponti sullo stretto, di spirito anti lombardo, di recovery plan e recovery fund.
Si imputa al governo l'assenza di una visione, quando una visione industriale (energetica, sui trasporti, sull'istruzione, sulla sanità) non l'ha nessuno.
Vogliamo ancora una sanità regionale in mano ai fedelissimi dei governatori, dove si lascia il privato decidere quali servizi offrire e quali no?
Vogliamo ancora una scuola pubblica non sempre eccellente, non in tutte le regioni uguale?
Vogliamo ancora un mondo del lavoro col problema dei mille contratti, delle morti bianche, che non copre tutte le categorie di lavoratori (si pensi ai rider)?

Peccato, avremo perso un'occasione. Torneremo in peggio, al prima.

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