Prologo
Un uomo corre nel pioppeto come se fuggisse dalle fiamme dell’inferno. Ha il viso scarno, stravolto dalla paura. Si ferma un momento a riprendere fiato di fronte al bosco che delimita l’Isola Bianca. Si gira per accertarsi che nessuno lo segua. Si guarda le piccole mani ossute, sporche di sangue, e gli sfugge un gemito. Se le strofina rabbiosamente sui pantaloni, tentando di pulirle.
Avevo incontrato Paolo Regina alla rassegna letteraria La passione per il delitto, nel 2018, dove presentava il suo primo romanzo con protagonista il capitano Gaetano De Nittis “Morte di un antiquario”.
Per vari motivi non ero riuscito a leggere quel giallo dove si parlava di arte, di opere rubate e di un suicidio che forse è un omicidio.
Colmo questa lacuna oggi, terminando la lettura del suo secondo romanzo, “Morte di un cardinale”, sempre con lo stesso protagonista e nella stessa ambientazione, la città di Ferrara, la “città perfetta progettata da Biagio Rossetti per il duca d’Este”.
Partiamo dal delitto: il prologo ci porta fin da subito sulla scena del crimine sull'argine del Po, con un uomo in fuga, spaventato da quello che ha visto. Poco lontano, lungo l'argine del fiume, un altro uomo morto:
Poco più indietro, sotto i piloni del pontile, un altro uomo giace sul dorso. L’acqua schiumosa lambisce il corpo, inzuppando la sua polo nera e il piccolo crocifisso d’oro che porta al collo.
Il morto è il cardinale, Sua Eminenza Augusto Previati: la notizia del delitto suscita molto scalpore non solo fra i cittadini ma anche sui giornali, dove ognuno usa la notizia per tirar acqua al suo mulino
Le pagine di destra parlavano di “emergenza sicurezza”, mentre dallo schieramento opposto si poneva l’accento sull’alto profilo morale del defunto e sul suo impegno a favore degli ultimi.
Chiaramente anche all'interno delle forze dell'ordine il delitto, riunite dal prefetto attorno al tavolo per la sicurezza, si parla dell'omicidio del cardinale: si tratta di un delitto di stampo terroristico? Di una rapina finita male? Le indagini sono assegnate ai carabinieri del capitano Coviello, mentre per la parte patrimoniale sono affidate alla Guardia di Finanza, il corpo forse meno amato, per il suo ambito di indagine. Ma questo non importa né al comandante provinciale, il colonnello Gherardi e nemmeno al suo collaboratore, il capitano De Nittis.
Pugliese di nascita, De Nittis è stato trasferito da un anno nella città romagnola, calda e afosa d'estate, grigia e fredda d'inverno. L'ingresso nella Finanza è stata una scelta voluta, per vendicare gente come quegli strozzini che hanno portato alla rovina il padre, un piccolo commerciante.
De Nittis si ritrova invischiato nel caso anche per un altro motivo: alla sua porta, la sera successiva al delitto, il giornalista Gianni Bonfatti, capo cronista della “Gazzetta Ferrarese”, uno dei pochi locali con cui è entrato in confidenza.
«Gaetano, sono davvero nei guai. Ho bisogno del tuo aiuto.»
«Che hai fatto, hai ammazzato tu il cardinale?» Il sorriso di De Nittis si spense di colpo quando vide Bonfatti afflosciarsi sul pavimento.
Sporco, stanco, gli spiega che la notte precedente aveva un appuntamento proprio col cardinale, che lo aveva chiamato per fargli delle rivelazioni.
Ma che lo ha trovato già morto. Preso dal panico, ha fatto tutte le scelte sbagliate possibili: non ha chiamato né carabinieri né polizia, ha preso in mano l'arma del delitto, si è nascosto per un giorno intero …
De Nittis lo invita a consegnarsi dai carabinieri e spiegare quanto è successo: è l'unico modo per chiarire la sua soluzione prima che questi, in specie quel capitano Coviello, lo considerino l'assassino.
Che invece è proprio quello che succede: da testimone diventa il principale indiziato e condotto in carcere.
Per salvare il suo amico giornalista, il capitano deve così condurre una seconda indagine, non ufficiale e persone, per salvare l'amico da una condanna all'ergastolo.
Ho scritto seconda, perché la Finanza sta già seguendo un caso, questa volta ufficiale, legato al traffico di banconote false, di cui è stata inondata la città e di cui non si riesce a capire chi possa essere il falsario. Un delitto che porta dentro al mondo della curia, alle società e ai beni che il cardinale e i suoi collaboratori dovevano gestire.
E poi l'altro caso, i cinquanta euro falsi, che invece porta De Nittis ad indagare nel mondo dell'usura, di quelle persone che, come avvoltoi, calano sulle persone in difficoltà per concedere prestiti che non verranno restituiti mai o con molta difficoltà.
Persone che spesso nemmeno vengono denunciate, per paura o per vergogna, dai commercianti, rendendo il lavoro dei finanzieri come De Nittis ancora più difficile.
Seguiremo De Nittis che, in sella alla sua bicicletta, va in giro a fare domande al vicario del Vescovo, don Bega, una vaga somiglianza con Guccini, ma un piglio più da manager che non da pastore delle anime:
.. prelato che gestiva milioni di euro con disinvoltura, sostenuto da un potentissimo movimento, non solo ideologico, che a Ferrara controllava quasi tutto nell’ambiente del volontariato.
Di tutt'altra specie (in termini di prete) don Primo, un passato da insegnante e poi diverse anni in una missione in Africa. Un prete degli ultimi, dei poveri, poco incline a coltivare quelle relazione di potere, come il vicario o il cardinale stesso.
Queste due indagini porteranno il protagonista a conoscere meglio il lato oscuro di questa una città “dove la nebbia nascondeva i contorni delle cose, e l’ipocrisia il vero carattere delle persone”.
Non sarà solo, in questa storia: oltre al giornalista Bonfatti, fonte preziosa dei pettegolezzi di quella città, Nives e Aida, le due bariste del Tugnin, il chiosco a ridosso del castello dove prendere una bella birra.
Infine Rosa, una ragazza emigrata dal sud come lui, con cui sta costruendo una relazione, vincendo le sue paure da single, la “sindrome della botola”, una sua congenita avversione a stringere legami. Anche lei dovrà affrontare una prova difficile, legata al suo passato.
A far da sfondo alle indagini, la città
di Ferrara che l'autore descrive in tutta la sua bellezza, di città
a misura d'uomo: il vecchio Ghetto, il convento del Corpus Domini, il
castello estense,
l'anello di piazza Ariostea e via
delle Vigne, poco lontana.
Buona lettura!
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