15 giugno 2020

A chi vendiamo le armi - l'Egitto e le fregate che stiamo vendendo al regime di Al Sisi

Oggi sul blog confini di Rainews, Giorgio Beretta commenta la brutta vicenda della vendita delle armi all'Egitto.
Brutta a prescindere dall'atteggiamento di Al Sisi sulle indagini (ostacolate) sulla morte di Giulio Regeni
     
Non esiste Stato al mondo che accetti di fornire armamenti ad un regime che è in qualche modo coinvolto nell’omicidio di un suo cittadino: se quindi, come viene detto, il premier Conte ha ricevuto dal presidente al-Sisi specifiche garanzie riguardo al caso Regeni, sarebbe innanzitutto opportuno vedere dei passi concreti da parte delle autorità egiziane. Ma c’è un altro aspetto che mi preme evidenziare… 
Dica pure.

Ho notato che c’è la tendenza nella stampa italiana a parlare della questione della vendita delle navi militari all’Egitto mettendola in relazione solo al caso Regeni quasi che sia l’unico o il principale problema nei rapporti con l’Egitto. Lo trovo limitativo e anche pericoloso per due motivi: il primo perché, come ho detto, questo affare militare va esaminato nelle sedi istituzionali con massimo rigore e trasparenza in tutti i suoi aspetti, in particolare nelle sue implicazioni sulla politica estera del nostro Paese. Ma soprattutto perché è inaccettabile considerare tutta la problematica come se dipendesse solo da qualche progresso sul caso Regeni, quasi che le migliaia di prigionieri politici e attivisti incarcerati non esistessero. Questa nuova fornitura di armamenti, dopo gli oltre 871 milioni di euro di esportazioni militari autorizzate nel 2019, non solo è in aperto contrasto con le norme vigenti, ma costituisce un esplicito sostegno al regime repressivo instaurato dal generale al-Sisi all’indomani del colpo di Stato del luglio 2013. Questo è bene dirlo con chiarezza per non finire con l’addossare ai genitori di Giulio Regeni anche il compito della protesta.

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