Dopo la puntata dedicata alla rivoluzione elettrica, questa sera Presadiretta si occuperà di petrolio e delle grandi compagnie petrolifere, abituate a comportarsi come uno stato nello stato
Alle grandi compagnie del petrolio e del gas si chiede di abbattere drasticamente le emissioni e di riconvertirsi all’energia rinnovabile. Saranno davvero disposti a farlo?
PETROLIO IL TEMPO PERDUTO, lunedì alle 21.20 su #Rai3.
Per arrivare ad emissioni 0 nel 2050, dovremmo ridurre di molto il consumo di carbone, petrolio e gas, ma nel mondo non sta andando così.
Da una parte abbiamo l'inerzia, se non il freno dei governi, che si riuniscono in riunioni dal nome altisonante che dietro però hanno poche azione concrete.
Perché il pianeta, come rivela il rapporto delle nazioni unite sul clima, non può più aspettare: fanno bene i ragazzi a protestare nelle piazze, tra dieci anni il mondo sarà loro e chi fino ad oggi ha continuato ad inquinare, a non fare la cosa giusta, nemmeno verrà chiamato a rispondere delle sue azioni o delle sue inazioni.
Perché, come racconta Iacona nella presentazione, il consumo delle energie fossili negli ultimi dieci anni è rimasto pressoché uguale, rappresentando circa l'80% di tutta l'energia utilizzata. Si continuano ad autorizzare trivellazioni nel mare, come ha fatto anche il governo Draghi.
In Texas con la tecnica del fracking gli Stati Uniti sono diventato uno dei più grandi produttori di petrolio e gas al mondo e le aziende del settore non hanno alcuna intenzione di fermarsi: a queste aziende non interessa né l'aumento delle temperature e nemmeno gli accordi sul clima.
Nell'anteprima del servizio che potete trovare su Domani, Iacona racconta di come in Texas i negazionismo sia andato al potere:
Qui si erano stappate bottiglie di champagne quando l’ex oresidente Donald Trump aveva deciso di uscire dagli accordi di Parigi, del resto nel mondo del “fracking” il “negazionismo climatico” è diventato politica di governo, come ci ha detto Christian Wayne, commissario della Railroad Commission Of Texas, l’ente governativo che gestisce l’industria petrolifera nel Texas: «Perché dovremmo spendere 78 mila miliardi di dollari, per via degli accordi di Parigi, per una previsione lunga decenni che riguarda il contenimento della temperatura al di sotto un grado e mezzo! È folle!».
Il servizio racconterà anche di come queste aziende stanno inquinando fiumi e falde in Nigeria e così il delta del Niger è diventato uno dei luoghi più inquinati del pianeta, così i pescatori non possono più trovare pesce su questo fiume e devono emigrare.
I pericoli del fracking
Presadiretta racconterà dei rischi collegati alle perdite degli impianti di gas metano, un potentissimo gas serra più inquinante della co2, che finiscono nell'aria senza che nessuno ne sappia niente: Teresa Paoli ha seguito le ricerche di Sharon Wilson che con una camera ottica può vedere l'inquinamento del gas metano che ad occhio nudo non sarebbe percepibile.
Sharon lavorava nell'industria del gas prima che il suo ranch fosse circondato da impianti di fracking e che dal suo rubinetto iniziasse ad uscire acqua nera.
Ora è diventata un'attivista dell'associazione Hearthworks: secondo lei questo tipo di inquinamento non è risolvibile dalle aziende “il gas è come un drago non puoi intrappolarlo in un serbatoio, nemmeno in un tubo, non puoi intrappolarlo in un camion, né in una nave cisterna, è volatile e sotto pressione e troverà il mondo per uscire. In questo momento non c'è la tecnologia per controllarlo. L'industria ha promesso per un decennio di smettere di emettere del gas e invece le emissioni sono aumentate, non credo più a queste promesse”.
Infine le enormi miniere a cielo aperto di carbone in Germania, come quella a sud ovest di Dusserdolf
Si tratta di una miniera a cielo aperto enorme, 48 chilometri quadrati dove si estrae la lignite, una tipologia di carbone poco efficiente e tra le più inquinanti. E la miniera cresce ogni anno di più, mangiandosi i villaggi attorno che vengono comprati dalla Rwe, il colosso tedesco del carbone, per poi venire abbattuti: sotto le case, le chiese, le scuole c’è la lignite ancora tutta da sfruttare. Fino a quando?
Fino al 2038, questa la data scelta dal governo tedesco per mettere la parola fine al carbone, solo 12 anni prima del 2050, quando l’Europa dovrebbe arrivare ad emissioni zero, una presa in giro.Staccarsi dal petrolio
Se vogliamo arrivare al traguardo delle emissioni 0, l'industria del fossile deve cambiare totalmente il suo business: questa industria da lavoro a 10ml di persone, nelle raffinerie, negli impianti di estrazione, nei gasdotti, fatturano e guadagnano migliaia di milioni di dollari: quanto sarà disposta a lavorare per una transizione energetica verso le rinnovabili?
Secondo l'agenzia internazionale dell'energia dell'OCSE raccomanda di iniziare a staccarci da gas e petrolio: entro il 2040 tutta l'energia in Europa, Asia e nord America dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili non più da carbone, petrolio o gas. Se questo succede la produzione di petrolio decrescerà – sono le parole di Fatih Birol direttore esecutivo dell'agenzia per l'energia.
L'agenzia aveva anche detto basta a nuovi investimenti in nuovi pozzi e in ricerca di nuovo petrolio e gas perché quello che già abbiamo sarà sufficiente per soddisfare la domanda.
Peccato che l'utilizzo di combustibili fossili per l'energia non sia diminuito, come dimostra lo studio del think tank internazionale Ren21: in tutto il mondo si continua ad investire nella ricerca e nello sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas e così anche in Italia.
Il primo atto del ministro Cingolani nominato per guidare la transizione ecologica (coi 60 miliardi del PNRR), riguarda una vecchia storia di trivelle – racconta Teresa Paoli: un via libera per sfruttare i giacimenti di petrolio nel sottosuolo della Sicilia, dell'Emilia Romagna e nei fondali dell'Adriatico, nonostante i ricorsi delle province a queste trivellazioni in mare, anche quelli lungo il delta del Po.
Le associazioni ambientaliste gridano al tradimento, ma il ministro si è difeso dicendo che le trivelle erano già lì.
Secondo il costituzionalista Enzo di Salvatore, attivo sostenitore nel referendum No Triv (quello del “ciaone” per chi se lo ricorda) il ministro non avrebbe dovuto nemmeno firmare una parte dei decreti, perché non sono legittimi: “la legge 12/2019 lo impedisce, cioè sospende tutti i procedimenti in corso finalizzati ai permessi di ricerca e la vigenza dei permessi ricerca già rilasciati”.
I negazionisti del cambiamento climatico
Teresa Paoli ha intervista un geologo che ha lavorato per la Exxon Mobil sui cambiamenti climatici causati dalle emissioni e il ciclo del carbonio: Edward Garvey ha compiuto questi studi nel 1978 e portati avanti per tre anni. Nata a fine ottocento, in Italia è conosciuta come Esso: il lavoro di Garvey e della sua equipe era progettare il sistema per misurare il valore dell'anidride carbonica. In questa ricerca ha imparato molto sugli scambi tra oceano e atmosfera, un qualcosa non ancora noto, ma già all'epoca era molto chiaro che la temperatura stava per aumentare – racconta alla giornalista – non era una questione se stesse aumentando, ma quanto velocemente, quanto presto e quali sarebbero state le implicazioni.
Nei primi anni 80 Exoon stessa ha elaborato un grafico che metteva nero su bianco quello che sarebbe avvenuto: la correlazione tra l'aumento della temperatura dell'atmosfera e le emissioni di co2 dei combustibili fossili.
“I geologi e i climatologi avevano evidenze negli anni 70” prosegue lo scienziato, e quando Exoon mise in dubbio queste posizioni “queste non derivavano dalla conoscenza, tutti lo sapevano, Exoon non ha mai detto non è un problema, ma ha pagato delle persone affinché lo dicessero. E non sarà solo Exxon a pagare per questo, ma il mondo intero, come scienziato fa veramente paura, questo non è un esperimento a cui vorremmo assistere.”
Le ricerche a cui ha partecipato Ed Garwey non sono mai state pubblicate ma sono la dimostrazione che le compagnie avevano ben chiara la loro responsabilità nel cambiamento climatico.
Il giornalista Stefano Vergine racconta che Greenpeace USA qualche anno fa è riuscita a trovare i documenti che Exoon Mobil ha presentato all'agenzia delle Entrate in cui ha detto a quali enti benefici, a quali associazioni di ricerca, sono arrivati i loro finanziamenti.
“Exoon Mobil dal 1998 ad oggi ha dato 33ml di dollari ad una serie di associazioni, centri di ricerca che hanno fatto negazionismo climatico”: assieme al professore dell'Unniversità Bicocca Milano Marco Grasso, Stefano Vergine ha scritto un libro dal titolo “Tutte le colpe dei petrolieri” in cui hanno fatto i conti in tasca ai signori del petrolio.
Racconta Marco Grasso: “Cento grandi industrie petrolifere hanno contribuito tra il 1988 al 2015 al 71% delle emissioni cumulate industriali globali, li conosciamo uno per uno”.
Sono compagnie statali come Saudi Aramco, la russa Gazprom, le private Exxon, la China National Petroleum e anche Eni: sono state definite l'elefante nella stanza perché sono state abili nel nascondere le loro responsabilità, nello scaricarle sui consumatori, nel dirottare l'attenzione verso altri soggetti e nel presentarsi solo come soggetti che forniscono un servizio, soddisfano una domanda.
Le compagnie petrolifere, che sono quelle che emettono la co2, non hanno vincoli sulle emissioni per legge e sulla loro riduzione, i vincoli li hanno gli stati.
Ma qualcosa sta cambiando: il 26 maggio 2021 con una sentenza storica il tribunale olandese ordina alla multinazionale Shell di tagliare del 45% le proprie emissioni di co2 entro il 2030: la causa era iniziata nel 2018 ed è stata sostenuta da 17mila cittadini olandesi guidati dall'associazione ambientalista “Friends of the earth”: per limitare il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi anche Shell deve avere un ruolo da svolgere – questa la convinzione dell'associazione – doveva essere obbligata a ridurle e il giudice ci ha dato ragione.
Questa sentenza ribalta il “clima” di negazionismo climatico: Shell era in possesso di documenti che dimostravano le conseguenze dei combustibili fossili già dagli anni 60, avevano decenni per diventare una compagnia diversa ma non lo ha fatto.
Questa sentenza sarà un precedente per imporre a tutte le compagnie un cambiamento di politiche industriali, il loro core business non potrà più essere petrolio e gas.
Nell'articolo su Domani, dove Iacona presenta la puntata, si parlano anche dei flussi finanziari che ancora arrivano al settore dell'energia fossile
Per misurare la vitalità dell’industria del fossile basta seguire i flussi finanziari: le estrazioni di carbone in Germania della RWE vengono finanziate per 183 milioni di dollari da 25 investitori italiani, tra questi anche Intesa San Paolo.
Abbiamo scoperto che dalla firma degli accordi di Parigi ad oggi i 60 maggiori gruppi bancari del mondo hanno investito nei fossili qualcosa come 3800 miliardi di dollari.
La puntata l’abbiamo chiamata Petrolio il tempo perduto, vogliamo infatti che non si perda più un minuto per ridurre le emissioni di CO2, ma anche segnalare che è finito il tempo dei trucchi, che questa è veramente l’ultima chiamata.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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