Il 16 marzo 1978 in via Fani a Roma un commando delle BR rapiva il presidente della DC Aldo Moro, uccidendone la scorta (con l’aggiunta di un colpo di grazia, come se i brigatisti volessero essere certi della loro morte).
Questi i nomi dei membri della scorta che nelle celebrazioni, spesso, vengono dimenticati: vicebrigadiere di pubblica sicurezza Francesco Zizzi, guardie di pubblica sicurezza Raffaele Iozzino e Giulio Rivera, maresciallo maggiore dei carabinieri Oreste Leonardi e appuntato dei carabinieri Domenico Ricci.
L'agguato, la
prigionia,
la scelta di uccidere Moro sono ancora una delle pagine più buie
(con tanti punti da chiarire) della nostra storia.
Oggi,
passati 44 anni dalla morte di Aldo Moro, la memoria dei fatti
diventa sempre più sbiadita, col risultato di aver fatto diventare
la verità parziale (quella consegnata dai brigatisti Morucci e
Moretti) come verità storica.
Eppure, ancora oggi, la cronaca
di quei giorni racconta qualcosa di utile: per esempio il tentativo
da parte del comitato di crisi (e poi della stampa) di consegnare
all’opinione pubblica un Aldo Moro condizionato dalla prigionia e
non pienamente lucido, per quanto scriveva nelle sue lettere ai
familiari, ai membri della DC.
E c’è un’altra
cosa che oggi dovrebbe tornarci familiare: Moro la mattina del 16
marzo stava andando in Parlamento dove il governo di unità nazionale
stava per ricevere la fiducia, con l’appoggio del PCI. Una
violazione degli accordi di Yalta, della divisione del mondo in
blocchi, per cui in Italia doveva essere impedito a qualunque costo
la salita al potere del più grande partito comunista europeo.
Noi
l’abbiamo conosciuta molto bene la finta sovranità popolare, il
cappello di sicurezza della Nato (e di Gladio,
la Stay Behind italiana e tutto quello che ci stava dietro, fino ai
gruppi neofascisti come Ordine Nuovo), quando nel nostro paese
scoppiavano le bombe (a Milano, a Brescia, a Peteano).
E anche nel corso di quei 55 giorni, in cui al Viminale arrivò l’esperto di sicurezza del Dipartimento di Stato Steve Pieczenik, che nelle sue memorie scrive:
"Quando sono arrivato in Italia c'era una situazione di disordine pubblico: c'erano manifestazioni e morti in continuazione.. Se i comunisti fossero arrivati al potere e la democrazia cristiana avesse perso, si sarebbe verificato un effetto valanga. Gli italiani non avrebbero piu controllato la situazione e gli americani avevano un preciso interesse in merito alla sicurezza nazionale. Mi domandai qual era il centro di gravità che al di la di tutto fosse necessario per stabilizzare l'Italia. A mio giudizio quel centro di gravita si sarebbe creato sacrificando Aldo Moro"
Certo, la memoria corta di parte degli italiani ha fatto dimenticare queste cose, specie ai signori che puntano il ditino a quanti si permettono di fare degli appunti alla Nato, confondendola anche con le istituzioni italiane o europee. Ma forse è un lapsus.
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