La telefonata arrivò alle 9 e 37 della sera del 18 marzo, sabato, vigilia della rutilante e rombante festa che la città dedicava a san Giuseppe falegname: e al falegname appunto erano offerti i roghi di mobili vecchi che quella sera si accendevano nei quartieri popolari, quasi promessa ai falegnami ancora in esercizio, e ormai pochi, di un lavoro che non sarebbe mancato. Gli uffici erano, più delle altre sere a quell’ora, quasi deserti: anche se illuminati, l’illuminazione serale e notturna degli uffici di polizia tacitamente prescritta per dare impressione ai cittadini che in quegli uffici sempre sulla loro sicurezza si vegliava.
Il telefonista annotò l’ora e il nome della persona che telefonava: Giorgio Roccella. Aveva una voce educata, calma, suadente. ‘Come tutti i folli’ pensò il telefonista. Chiedeva infatti, il signor Roccella, del questore: una follia, specialmente a quell’ora e in quella particolare serata.
Una
storia semplice eppure intricata, dove, in poco più di sessanta
pagina troviamo un giallo, un omicidio fatto passare per suicidio, dei depistaggi e dell'omertà che copre la mafia e i suoi affari sporchi, dalla droga fino al traffico di opere
d’arte (si fa riferimento ad un’opera di Caravaggio sparita da
una chiesa di Palermo, “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco
d’Assisi”), senza che né le parole mafia che droga siano men che
meno sussurrate dai protagonisti di questo libretto così
prezioso.
Una trama semplice per una storia che in realtà è complessa.
Troviamo dentro tutti i personaggi che hanno caratterizzato l’universo letterario del maestro di Racalmuto: l’ingenuo brigadiere di polizia che vuole dimostrare di sapere fare il suo mestiere, mettere assieme pezzi scollati per risolvere un enigma; il presuntuoso magistrato che si vanta di essere arrivato a tal punto pur avendo preso sempre 3 in italiano. E che si sente rispondere dal professor Franzò (nel film tratto dal libro interpretato dal grande Gian Maria Volontè)
Nei componimenti d’italiano lei mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?».
«Perché aveva copiato da un autore più intelligente».
«L’italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica...».
«L’italiano non è l’italiano: è il ragionare» disse il professore. «Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto». La battuta era feroce.
E
ingenuo anche il povero e inconsapevole testimone di un omicidio,
l’agente farmaceutico che si presenta a fare il suo dovere di
cittadino rischiando quasi di finire in galera, in quel mondo
all’incontrario che è quella Sicilia (tanto simile all’Italia
della giustizia all’incontrario).
Giustizia tanto amara da
digerire da farlo pentire di quel gesto così civile:
Pensò di tornare indietro, alla questura. Ma un momento dopo: «E che, vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora?».
Riprese cantando la strada verso casa.
Tutti
personaggi che indossano la propria maschera, come i personaggi dei
romanzi di Pirandello, che in questo romanzo appare in più vesti: la
vittima del delitto, un diplomatico che era tornato nella sua casa di
campagna dopo tanti anni, non cercava proprio le lettere che il nonno
aveva scritto a Pirandello (“che a sedici anni già sapeva cosa
avrebbe scritto a sessanta”)?
Il responsabile di questo
delitto non viene forse smascherato dal brigadiere per un errore in
cui incorre, perché all’improvviso in lui è come se avvenisse uno
sdoppiamento:
«Incredibile errore, da parte sua» disse il professore.
«Ma come ha potuto farlo, che cosa gli è accaduto in quel momento?».
«Forse un fenomeno di improvviso sdoppiamento: in quel momento è diventato il poliziotto che dava la caccia a se stesso». Ed enigmaticamente, come parlando tra sé, aggiunse: «Pirandello».
Quanta amarezza, quanto sconforto leggiamo dalle pagine di questo romanzo, sulla Sicilia di ieri che forse è una stampa e una figura (per dirla alla Camilleri che tanto ha preso da Sciascia) con l’Italia di oggi.
Sorprende come, in o
La scheda del libro sul sito di Adelphi
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